l'editoriale

Scoppia la crisi in Open Fiber? Una grana in più per CDP

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Il mood negli ambienti romani nei confronti di Open Fiber è peggiorato negli ultimi mesi e, per usare un’espressione meteorologica, tende alla tempesta. E per l'immediato futuro, molte delle scelte da fare sono nelle mani di CDP, che gestisce il risparmio postale degli italiani e non può permettersi che si creino situazioni negative e censurabili, generate da scelte errate.

Abbiamo sempre seguito sin dal primo istante la nascita e la crescita di Open Fiber

Perché? Perché il suo ingresso sulla scena ha rappresentato una speranza concreta per aprire anche il mercato italiano della larga banda fissa, uno dei più congelati in Europa, alla concorrenza. E sappiamo quanto ci sia bisogno, ancora oggi, di più concorrenza nel nostro Paese. Ma, nel corso del tempo, siamo andati anche oltre. Ne abbiamo sempre difeso l’operato, contro tutto e tutti, comprendendo le difficoltà di un newcomer costretto a confrontarsi con incumbent completamente arroccato sulle sue posizioni. 

Uno degli elementi di maggior novità dell’intera operazione era, come da tutti riconosciuto, la gestione industriale dell’Enel, che aveva portato una diversa managerialità, una ventata di aria fresca, in un settore strettamente controllato e da anni fermo su posizioni stantie. Aria fresca e un po’ frizzante, come quella che si respira al mattino presto, quando ci si sveglia.

Poi all’improvviso tutto è cambiato. È cambiato tutto da quando il socio industriale Enel è uscito da Open Fiber, dopo aver creato dal nulla una azienda valutata, in pochi anni di attività, tra i 7 e gli 8 miliardi di euro. Una azienda che ci invidiavano in tutta Europa per aver creato il modello wholesale only, ovvero quel modello che è diventato un concreto riferimento anche normativo, al punto da essere stato riconosciuto nel nuovo Codice delle Comunicazioni Elettroniche europeo. Quel wholesale only che ha aperto la strada ad un nuovo business model per tutte le telecom europee. Francamente, non credo di ricordare altri casi in Europa in cui l’Italia abbia fatto da apripista, come in questo caso.

Con l’ingresso di CDP alla plancia di comando, l’aria è cambiata.

E l’aria che si respira non è più fresca e frizzante, come quella del mattino, ma si avverte pesante e cupa come in alcune serate invernali.

I fatti parlano da soli. Sorge più di un dubbio sulle competenze di settore del vertice aziendale, le cui scelte sembrano orientate più da ragioni politiche che da motivazioni manageriali. Mentre si registrano i primi casi di uscite dei manager più bravi (quelli con le competenze più rilevanti), cui ne seguiranno prevedibilmente altri.

Insomma, azienda in difficoltà e viene allora da chiedersi se il nuovo percorso della rete unica riuscirà ad invertire la tendenza.

Se si considerano gli interessi dell’azienda, la nuova gestione di Open Fiber a guida Cassa Depositi e Prestiti (CDP) appare francamente priva di ratio. È ormai noto che i ritardi di Open Fiber sono aumentati. L’azienda non è riuscita a rispettare il Piano industriale approvato e proposto dallo stesso amministratore delegato, che viaggia (da quanto si legge sui giornali) ad una velocità pari a meno della metà di quanto previsto. E il completamento delle Aree bianche è ancora ben lontano.

Di questo passo altro che obiettivo 2026 per la rete italiana in fibra. La scadenza, indicata in pompa magna dal ministro Vittorio Colao, potrebbe essere più verosimilmente spostata al 2030.

E allora, considerati i precedenti, come farà Open Fiber a rispettare gli impegni nelle Aree grigie? E cosa farà con le Aree nere? Riuscirà a completarle nei tempi previsti, visto che starebbe spostando risorse dalle Aree nere a quelle bianche e grigie?

C’è da essere molto preoccupati per la situazione che si sta creando. Ed è chiaro che questi sviluppi negativi complicano inevitabilmente anche i piani della rete unica di cui si parla intensamente in questi giorni.

Il mood negli ambienti romani nei confronti di Open Fiber è peggiorato e, per usare un’espressione meteorologica, tende alla tempesta. A questo punto anche CDP dovrebbe preoccuparsene, visto che gestisce il risparmio postale degli italiani e non può permettersi che con un discutibile loro indirizzamento si creino situazioni censurabili, perché generate da scelte errate. 

Continueremo a seguire con attenzione la situazione, sempre dicendo quello che pensiamo, con lo spirito di libertà che ci ha sempre contraddistinti, a favore di un mercato aperto e competitivo e sempre nell’interesse del nostro Paese, dei suoi cittadini-consumatori e delle aziende italiane.

Ma vogliamo far di più, contribuendo al confronto tra le posizioni e per questo organizzeremo tra qualche settimana un apposito webinar sul tema, con l’intento di mettere intorno allo stesso tavolo decisori politici, esperti e il vertice aziendale.