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SPID: il business model dell’identità digitale? Decide il mercato

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La distribuzione dello SPID parte il 15 marzo, cresce l’attesa per verificare l’interesse dei cittadini nei confronti dell’identità digitale

Raggiungere una massa critica significativa di adesioni allo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) da parte dei cittadini e ragionare in un secondo momento sui modelli di business per Identity Provider e Service Provider. E’ questa l’idea del Governo e di tutte le aziende interessate con il lancio dell’identità digitale, che prende il via il 15 marzo con un punto interrogativo: come risponderanno i cittadini?  Ci sarà la corsa allo SPID? Quali servizi faranno breccia nell’utenza finale?

Quesiti tutti aperti che determineranno la piega che assumerà l’intero sistema orientando anche le politiche di costo.

In altre parole, se in futuro lo SPID diventerà a pagamento dipenderà fondamentalmente dalla risposta dei cittadini e dal gradimento rispetto ai servizi che saranno erogati.

Intanto, c’è da dire che secondo la legge saranno gratuiti per due anni soltanto i contratti stipulati entro il 2016 dai cittadini per il livello 1 e 2 dello SPID. Lo SPID è sempre gratuito anche per la Pubblica Amministrazione, mentre non sta scritto da nessuna parte che è gratuito per i Service Provider.

In altre parole, i privati potrebbero dover pagare per aderire al sistema di identità digitale.

Un altro nodo ancora da sciogliere riguarda il livello 3 dello SPID, quello che garantisce il livello più forte di sicurezza, permettendo l’autenticazione tramite password e smart card. Per il livello 3 manca ancora il regolamento e comunque potrebbe essere a pagamento da subito.

Ma perché non si è partiti anche con il terzo livello, che secondo gli esperti in prospettiva sarà anche l’unico che nel lungo termine resterà sul mercato?

Un altro tema aperto riguarda i servizi.

Quanto tutto il sistema sarà ammortizzato dai servizi?

Una domanda che troverà risposta a breve, una volta che il sistema sarà avviato. Di certo per fine anno ne sapremo di più.

Un altro aspetto dello SPID che va ancora normata riguarda la creazione delle struttura convenzionale per i Service Provider.

Un aspetto che interessa molto i piccoli player del digitale, che temono rischi di oligopolio da parte degli Identity Provider anche sul fronte dei servizi.

In realtà, c’è da dire che Poste è già un Service Provider per un altro motivo, diverso da SPID, perché dispone già di una sua identità digitale (Poste ID) che sta aprendo a SPID. In altre parole, i clienti di Poste usano già l’identità digitale per accedere ai servizi dell’azienda.

Ma l’identità digitale dei clienti di Poste si potrà trasformare direttamente in SPID?

Per ora non si sa, dipende da come SPID si evolverà sul lato della convenzione con i privati.

Per il momento, chi deciderà di prendere l’identità digitale con Poste avrà sia la vista SPID sia la vista dei servizi digitali di Poste.

Ma questa soluzione, oltre che da Poste, sarà certamente adottata anche dagli altri Identity Provider che sono Telecom Italia (tramite Telecom Italia Trust Technologies) e Infocert. L’obiettivo è attirare le persone a usare l’identità digitale anche sul lato SPID.

Alla fine, la partita degli Identity Provider la vincerà chi avrà più identità digitali.

Ma la gente la vorrà l’identità digitale?

Secondo gli addetti ai lavori sì, in particolare per accedere online alla dichiarazione dei redditi, alla situazione pensionistica e alla possibilità di cambiare residenza in ogni momento via smartphone, pc e tablet.

Vedremo.

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