Il Piano

Rai, ecco come vuole diventare una Digital Media Company

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Il nuovo Piano Industriale impegna la Rai in un profondo rinnovamento editoriale a vocazione universale con leadership negli ascolti multipiattaforma.

Via libera all’unanimità al Piano industriale Rai 2016-2018. Il Cda di Viale Mazzini ha approvato il progetto strategico illustrato dal direttore generale Antonio Campo Dall’Orto.

Necessario un profondo rinnovamento editoriale per consentire all’azienda di sviluppare una vocazione sempre più universale e mantenere la leadership di ascolti nel nuovo contesto digitale multipiattaforma.

In Cda è stato anche illustrato il bilancio 2015, che si chiuderà con una perdita di 20 milioni dovuta prevalentemente a coprire le spese per gli eventi sportivi di questa estate. Mentre le previsioni per il 2016 sono legati agli introiti dal canone in bolletta. In attesa del decreto del governo, è arrivata dal Tesoro una prima tranche di 600 milioni, circa un terzo delle somme attese.

Due le direttrici di sviluppo indicate dal Dg per mettere a segno i nuovi obiettivi:

  1. La generazione dei contenuti diventa centrale grazie allo sviluppo di un’offerta editoriale di qualità e al rafforzamento delle caratteristiche di servizio pubblico anche attraverso la revisione del mix dei generi e dei linguaggi.
  2. Il completamento della trasformazione da broadcaster tradizionale a Digital Media Company rivedendo il modello ideativo e distributivo; sviluppare un’offerta digitale distintiva e personalizzabile attraverso investimenti tecnologici, nuovi modelli produttivi e professionali adeguati al proprio ruolo di Servizio pubblico leader degli ascolti televisivi.

Sei le parole chiave indicate da Campo Dall’Orto per l’avvio di questa nuova fase: universalità, indipendenza, pluralismo, responsabilità, innovazione, eccellenza.

 

Offerta editoriale

Grande importanza alla Fiction, genere in cui Rai conserva una leadership indiscussa di ascolti, produzione e qualità, che dovrà sempre di più trasformarsi in terreno di dialogo intergenerazionale con un’evoluzione in senso contemporaneo e internazionale. Anche per il cinema il Piano ribadisce la posizione di leadership della Rai nella produzione domestica e di soggetto determinante a sostegno di un settore industriale strategico per il Paese.

Rai1 sarà una rete universale, rivolta sempre alle famiglie, ma con un appeal rinnovato. Rai2 sarà il canale più giovanile e trasgressivo, in grado di intercettare i nuovi gusti. Rai3 avrà il compito di occuparsi della complessità della società con linguaggi innovativi e immagini artisticamente valide. Novità in arrivo a Rai Sport, che dopo le Olimpiadi di Rio di questa estate, avrà un solo canale e non più due.

Dovrebbe crescere anche l’offerta online, anche con il lancio di una piattaforma sul modello di Netflix, ma gratuita. Anche se in futuro non sapremo.

Tecnologie

Anche in questo settore il Piano prevede numerose innovazioni. In particolare, come già annunciato dall’accordo con Eutelsat e TivùSat, il passaggio alla produzione in qualità full Hd, la sperimentazione dell’Ultra Alta Definizione (4K) e il lancio di un canale con contenuti codificati in HDR (High Dimension Range), lo sviluppo delle reti IP.  Entro l’anno tutta l’offerta sarà in HD ed entro il 2020 in Ultra HD.

Sul fronte produttivo gli attuali centri di produzione verranno valorizzati e differenziati nella produzione dei contenuti.

Informazione

Il Piano impegna la Rai ad articolare e diversificare il linguaggio del racconto giornalistico e a sviluppare formati innovativi multipiattaforma in modo tale da svolgere al meglio il ruolo di Servizio pubblico universale e garantire un’informazione plurale.

Per raggiungere questo obiettivo il Direttore editoriale Carlo Verdelli ha presentato al Dg e al Cda la proposta di squadra che lo coadiuverà nell’attività di coordinamento dell’offerta informativa.

Cambio in vista anche per la presidenza di RaiWay. Campo Dall’Orto ha indicato Raffaele Agrusti, Cfo della Rai, a guidare la società delle torri Rai. La proposta verrà sottoposta all’approvazione dell’assemblea.

Agrusti succede a Camillo Rossotto che nei mesi scorsi ha lasciato la Rai per assumere l’incarico di Cfo della Lavazza.

 

Polemiche sulle nomine

Il progetto di Verdelli non è stato ben accolto. In particolare il consigliere Franco Siddi ha lamentato che “il Cda non è stato chiamato a ragionare e deliberare su questa struttura”.

Le critiche riguardano in particolare la nomina a vicedirettore di Francesco Merlo, storico editorialista di Repubblica.

Merlo – ha detto Siddi – è un illustre scrittore, ma è pensionato e non può essere assunto da un’azienda pubblica”.

“Si tratta di un nome divisivo – ha rincarato Arturo Diaconale -. Chiamarlo in Rai dà l’impressione di voler dare un taglio preciso all’informazione della tv pubblica. Sarebbe come assumere Marco Travaglio alla direzione del Tg1″.

Ad attaccare anche Finsi e Usigrai: “Ancora una infornata di esterni. Altro che nuova Rai. Insieme con le redazioni decideremo come reagire a questo ennesimo insulto, nel caso in cui si procedesse con le nomine proposte”.

 

L’evasione del canone si ridurrà all’8%

In un’intervista al Sole24Ore, Campo Dall’Orto ha poi dichiarato che sarà rifatto un check a fine anno per verificare la messa in pratica di questo Piano triennale che porterà la Rai a trasformarsi in una Digital Media Company.

“Non c’è dubbio. Bisogna meritarsi il canone“, ha sottolineato il Dg, precisando che il Piano “è stato fatto in relazione alle risorse di cui stimiamo di poter disporre nei prossimi anni. In questo sistema si inseriscono risorse incrementali del canone, che lo ricordo passa da 113 a 100 euro, per il quale abbiamo previsto un tasso di morosità dell’8%, a differenza del 27% di oggi”.

Campo Dall’Orto ha anche annunciato che nel 2015 “l’azienda chiuderà in rosso, ma meglio del budget. Avremo una perdita intorno ai 20 milioni di euro. Per i prossimi anni, invece, se non ci saranno sorprese sul canone e se non interverranno altri elementi esterni di sistema, l’azienda avrà la forza per portare avanti questo piano triennale che ha tra i suoi obiettivi l’efficientamento dei processi ma senza alcun esubero”.

Nessuna competizione con i grossi broadcaster come Mediaset, Vivendi e Sky.

“Il nostro ruolo è diverso“, ha spiegato, indicando: “Noi siamo il servizio pubblico italiano. In quanto tale abbiamo il dovere di non rincorrere l’audience a tutti i costi e anzi di pensare a un’offerta complementare a quella della tv commerciale. Aggiungo: come servizio pubblico abbiamo alcune mission non solo sui contenuti e il racconto del Paese, ma anche sull’essere da stimolo all’alfabetizzazione digitale“.