Il caso

Spot&Social. Lettera aperta di A. Contri (Pubblicità Progresso) a Renzi: ‘La comunicazione troppo sottovalutata dalla PA’

di Alberto Contri |

Pubblicità Progresso, ma anche le associazioni di categoria, sono pronte a dare un contributo per professionalizzare la PA. Ma la PA lo vuole?

La rubrica Spot&Social ha lo scopo di illustrare ogni settimana una o più campagne pubblicitarie di particolare interesse sociale. Rubrica a cura di Alberto Contri, presidente della Fondazione Pubblicità ProgressoPer consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Gent.mo Sig. Presidente Matteo Renzi,

siamo rimasti molto incuriositi dal suo apprezzamento per il linguaggio utilizzato nello spot sociale di Checco Zalone per la raccolta fondi a favore della SMA.

In effetti la coraggiosa e inconsueta cifra ironica impiegata dal comico, di primo acchito è apparsa indovinata nell’invogliare il popolo dei social network a viralizzare il video e a stimolare le donazioni. Le cronache riferiscono che, riferendosi agli incidenti di comunicazione del Ministero della Sanità, il suo commento sia stato “così si fa“.

Ci permettiamo di farle presente che nel delicatissimo campo della comunicazione, così sottovalutato dalla Pubblica Amministrazione, semplificare e giudicare dalla prima impressione può essere fuorviante.

Apprendiamo, infatti, da Avvenire che a fronte dei 2,5 milioni di visualizzazioni, le donazioni sono state assai poche, a detta degli stessi committenti “meno di un decimo di quelle che ci si aspettava”.

 

A guardarlo con attenzione ci si rende conto che quasi tutto lo spot viene speso per raccontare una storia divertente, dedicando una frazione residuale ad una assai poco visibile indicazione del numero cui donare, accompagnato da troppe altre scritte che distraggono anche il più interessato. Un classico esempio di bel messaggio che rischia di vampirizzare quella che gli esperti chiamano “call o action“, o azione da fare, in questo caso la donazione via sms solidale.

Abbiamo poi più di un dubbio che, nel caso del Fertility Day, l’ironìa sarebbe stato il linguaggio giusto. Già l’argomento era assai delicato da gestire, visto che riguardava ad un tempo tematiche sanitarie e sociali. Trattarlo come ha fatto la Danimarca, avrebbe probabilmente creato ancora più problemi di quelli che conosciamo.

I professionisti della comunicazione sanno bene che non esiste un unico linguaggio ideale, né per una campagna sociale né per una campagna commerciale.

Dipende.

Dipende dall’argomento, dal contesto sociale, dai media impiegati, dagli obiettivi di comunicazione, dall’investimento e da molti altri fattori.

Dipende da ragionamenti complessi che non si possono improvvisare, che richiedono tempo, approfondite riflessioni e soprattutto l’impiego di un articolato know-how.

Nel commentare gli errori commessi dal Ministero della Sanità, il Presidente dell’Art Director’s Club, Vicky Gitto, ha ricordato che la gara per il piccolo budget di comunicazione per il Fertility Day è stata aperta il 18 dicembre e chiusa il 28 dello stesso mese, con un weekend e il Natale di mezzo.

Nemmeno Superman avrebbe avuto il tempo anche solo di approfondire una tematica così complessa e delicata, il che giustifica il sospetto che oltretutto la gara possa essere stata assegnata in partenza.

Cerchiamo di non essere schiavi delle semplificazioni a cui ci invita l’abuso di tweet.

Già i cronisti hanno sbagliato nel definire “campagna” un semplice depliant, così come si sbaglia a indicare l’ironìa come linguaggio esemplare.

Se lei dedicasse qualche minuto a consultare la Mediateca online di Pubblicità Progresso (che contiene le 2800 migliori campagne sociali internazionali dal 900 ad oggi) scoprirebbe quanti linguaggi diversi vengono impiegati nel mondo per promuovere le più diverse tematiche sociali, e si farebbe finalmente un’idea di quanto sia complesso questo mestiere, scoprendo anche purtroppo quanto sia basso il livello della comunicazione della Pubblica Amministrazione nostrana se confrontata con le altre.

Questo avviene perché negli uffici comunicazione non ci sono esperti pubblicitari, ma al massimo dei giornalisti (che è un altro mestiere, vivaddio) e molto spesso avvocati o laureati (quando lo sono) in tutt’altre discipline. Le gare vengono assegnate al prezzo più basso, con tempi spesso assurdi, con “brief” modesti stesi da non esperti della materia, inevitabilmente incapaci di giudicare poi il lavoro dei partecipanti.

Lei ha detto che d’ora in avanti vorrà supervedere le campagne dei ministeri.

Lo farà personalmente, pur non avendone la competenza tecnica?

Lo farà fare al Dipartimento dell’Editoria, diretto da un giornalista?

Temiamo poi non sia così semplice: le competenze dei ministeri, anche quelle sulla comunicazione, sono stabilite per legge, e al Dipartimento dell’Editoria rispondono solo i Ministeri senza Portafoglio.

Quando un anno fa proponemmo al Sottosegretario Lotti di usare come Advisor per la Comunicazione Pubblica la Fondazione Pubblicità Progresso con la sua esperienza cinquantennale, osammo pure sottolineare (bene impressionati dal desiderio di cambiamento espresso dal suo Governo) che la prima cosa da fare era stabilire di quante risorse si sarebbe potuto disporre complessivamente in un anno (inclusi gli spazi gratuiti della Rai).

In tale modo sarebbe stato chiaro quante campagne sarebbe stato possibile programmare con un adeguato GRP (indice di pressione pubblicitaria), per giungere poi a stilare un elenco di priorità. La scelta dei temi non sarebbe stata indifferente all’immagine di cambiamento che il Governo intendeva perseguire, e la conseguente razionalizzazione avrebbe avuto grandi influssi sull’efficacia delle campagne. Con anche evidenti ritorni in buona reputazione.

Inoltre Pubblicità Progresso si offriva per aiutare a stendere dei “brief” come si conviene, a coordinare il necessario lavoro dei ricercatori sociali, a valutare i punteggi insieme alle considerazioni tecniche, così da mettere in grado i ministeri committenti di fare scelte motivate.

Forse lei non lo sa, ma Pubblicità Progresso è una Fondazione non-profit che dal 1971 annovera tra i suoi soci le associazioni degli investitori pubblicitari, delle agenzie di pubblicità, dei ricercatori sociali, delle società di affissioni, della stampa, i media televisivi, le concessionarie, i più grandi social network e l’istituto di autodisciplina pubblicitaria. Oltre a realizzare ogni anno proprie campagne, a patrocinare quelle meritevoli delle Onlus, ad arricchire quotidianamente la Mediateca, organizza da 12 anni Conferenze Internazionali della Comunicazione Sociale portando in Italia i principali esperti di tutto il mondo, coordina e gestisce seminari di formazione e concorsi in 90 facoltà di 44 Atenei, e pubblica e-book gratuiti sui temi della comunicazione sociale.

Tutto è stato reso possibile dal lavoro gratuito dei soci e dai grant della Fondazione Cariplo, che ha ben compreso come sostenere una simile iniziativa sia un oggettivo contributo alla germinazione nel paese del bene comune.

Grazie a tutto questo lavoro, infatti, nel Terzo Settore si cominciano a vedere finalmente campagne ben costruite e professionalmente ben impostate (i nostri seminari di formazione organizzati con la Fondazione Cariplo sono sempre affollatissimi).

Ad eccezione della Regione Emilia Romagna, con la quale insieme all’Università Alma Mater di Bologna organizziamo da diversi anni seminari specialistici proprio sul tema “Comunicare la salute”, il resto della Pubblica Amministrazione si trincera complessivamente dietro l’autarchia capace di produrre gli incidenti e gli errori di questi ultimi giorni.

Temiamo sia tardi per affrontare la questione in forma sistematica come avevamo proposto, visto l’incalzare di appuntamenti istituzionali molto complessi.

Rimane il fatto che non solo Pubblicità Progresso, ma anche le associazioni di categoria dei creativi e delle agenzie di pubblicità sono pronte a dare un contributo per professionalizzare la Pubblica Amministrazione.

Ma la Pubblica Amministrazione lo vuole?

Con i più cordiali saluti

Alberto Contri

Presidente Fondazione Pubblicità Progresso

Docente di Comunicazione Sociale all’Università IULM

Di seguito alcuni link alla rubrica Spot&Social (pubblicata sul sito di Pubblicità Progresso e sul magazine online Key4biz) in cui sono stati esaminati diversi casi di uso corretto del linguaggio ironico.

Spot&Social. Basta terrorismo psicologico, contro l’obesità meglio l’ironia

Spot&Social, per le campagne sociali meglio l’ironia o lo shock visivo?

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