Key4biz

Semestre italiano di presidenza Ue: magro bilancio per digitale e Tlc

Italia Digitale

Italia Digitale

Il 31 dicembre si chiuderà ufficialmente il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea.

Le promesse erano tante così come le aspettative ma, guardando ai risultati concreti, cosa ha fatto realmente il Governo italiano per spingere sui temi caldi del digitale?

Veramente poco.

Tanto più che, come è emerso ieri all’ultimo vertice europeo tenuto sotto la presidenza di turno italiana della Ue, i 28 Paesi membri appaiono oggi più divisi su questioni fondamentali di quanto lo fossero a inizio anno.

“Questi sei mesi” di Presidenza italiana segnano “una nuova stagione, per noi e per l’Europa: crescita e non solo austerità è l’eredità che lasciamo“. E’ la formula che il Premier Matteo Renzi ha scelto di usare per riassumere il semestre italiano, nella conferenza stampa che chiude con un giorno di anticipo il Vertice prenatalizio, alla presenza dei vertici del Consiglio e della Commissione Donald Tusk e Jean-Claude Juncker.

Non bastano le parole di Renzi a Bruxelles per l’Italian Innovation Day per far decollare in Italia l’innovazione.
Renzi dice che bisogna “recuperare in fretta” e ha parlato delle responsabilità dei predecessori.
Su Facebook scrive “Abbiamo previsto 4,5 miliardi di euro da investire nel piano di crescita digitale e 7 miliardi per la banda ultralarga, fino al 2020 In questo secolo l’unità nazionale si fa anche con l’unità digitale. Non basta, ovviamente, bisogna ripartire da un elemento fondamentale per una comunità: la scuola”.
Belle parole alle quali devono però seguire i fatti. Ma per il digitale sono ancora tante le questioni aperte.

C’è ancora tanta strada da fare e se ieri al Consiglio Ue è stata posta la prima pietra del Piano Juncker da 315 miliardi di euro con priorità a banda larga e rinnovabili – per riattivare il ciclo degli investimenti, il vero confronto è rimandato a febbraio.

L’esito di questa presidenza italiana sul fronte delle tecnologie era già prevedibile dalle linee programmatiche presentate lo scorso giugno da Renzi alle Camere dove di digitale si parlava en passant per ribadire l’importanza di investire nell’innovazione tecnologica.

Questo l’industria lo sa bene e poi?

I dossier sul tavolo era davvero molti e scanditi anche da alcune difficoltà come la dura campagna elettorale per le europee, il peggioramento delle previsioni economiche e l’insediarsi della nuova Commissione a guida del lussemburghese Juncker.

Il bilancio di questi mesi è chiaro: pochi i risultati raggiunti nello sviluppo dell’Agenda digitale, con risultati che tra l’altro, come ci dice il recente Rapporto Eurostat, non sono confortanti per l’Italia nell’uso di internet, il 32% non lo ha mai usato. Peggio di noi solo Bulgaria, Romania e Grecia.

Mercato Unico

Renzi aveva promesso che tra le priorità di questo semestre ci sarebbe stata la realizzazione del Mercato unico delle tlc, che definiva “pietra angolare di quello digitale”.

E allora?

C’è la ricetta italiana per roaming, net neutrality e spetto, ma si poteva fare di più.

La riforma Ue è attesa per il prossimo maggio.

PA digitale

Sul fronte della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, solo qualche settimana fa il Governo ha dato il via libera all’Agenda per la semplificazione per il triennio 2015-2017: un pacchetto di 38 azioni di semplificazione che punta su cinque settori strategici di intervento: cittadinanza digitale, welfare e salute, fisco, edilizia e impresa.

Banda larga e ultralarga

Altra priorità annoverata da Renzi era la banda larga. L’Italia sta recuperando terreno ma resta ancora in fondo alla classifica Ue e per sbloccare il gap e, inutile dirlo, è necessario sbloccare gli investimenti.

Tante le difficoltà a rispettare gli obiettivi dell’Agenda digitale europea e anche dal Pd si chiede al Governo di attuare una strategia più forte.

Domani intanto scade la consultazione pubblica per commentare le azioni dei nuovi piani nazionali “Piano nazionale banda ultra larga” “Crescita digitale” (obiettivo tematico 2 dell’Agenda digitale: supporto alla infrastrutturazione per la banda ultra larga e potenziamento dei servizi Ict a cittadini e imprese). I risultati della consultazione – spiega il Ministero dello Sviluppo economico – saranno considerati, insieme ai contributi che emergeranno negli incontri previsti con i vari stakeholder, per eventuali integrazioni e evoluzioni dei piani.

Gli operatori dovrebbero presentare i piani entro il 30 aprile.

Anche in questo caso tempi lunghi.

Web e fisco

Altra questione che resta ancora aperta e che Renzi si era impegnato a portare al confronto Ue era la valutazione di un sistema equo per tassare le web company.

Anche in questo caso mentre altri Paesi, ultima la Gran Bretagna, hanno fatto passi in avanti, l’Italia è rimasta alla finestra.

Iva ed eBook

Qualcosa si è fatta invece nella battaglia per abbattere l’Iva sugli eBook. Il Ministro alla Cultura Dario Franceschini ha posto in modo provocatorio l’emendamento alla Legge di Stabilità che ne prevede la riduzione al 4% con il consapevole rischio dell’apertura di una procedura d’infrazione. Sì, perché anche su questo fronte non c’è coesione a livello comunitario e la decisione ultima spetta all’Ecofin.

Nessuna presa di posizione dell’Italia anche su altre questioni fondamentali che riguardano il Mercato Unico Digitale.

Dove al momento i temi più caldi restano la riforma sulla Data Protection strettamente correlata al Diritto all’oblio, alla Privacy e al nascente mercato delle app.

Così come l’Italia è rimasta ancora una volta silente davanti alle questioni che coinvolgono gli Over-The-Top per i loro sistemi aggressivi di ottimizzazione fiscale.

La Ue ha chiesto finalmente di vederci chiaro, chiedendo mercoledì ai Paesi membri tutte le informazioni relativi ad accordi fiscali ‘vantaggiosi’ chiusi con le multinazionali.

Ma l’Italia cosa ha fatto?

Cosa ha fatto per l’annosa questione che contrappone editori e aggregatori online di notizie?

E che posizione ha preso riguardo alla recente mozione dell’Europarlamento che chiede lo spacchettamento di Google per ragioni antitrust?

Sei mesi sono pochi, lo sappiamo, ma sono troppe le questioni che restano ancora aperte.

Exit mobile version