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PA più efficienti? Con meno personale, più digitale e AI. La ricetta di Cassese

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“La pubblica amministrazione non può più essere un ammortizzatore sociale mascherato da burocrazia, ma deve diventare un motore di qualità e innovazione, fondato su pochi, motivati e ben pagati.” È questa la visione di Sabino Cassese, giurista e già giudice della Corte Costituzionale, sul futuro della macchina pubblica italiana dopo l'introduzione di AI e nuove tecnologie.

In un’Italia che invecchia e si spopola, dove la denatalità riduce gli studenti del 4% in appena tre anni, e dove la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale iniziano a sostituire mansioni un tempo svolte da esseri umani, una domanda diventa sempre più urgente: ha ancora senso aumentare gli organici della pubblica amministrazione? Sabino Cassese, giurista ed ex giudice della Corte Costituzionale, ha provato a rispondere sul Corriere.

Mentre sul mercato del lavoro cresce il paradosso per cui l’offerta di posti supera la domanda, la macchina statale sembra ancora imprigionata in una logica novecentesca, dove “più assunzioni” equivaleva a “meno disoccupazione”. Ma oggi, quella logica rischia di essere non solo obsoleta, ma anche controproducente.

È forse giunto il momento di rispolverare il vecchio e saggio principio di Francesco Saverio Nitti: “pochi e ben pagati”. Una massima che oggi, più che mai, potrebbe trasformarsi in una strategia vincente. Perché non solo migliorerebbe la qualità dei servizi pubblici, ma converrebbe anche a chi governa.

Italiani insoddisfatti della macchina pubblica

I numeri parlano chiaro. Secondo l’OCSE, meno della metà degli italiani ha fiducia nella pubblica amministrazione. La percezione diffusa è che la burocrazia sia un ostacolo, una barriera alla crescita, proprio come lo erano i vecchi dazi. In questo scenario, continuare a moltiplicare gli uffici e gli impiegati senza affrontare il nodo della produttività rischia di peggiorare la situazione.

Si semplifica l’accesso, ma non si premia il merito

Negli ultimi anni non sono mancate iniziative per “modernizzare” l’amministrazione: via il tetto alle retribuzioni pubbliche, semplificazione dei concorsi, possibilità di crescita interna per chi è già in servizio. Si parla anche di carriera e di riconoscimenti, ma la realtà resta questa, il 98% dei dipendenti riceve il massimo dei voti, come se la valutazione fosse solo una formalità.

Intanto i rinnovi contrattuali, più che aumenti di stipendio, offrono benefici laterali: settimana corta, permessi extra, buoni pasto anche da remoto. Misure che, secondo Cassese, migliorano il benessere, ma non sempre l’efficienza. E soprattutto, non cambiano la logica di fondo, ossia più personale, non necessariamente più qualità.

Crescono gli impiegati, ma anche la frammentazione

Secondo gli ultimi (e tardivi) dati della Ragioneria generale dello Stato, i dipendenti pubblici sono 3,3 milioni, oltre la metà concentrati in sanità e istruzione. Ma a questi si sommano quasi 840 mila lavoratori delle partecipate, spesso dimenticati nelle statistiche ufficiali. E nel solo biennio 2022-2023, sono stati banditi 380 mila nuovi posti.

In parallelo, continua la tendenza all’esternalizzazione dei servizi, che allarga ancora di più la nebulosa del “pubblico” e rende più difficile misurarne efficacia, costi e produttività.

Tecnologia vs assunzioni, la sfida che l’Italia non può ignorare

Nonostante l’evidente impatto dell’automazione e dell’intelligenza artificiale, nei documenti ufficiali del Ministero della PA si continua a parlare di “urgente bisogno di nuovo personale”. Un’impostazione che contrasta con le sfide del futuro. Meno utenti, più tecnologia, maggiore necessità di competenze e reattività.

Il paragone che Cassese fa con la difesa è eloquente: negli Stati Uniti si discute di una “quarta forza armata”, completamente unmanned (senza equipaggio), fatta di droni e sistemi automatici. In Italia, invece, si continua a credere che più assunzioni equivalgano a più consenso elettorale. Ma non è più così: nuovi impiegati, spesso mal gestiti e sottopagati, finiscono col diventare nuovi oppositori, frustrati e disillusi.

Invertire la rotta?

Probabilmente è vero, è il momento di razionalizzare, non di moltiplicare. L’occasione è storica e servita su un piatto d’argento. Con il calo della popolazione e l’avanzare della tecnologia, si può finalmente semplificare l’apparato pubblico, rendere più snella la macchina amministrativa, e puntare su un personale selezionato, ben formato e ben retribuito.

Tuttavia, riferirci alle nuove assunzioni come a una dispersione di risorse potrebbe essere deleterio. Soprattutto per le nuove generazioni. Va senz’altro migliorato il sistema per valorizzare chi già c’è, introducendo sistemi realmente meritocratici, in modo che l’amministrazione possa recuperare credibilità, efficienza e fiducia da parte dei cittadini.

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