Dibattito

Tassa su Internet (fair share), le telco Ue tornano alla carica a Bruxelles

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Le principali telco Ue tornano alla carica chiedendo l’introduzione di una tassa su Internet a carico delle Big Tech, un contributo (fair share) che Bruxelles dovrebbe imporre ai grandi generatori di traffico.

Le principali telco Ue tornano alla carica chiedendo l’introduzione di una tassa su Internet a carico delle Big Tech, un contributo (fair share) che Bruxelles dovrebbe imporre alle principali aziende tecnologiche che generano più della soglia del 5% del traffico di rete.

Lo scrive il Financial Times, citando i Ceo dei principali ex incumbent europei fra i promotori (Deutsche Telekom, Telefonica, Vodafone, Orange) citando questo nuovo manifesto delle telco europee, che tornano a ribadire la richiesta sempre più pressante all’esecutivo di europeo di un nuovo quadro regolatorio che imponga alle Big Tech l’obbligo di contribuire agli investimenti per le nuove reti in fibra e 5G.

Il manifesto dei venti, scarica la lettera in PDF

I grandi generatori di traffico

Fra i destinatari del provvedimento ci sono Alphabet (Google), Meta (Facebook e Instagram), Amazon, Apple, Netflix e la cinese TikTok che tutte insieme producono più della metà dei dati che circolano in rete.

C’è da dire che la scorsa primavera il commissario europeo al Mercato Interno Thierry Breton aveva lanciato una consultazione pubblica sulla cosiddetta tassa su Internet, il cui esito per il momento dopo quattro mesi non è stato reso pubblico.

Fair share ritirato in Corea de Sud e in Italia nel DL Asset

Nel frattempo, in Corea del Sud, l’unico paese dove una tassa su Internet era stata introdotta a carico delle Big tech, le telco hanno rinunciato a farsi pagare da Netflix & Co e anzi hanno siglato un accordo di collaborazione.   

In Italia, l’emendamento al Dl Asset che proponeva l’introduzione di un contributo da pagare alle Big tech che generano più del 5% del traffico è stato ritirato.   

Ad ogni modo, il nuovo manifesto delle telco Ue vede coinvolti i 20 principali operatori del Vecchio Continente: oltre ai succitati Deutsche Telekom, Telefonica, Vodafone, Orange) hanno aderito  anche i Ceo di Telekom Austria, Altice Portugal, Bouygues Telecom, BT, CYTA, Eir, Hutchison Europe, Liberty Global, KPN, Proximus, Telenor, TDC, Tele2, Telia, TIM e United Group.

174 miliardi il fabbisogno per le nuove reti

Il manifesto dei venti quantifica in 174 milioni di euro la somma necessaria fissata dalla Ue per entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi di connettività, una somma che le telco da sole non sono in grado di coprire anche perché il traffico nel frattempo cresce del 20% – 30% all’anno. Il fatturato delle telco al contrario non crescerà di pari passo con l’aumento del traffico dati visto che il prezzo medio della connettività diminuisce a vista d’occhio.

“Per questi motivi, gli operatori europei chiedono ai politici dell’UE di garantire un contributo equo da parte delle aziende che beneficiano maggiormente delle infrastrutture che costruiamo e gestiamo. Tale meccanismo dovrebbe seguire un ambito ben definito e mirato, affrontando solo i maggiori generatori di traffico, escludendo i fornitori di contenuti e applicazioni più piccoli. Potrebbe includere responsabilità e trasparenza sui contributi ricevuti in modo che gli operatori investano direttamente nell’infrastruttura digitale europea”, si legge nel documento.

“Questa misura riequilibrerebbe il potere di mercato lungo la catena del valore, affrontando al contempo le attuali asimmetrie: oggi le grandi aziende tecnologiche non pagano quasi nulla per il trasporto dei dati nelle nostre reti, lungi dal coprire i costi necessari per espandere le reti e raggiungere gli ambiziosi obiettivi dell’UE. I fornitori di telecomunicazioni non possono negoziare prezzi adeguati per il trasporto dei dati; al contrario, alcuni fornitori di servizi cloud oggi addebitano ai propri clienti fino a 80 volte di più per il trasporto dei dati dal cloud”, prosegue il manifesto.