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Rete unica? Rischio di nuovi ritardi per la connettività del Paese

La rete unica rischia di ricacciare l’Italia agli ultimi posti nella classifica Ue della connettività e rallentando gli investimenti in fibra stimolati dalla concorrenza. Per non parlare dei diversi ostacoli che il progetto dovrebbe superare a livello di antitrust in Europa. Questa la tesi sostenuta da una approfondita analisi della vicenda italiana della rete unica nel quadro europeo realizzata a Bruxelles dal Brussels Times.

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Mentre il governo italiano e Tim sostengono che la rete unica frutto della fusione fra i network di Tim e Open Fiber sia la soluzione migliore per chiudere il digital divide dell’Italia con il resto dell’Europa, è invece il senso comune che dovrebbe indicare che è vero esattamente il contrario.

Il quotidiano belga critica le voci diffuse in Italia, secondo cui la CDP, già azionista di Tim con una quota a ridosso del 10% e di Open Fiber con il 50% (a fronte dell’altro 50% in mano all’Enel), starebbe valutando di investire anche in FiberCop, il veicolo che racchiude la rete secondaria di Tim.

I vantaggi della concorrenza

La tesi del quotidiano è chiara: è stato merito soltanto dell’arrivo di Open Fiber sul mercato e dell’emergere di una vera concorrenza infrastrutturale se negli ultimi anni si è riscontrato qualche progresso nella diffusione di reti a banda ultralarga nel paese. Open Fiber “ha scosso Tim da anni di letargo che hanno gettato l’Italia agli ultimi posti in Europa per connettività”, scrive il quotidiano belga.

“Tornare indietro ad una rete unica a banda larga controllata da un solo operatore verticalmente integrato rischia di bloccare tutti i progressi dell’Italia nel rollout di nuove reti ultraveloci nel paese, proprio nel momento in cui il coronavirus ha mostrato quanto siano importanti”, si legge.    

I danni del monopolio

Secondo l’analisi, l’Italia ha già alle spalle anni e anni di esperienza sotto il monopolio di Tim (al tempo Telecom Italia), anni nei quali il paese sprofondava agli ultimi posti nelle classifiche Ue della Connettività. Per inciso, quest’anno l’Italia nella classifica dell’indice Desi, che misura il grado di digitalizzazione dei paesi Ue, si è piazzata al 17esimo posto per connettività, mettendo a segno un bel progresso soprattutto in termini di copertura FTTH del paese. In un anno, la copertura a banda ultralarga è passata dal 24% al 30% del territorio, sempre sotto la media Ue del 34%. Certo, c’è ancora molto da fare però tutti i progressi fatti sembrano indicare che sia stata proprio la concorrenza a fungere da pungolo e a garantire i progressi fatti negli ultimi anni in termini di copertura.

Al netto della conferma della multa antitrust da 116 milioni di euro per il progetto Cassiopea, resta secondo l’analisi del quotidiano belga la volontà da parte di Tim di ritornare ad una posizione dominante, un atteggiamento che pare “ancor più retrogrado” se paragonato con quanto sta succedendo in termini di crescente liberalizzazione del mercato nella maggior parte dei paesi europei. Gli esempi più vicini per il nostro paese arrivano da Francia e Spagna.

Esempi virtuosi di Francia e Spagna

In Francia, ad esempio, ci sono quattro operatori che competono nel mercato della fibra: Free (Gruppo Iliad), SFR, Orange e Bouygues Telecom. A questi si aggiunge un cospicuo numero di operatori regionali. L’anno scorso Free ha superato l’ex monopolista Orange in termini di nuove installazioni FTTH. L’Arcep, il regolatore francese, è stato chiaro nel dire che l’accelerazione dell’FTTH vissuta nel paese è dovuta alla “vivace concorrenza” fra operatori.

Una situazione analoga si riscontra in Spagna, dove il regolatore sta costringendo i quattro operatori a collaborare per eliminare i colli di bottiglia e per ottimizzare le reti esistenti, e rendere i loro servizi il più possibile disponibili. I risultati parlano da soli: la rete in fibra spagnola è la più estesa d’Europa, con il 63% delle abitazioni che hanno una connessione FTTH, il triplo della media Ue ferma al 23%.  

L’idea del governo italiano di puntare su un ritorno al monopolio della rete è in contrasto con quanto sta avvenendo un po’ dovunque in Europa, non ultime Francia e Spagna. Questa la tesi sostenuta, secondo cui quindi tornare ad una rete unica sotto il controllo di Tim rallenterebbe il rollout delle nuove reti, attirando l’attenzione dell’Antitrust Ue visto che l’esperienza degli altri stati membri ha dimostrato che “incoraggiare la concorrenza piuttosto che soffocarla” è l’unico modo per recuperare il tempo perduto dall’Italia sul fronte della connettività.

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