Cambio al vertice

Tim, la svolta al vertice piace al mercato. Le spine italiane di Vivendi

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Il mercato accoglie positivamente il cambio al vertice di Tim, con Vivendi chiamata alla svolta dopo la cura Cattaneo.

Il mercato accoglie positivamente l’avvicendamento al vertice di Tim, con il titolo Telecom Italia che in mattinata mette a segno un incremento superiore al 2% a Piazza Affari per chiudere con un +3,82% a 0,8435 euro. Oggi in giornata è fissata la riunione del Comitato Nomine e Remunerazioni e a seguire, il Consiglio di Amministrazione, con all’ordine del giorno l’esame della proposta di definizione consensuale dei rapporti fra la società e Flavio Cattaneo.

Addio dopo la semestrale

Il mercato sembra aver già “digerito” l’uscita dell’ex ad di Terna, che lascia il timone con una buonuscita di circa 30 milioni, frutto di un contratto blindato e dei risultati ottenuti in termini di efficientamento del gruppo nei suoi 16 mesi al vertice.

L’addio di Cattaneo, che in un anno ha portato l’Ebitda dai 3,7 miliardi di giugno 2016 agli oltre 4 miliardi attesi per il primo semestre del 2017, non sarà immediato. Ci vorrà qualche giorno. Il manager su cui già si specula per un possibile passaggio a Mediaset, resterà in carica almeno fino alla pubblicazione della semestrale all’esame del cda del 27 luglio. Il giorno dopo, il 28 luglio, lo presenterà in conference call agli analisti.

 

Analisti

L’uscita di Cattaneo è “negativa per il breve periodo – sottolinea Banca Akrosma per lo più già digerita dal mercato date le continue voci. L’incertezza potrebbe essere equilibrata da un rapporto più positivo con il governo e sulla speculazione per eventuali corporate action (vale a dire la separazione della rete)”.

Equita, da parte sua, vede una Vivendi “confusa sulla guida di Tim”: “Licenziato Patuano dopo pochi mesi, adesso allontana Cattaneo dopo 16 mesi di lavoro (eccellente)”, scrivono gli analisti. “Non essendo note le cause dell’avvicendamento emerge un’ombra sulla convinzione di Vivendi e di Cattaneo sulla esecuzione del business plan 2019”, aggiungono. Questi fattori “spingerebbero a considerare oggi lievemente più incerti i flussi di Tim riducendo quindi il target e l’upside sul titolo”, scrive ancora Equita, che comunque aspetterà “i risultati del prossimo 27 luglio per avere un quadro più completo”. Secondo Mediobanca, infine, “chiaramente l’uscita di Cattaneo preoccupa considerando l’efficace ristrutturazione”, anche se la sua eredità sarà comunque positiva per Tim “in particolare in termini di taglio dei costi, dove il Ceo è riuscito a mettere in atto azioni volte a raggiungere oltre l’80% del piano di risparmi da 1,9 miliardi”.

I motivi della rottura

L’uscita di Cattaneo, secondo l’Ansa, non sarebbe legata a una rottura del rapporto fiduciario tra l’ad e l’azionista di maggioranza (Vivendi, 23,9%), quanto piuttosto “alla presa d’atto degli importanti risultati raggiunti in anticipo rispetto al Piano che consentono di iniziare una nuova fase”.

Durante il fine settimana sono poi arrivate le smentite legate a supposti scontri tra azienda e Governo. La questione è sempre quella dei bandi Infratel, con Cattaneo che in Senato qualche settimana fa aveva definito confezionati ‘ad hoc’ per favorire la concorrente Open Fiber, innescando una replica piccata da parte del Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Manager e politico si erano poi chiariti e il titolare del Mise aveva detto di considerare chiuso l’episodio.

Resta il fatto che la nuova fase di Tim dovrà partire da un chiarimento con il Governo sui bandi Infratel per le aree bianche e dal nodo della rete in rame, asset valutato intorno ai 15 miliardi dall’azienda.

Tornerà di moda lo scorporo della rete? Vedremo.

La successione

Secondo le indiscrezioni, Vivendi, socio di maggioranza relativa con il 23,9%, intende assegnare le deleghe operative all’israeliano Amos Genish, attuale Chief convergence officer della conglomerata transalpina, con un passato al vertice di Gvt e Telefonica Brasil, indicato come prossimo direttore generale. Le competenze di Genish nelle Tlc sono viste come un plus dagli analisti. Ad affiancarlo in triumvirato si parla dell’ex presidente Giuseppe Recchi, attuale vicepresidente indicato come nuovo amministratore delegato o vice presidente esecutivo, con deleghe importanti su Sparkle e sicurezza. A chiudere il trio Arnaud De Puyfontaine, amministratore delegato di Vivendi e già presidente di Tim.

Il doppio fronte italiano di Vivendi

C’è poi la campagna italiana di Vincent Bollorè, alle prese con diversi ostacoli da superare sul doppio fronte Tim e Mediaset.

I nodi da sciogliere in Tim riguardano, appunto, la rete in rame: che fare? Bollorè secondo voci sarebbe pronto anche a cederla, ma ad un prezzo congruo.

Ci sono poi i bandi Infratel, su cui ha accesso un faro anche l’Antitrust, e i dissidi con il Governo sul progetto Cassiopea per cablare le aree bianche con l’upgrade della rete in rame, progetto che secondo Reuters sarebbe stato sospeso da Tim in chiave distensiva con il Governo.

C’è poi l’indagine Consob sulla governance di Vivendi, con il rischio per il finanziere bretone di dover magari, prima o poi, dover procedere ad un’Opa e consolidare nel bilancio di Vivendi il debito (intorno ai 25 miliardi) dell’ex incumbent italiano, su cui esercita il controllo di fatto (già notificato a Bruxelles).

In prospettiva, c’è infine l’imminente sbarco in Italia di Iliad.

Per quanto riguarda Mediaset, dopo la rottura sulla mancata acquisizione di Premium, sulla testa di Bollorè e De Puyfontiane pende un’indagine per aggiotaggio sui titoli del Biscione; c’è poi una causa di risarcimento da 1,5 miliardi da parte di Mediaset; e ancora, l’aut aut dell’Agcom che ha imposto al gruppo francese di scendere in Tim o Mediaset per mettersi in regola con le norme anti concentrazione, articolo 43 del Tusmar.

Insomma, la campagna italiana di Bollorè, il cui sogno originario è sempre stato la creazione di un campione pan-mediterraneo dei media in ottica anti-Netflix, non è una passeggiata di salute.