analisi

Squid Game, i numeri di un trionfo per Netflix e i segreti per il successo “local”

di |

Secondo Bloomberg, al momento Squid Game ha generato, per Netflix, la ragguardevole cifra di 900 milioni di dollari, a fronte di 21,4 milioni di dollari di costi di produzione. Questo conferma come i prodotti “regionali” sono sempre più seguiti, forse anche come reazione a una serialità televisiva che è stata quasi sempre dominata dagli Stati Uniti.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Trascorso da poco Halloween, e constatato come, nella ricorrenza che ha da tempo tolto al Carnevale la palma dei travestimenti più creativi, anche bambini in età scolare se ne siano andati in giro a ripetere “dolcetto o scherzetto” con tute rosa con cappuccio e i simboli di un controller per console come maschera, si possono tirare le ultime somme su quello che è stato senza dubbio il fenomeno televisivo della stagione, ovviamente Squid Game. Dopo il successo senza precedenti del survival drama targato Netflix, che l’ha proiettato al primo posto tra le serie più viste in assoluto, le vicende di Seong Gi-hun nel torneo di giochi per bambini più letale che ci sia sono diventate presto merchandising, metafore pronte all’uso, progetti di videogame, meme.

Mentre centinaia di articoli tutti pressoché identici celebravano il predominio culturale della Corea del Sud, abbinando a quello di Squid Game il fenomeno (peraltro superoccidentalizzato, non una sorpresa nella cultura coreana moderna) dei BTS, i numeri mostravano svelavano una realtà che secondo Forbes è “quasi impossibile”. Perfino Netflix si è detta sbalordita dall’entità del successo. Per capirci, la seconda serie più vista di sempre, Bridgerton – prodotta dalla Re Mida della serialità americana, Shonda Rhimes, la creatrice di Grey’s Anatomy – è a 82 milioni di spettatori, Squid Game ha totalizzato quasi il doppio, con ben 142 milioni di abbonamenti che si sono sintonizzati sui nove episodi di una serie che, peraltro, vanta non solo un mix irresistibile di suspence e azione, ma anche più di una traccia di quella critica sociale all’ipercapitalismo così tipica dei film sudcoreani, tra Parasite e Okja; altri territori rispetto al fracasso senza pensieri di La casa de papel, per intenderci, e un trionfo meno scontato.

Corea, Spagna, Germania, Francia, Italia: i segreti per il successo “local”

Comunque sia, i buoni risultati di Netflix per il suo terzo quadrimestre 2021 (con 4,4 milioni di nuovi abbonati, quasi un milione in più rispetto alla previsione di 3,5 milioni, per un totale di 222 milioni di clienti) dipendono per una parte non indifferente proprio dalla serie creata da Hwang Dong-hyuk. Un successo planetario: ad esempio, in Cina Netflix non c’è, ma gli episodi piratati sono diventati virali e molto seguiti. Ma numeri del genere non sono certo figli solo del caso, del passaparola virale o del genio di un singolo regista/sceneggiatore: che Netflix puntasse molto su questo prodotto è dimostrato anche dal fatto che gli episodi della serie sono stati tradotti in ben 34 lingue con 37 lingue per i sottotitoli, proprio per sfruttare al massimo l’appeal internazionale che i prodotti made in Corea ultimamente riscuotono sia al cinema che nella musica, e perfino, per l’appunto, nei k-dramas, le serie che anche i nostri giovanissimi seguono sempre di più.

Secondo Bloomberg, al momento Squid Game ha generato, per Netflix, la ragguardevole cifra di 900 milioni di dollari, a fronte di 21,4 milioni di dollari di costi di produzione. La concorrenza non è stata certo a guardare, e anche Disney+, Paramount+, Apple TV+ si sono messi subito alla caccia di un prodotto paragonabile. Da una parte c’è sicuramente il fascino esotico che spiega il successo: i prodotti “regionali” sono sempre più seguiti, forse anche come reazione a una serialità televisiva che è stata quasi sempre dominata dagli Stati Uniti, fino a tirare un po’ troppo la corda con le ultime produzioni meno ispirate, dopo i tanti capolavori. L’abbiamo visto in Italia con il successo di Gomorra, ma Netflix ha appunto anche La casa de papel per la Spagna, Dark per la Germania e Lupin per la Francia, tutte serie in grado di far registrare numeri da record.

E in Italia arriva la vita della Fallaci

C’è però anche un altro motivo per cui la caccia al prossimo Squid Game è così interessante. Produrre serie all’estero è anche conveniente dal punto di vista economico, oltre a offrire una prospettiva fresca e non Hollywood-centrica: in molti Paesi ci sono sistemi di tassazione particolarmente convenienti per le produzioni straniere, proprio per attirare le grandi case e aumentare l’indotto. Tutto questo si traduce in serie molto meno costose, con location e volti nuovi che diventano rapidamente stelle seguitissime anche sui social (come Ursula Corbero o Pedro Alonso per La casa de papel e HoYeon Jung o Wi Ha Jun per Squid Game).

Secondo Douglas Craig, il SVP della programmazione internazionale di ViacomCBS (dietro a Paramount+), il potenziale è “illimitato”, e il numero di abbonati a pagamento all’estero per la tv streaming(a proposito, su SOSTariffe.it si possono trovare tutte le offerte attualmente più convenienti) sarà molto più rilevante di quello USA tra poco tempo, proprio per il local content. E tutto questo riguarderà anche l’Italia, visto che proprio Paramount+ sta per lanciare Miss Fallaci Takes America, che nel 2022 racconterà la vicende della celebre giornalista tra Italia e Stati Uniti tra gli anni ’50 e ’60. Come ha dichiarato Jaime Ondarza, Executive Vice President di ViacomCBS EMEEA, «Miss Fallaci takes America è un progetto unico che si è distinto fin dall’inizio ed è stato concepito per essere una produzione di alta qualità con un grande potenziale internazionale»; gli fa eco Cosetta Lagani, Chief of Scripted and Documentary Productions di Minerva Pictures, che parla di un progetto ambizioso che si inserisce perfettamente nella nostra mission, la creazione di una narrativa di grande qualità e la produzione di progetti con una forte identità e con una rilevanza anche per il mercato ed il pubblico internazionale».

Intanto, anche se non manca chi fa notare il problema dei gatekeeper, cioè i fornitori del servizio, che sono comunque tutti americani – manca una piattaforma locale di grande respiro che proponga contenuti locali – a ringraziare è chi aveva già realizzato prodotti che oggi beneficiano dell’interesse verso le produzioni straniere suscitato da Squid Game: ad esempio la giapponese Alice in Borderland, che già aveva avuto un discreto successo, è ora oggetto di una sorta di “lifting” che la renderà ancora più appetibile, anche viste le tematiche simili, a chi è reduce dalla visione della serie sudcoreana. E se vi siete appassionati alle avventure di Gi-hun, è probabile che l’algoritmo ve l’abbia già proposta.