l'intervista

PNRR. A. Baldassarra: “Cloud nazionale? Il governo rifiuti una narrativa sbagliata che penalizza imprese e competenze italiane”

a cura di Raffaele Barberio |

Il vero rischio e che con i nostri soldi del PNRR contribuiremo a far crescere il PIL degli altri. E questo senza considerare il rischio di trovarsi, negli anni a venire, a commentare ancora una volta una “occasione perduta”, con scempio delle competenze e delle capacità industriali del Paese, come già avvenuto nel secolo scorso prima con l’elettronica e poi con l’informatica.

Ultimamente in Italia si è acceso e continua ad andare avanti in modo importante il dibattito sul tema del “Cloud Nazionale”.

In vista del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) il Ministro Vittorio Colao ha infatti comunicato che il suo obiettivo è creare un cloud unico per la PA entro il 2022.

Un intervento, quello di Colao, che ha mosso le acque sul tema della nuvola, scatenando il dibattito su come verrà presidiato il terreno della digitalizzazione in Italia.

Come si è appreso dalla stampa, in un primo momento sembrava che i gruppi candidati ad avere un ruolo preponderante nel piano “Italia Digitale 2026” a difesa della sicurezza cyber italiana e per la digitalizzazione sul Cloud fossero rappresentati dalle alleanze LeonardoMicrosoft, FincantieriAmazon e TIMGoogle, quest’ultima partita per prima nel 2020. Ora, nelle ultime ore sembra prender piede un diverso schema di gioco centrato su un accordo a tre tra Cassa Depositi e Prestiti (CDP), Leonardo e TIM (dietro cui sarebbe diluita in modo silente la presenza di Google).

Non sappiamo come evolverà il quadro e quali saranno le possibili soluzioni.

Così come non sappiamo se si lancerà un regolare bando pubblico europeo o se si cercherà di creare una condizione di assegnazione diretta (che potrebbe essere fatta solo ad un soggetto interamente pubblico).

In ballo ci sono molte cose: la crescita delle imprese nazionali, le competenze digitali italiane, il rapporto con le università, la tutela piena dei dati dei cittadini italiani che non possono essere esposti al rischio di giurisdizioni estere come nel caso del Cloud Act americano, infine la sovranità digitale del Paese.

Temi cruciali sui quali abbiamo chiesto l’opinione di Antonio Baldassarra, imprenditore di lungo corso nel settore e amministratore delegato di Seeweb, azienda italiana con un importante posizionamento nel Cloud nazionale.

E siamo partiti proprio dal come possa essere evitato il rischio di cadere nelle mani di società estere che perpetuerebbero la rapina dei dati personali, in questo caso in dote presso lo Stato italiano.

Key4biz. Ci sarà pure un modo per evitare di dover inginocchiarsi, come facciamo da anni, ai voleri di poche e potenti oligarchie tecnologiche d’Oltreoceano? Lei come la pensa?

Antonio Baldassarra. Sì, possono essercene diversi. Abbiamo contezza chiara del modo in cui sta procedendo la Francia, che di recente si è attrezzata proprio per agire agli antipodi rispetto alle pressioni di parte dello schieramento politico italiano. In Francia oggi i provider devono essere europei e dei Big Tech si potranno usare solo licenze d’uso, ove non diversamente replicabili, per non incappare nel temibile Cloud Act e poter quindi rispondere solo alle nostre leggi, in primis il GDPR, oltre che assicurare il pieno controllo sovrano sui dati dei nostri cittadini, che come è a tutti noto sono dati strategici.

Key4biz. E invece in Italia?

Antonio Baldassarra. In Italia non vi è ancora piena chiarezza. Il ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale ha, sì, indicato di voler usare solo servizi di data center europei per la strategia digitale PA, ma non è chiaro con quali tecnologie, con quali partner né sono chiari i ruoli da riconoscere rispettivamente a ciascuno di essi. Visti gli attori in gioco, sembra tutto già predisposto per affidare, direttamente o indirettamente, strategie nazionali e dati ai grandi player come Google, AWS, Microsoft.

E tutto questo in ambito di Pubblica Amministrazione, un ampio settore che deve essere funzionale alle esigenze e all’amministrazione del Paese, nonché depositario di dati e abilitatore di politiche industriali e strategie nazionali che dovrebbero favorire la prossimità geografica e di gestione dei dati in ambito IT, scegliendo una maggiore sostenibilità dei processi. Purtroppo non sarebbe la prima volta. Anche con le gare CONSIP e SPC Cloud si era tracciato un simile scenario, peraltro immutato: quello di penalizzare i fornitori locali. Sembra che alla politica italiana interessino poco le imprese italiane.

Key4biz. E nel frattempo?

Antonio Baldassarra. Nel frattempo, i dibattiti sull’uso del Recovery Fund e sul Cloud nazionale seguono un filone narrativo predominante. Secondo questa narrativa, l’Italia e l’Europa in generale non avrebbero né la tecnologia, né la competenza e quindi affidarsi ai Big Tech è una scelta obbligata. Se non si possono gestire i propri asset su questi player, allora l’alternativa sembrerebbe essere solo il caro e buon vecchio server sotto la scrivania. Le opzioni, secondo questa forzata narrativa, sono quindi due: il Cloud di Google, AWS o Microsoft oppure “on premise”. Ma siccome c’è ormai un solo unico e inderogabile imperativo, ossia “Cloud”, anzi “Cloud First”, allora questo deve essere per forza quello di Google, Amazon o Microsoft. O magari tutti e tre, per non creare tensioni, e magari ciascuno con un “prestanome” nazionale che plachi ogni preoccupazione.

Key4biz. Come fanno a far affermare questa narrativa?

Antonio Baldassarra. Tutto poggia su alcune distorsioni generate da falsi convincimenti che non rispecchiano la realtà. Sono convincimenti creati ad arte che generano tutta una serie di reazioni a catena, i cui effetti dovrebbero essere accuratamente valutati da chi ha responsabilità di governo. Infine, questa narrativa non altera e distorce il solo ambito del Cloud, perché genera esternalità negative che si propagheranno dal Cloud della Pubblica Amministrazione alle imprese, passando per il mondo della ricerca e delle università, un settore, quest’ultimo, che potrebbe essere mortificato e desertificato irrimediabilmente da tale narrativa.

Key4biz. Uno dei rischi maggiori sembra essere la ideologizzazione dei processi di digitalizzazione e la beatificazione di poche oligarchie digitali americane presentate come salvatori della Patria, quale è la sua opinione?

Antonio Baldassarra. Chi può negare la potenza e la pervasività delle infrastrutture erogate dalle multinazionali USA? Occorre però fare un appunto sulle esigenze IT della Pubblica Amministrazione italiana. Non sempre queste esigenze richiedono enormi architetture ridondate su scala mondiale o con capacità di archiviazione infinita e necessità di CDN (Content Delivery Network) globali che sono, ad oggi, i veri punti di forza dei Big Tech che sono, appunto, operatori globali.

Key4biz. Ci spieghi meglio…

Antonio Baldassarra. Per circa il 40% le esigenze IT dichiarate della Pubblica Amministrazione italiana sono modeste e per un altro 40% quasi inutili. La parte importante coincide con il 20% della spesa attuale, assimilabile, paradossalmente, per lo più all’IT legacy in uso delle procedure “core” delle amministrazioni centrali.

Una riprogettazione seria dei processi potrebbe senz’altro permettere la costruzione di “qualcosa” di realmente modernizzante, senza peraltro chiudere tutto al contesto Cloud che, come metafora di delivery di risorse IT, non sempre è così funzionale alle esigenze della PA e men che meno è il “toccasana” capace di risolvere problemi che si annidano su altri piani, prevalentemente non tecnologici.

Non c’è necessità di creare una dicotomia tra Cloud dei Big Tech USA e il cosiddetto “ferro”, ovvero le apparecchiature di base per ospitare dati, a meno che tale dicotomia non sia parte della narrazione volutamente costruita dai Big Tech, gli unici interessati a ripetere all’ossessione in mantra “senza di noi il baratro”, mantra che sembra essere stato ben interiorizzato da parte consistente dei nostri decisori politici. Ma il governo ha le sue responsabilità e deve esercitarle in modo coerente e guardando all’interesse nazionale ed al futuro del Paese.

Key4biz. Perché è sbagliata questa narrazione ufficiale che altera le esigenze tecnologiche e i posizionamenti di mercato?

Antonio Baldassarra. Ogni realtà, come appena accennato, ha le sue necessità e per conoscerle bisogna studiare a fondo processi e obiettivi. I percorsi di digitalizzazione vedono spazio per IaaS, PaaS o SaaS, ma anche per l’ibrido, per l’on premise, per il virtual private cloud.

Non possiamo cancellare tutte queste risposte ad esigenze diverse con un pensiero unico sul Cloud o con una visione di mondo piatto oltre il quale c’è il nulla.

Il mondo delle Pubbliche Amministrazioni locali può, al contrario, trarre senz’altro vantaggio da una prossimità di partner IT che possano affiancarli in queste scelte e nelle attività di migrazione, garantendo inoltre un flusso costante di consulenza qualificata.

L’approccio attuale, invece, completamente e dialogicamente orientato a favore dei Big Tech, chiude le porte alla possibilità di innovare internamente, intendo con autonomia di sistema-Paese, e di fare squadra sul piano nazionale. È un approccio che chiude al progresso interno e relega i provider domestici ed europei a un ruolo subalterno. O, meglio, a un “non ruolo”. È un dato concreto che in questo processo sono stati, gli operatori nazionali siano stati semplicemente, “ignorati”.

Key4biz. C’è ancora spazio per i provider italiani ed europei nella fornitura di infrastrutture alle Pubbliche Amministrazioni? Penso innanzitutto all’Italia, ovviamente…

Antonio Baldassarra. Noi pensiamo di sì e pensiamo che sia primariamente nell’interesse delle stesse Pubbliche Amministrazioni italiane prima ancora che nelle esigenze di business degli operatori locali. È quanto meno avvilente argomentare il contrario. È un vero e proprio “schiaffo” a quanti, negli ultimi 30 anni, hanno fatto la storia di Internet del nostro Paese. Eppure la strada che si sta percorrendo è quella di una vera e propria esclusione di tutti i player nazionali (parliamo di piccole e medie aziende) dalle gare d’appalto a tema infrastrutture IT, relegandole a mendicare, nella migliore delle ipotesi, qualche subappalto elemosinato dai grandi player, magari eseguito anche in perdita.

Ma, attenzione, anche le aziende private, che sono l’altra faccia della domanda di mercato affiancata alle Pubbliche Amministrazioni, subiranno magari tale narrazione, di fatto finendo per impoverire anche esse questa parte della domanda con un ulteriore danno dei player nazionali, un danno che non si limita a questi ultimi ma che inficia una serie di opportunità di crescita industriale e di competenze del sistema-Paese. Insomma il rischio è di una vera e propria reazione a catena conseguente a scelte apparentemente sensate, o meglio ben presentate, ma fondate su ipotesi errate che sono però, magicamente, diventate assiomi che nessuno sembra voler più discutere.

Key4biz. Ma allora non esiste solo il cloud USA o c’è spazio per gli operatori italiani?

Antonio Baldassarra. Partirei dalla narrativa corrente che ci dice una grande bugia e secondo la quale non esiste un Cloud che non sia USA. Un’affermazione che nasconde una non conoscenza del mercato. A oggi in Italia c’è un livello di maturità e ampiezza di copertura nell’ambito infrastrutturale di datacenter e Cloud IaaS capace di soddisfare qualsiasi esigenza domestica. Tutti gli operatori sono in “eccesso di offerta e scarsità di domanda”, non il contrario come si vorrebbe fare credere.

Key4biz. E nell’ambito software?

Antonio Baldassarra. Nell’ambito del software, poi, il mondo open source consentirebbe, con modesti investimenti, di “farsi da sé tutto quello che serve” in ambito di Pubbliche Amministrazioni, senza necessità dei Big Tech e, nel farlo, si svilupperebbe molto know-how e valore sotto forma di esternalità positive anche e soprattutto al di fuori della PA stessa, come un piano di “rinascita nazionale” dovrebbe garantire in prima istanza. D’altro canto, i servizi “non-core business” probabilmente saranno sempre più SaaS e quindi più che un “Cloud Nazionale” bisognerebbe pensare a un framework di policy che assicuri la “portabilità” e l’integrazione di questo genere di servizi tra diversi gestori. Un concetto chiarissimo in Gaia-X, anche se molto diluito dagli intendimenti iniziali.

Key4biz. Quindi, sembra di capire, niente riuso del software oltre che penalizzazione degli operatori domestici

Antonio Baldassarra. Proprio così. In questo scenario, chiaramente a netto vantaggio del business e delle opportunità di governance statunitensi, si crea anche un altro problema. Si tratta dell’impossibilità di riuso del software e la centralizzazione con capitalizzazione del know-how e l’impossibile (oltre che inutile) trasferimento di questo verso il mercato delle piccole e medie imprese, vero motore economico del nostro Paese oltre che generatore di gettito fiscale.

Un ritorno all’approccio “legacy” in sostanza, ma che ora chiameremo “Cloud” con l’effetto di escludere dal mercato della Pubblica Amministrazione il cosmo degli operatori domestici (di dimensione medio piccola), privandoli non solo della possibilità di crescere e competere ma, in alcuni casi, minandone la stessa sopravvivenza.

Key4biz. Certamente tecnologie e mercati, ma la vicenda pone anche questioni giuridiche di non poco conto, come le valuta?

Antonio Baldassarra. Il tema della trasformazione digitale che passa per i Big Tech non tocca, infatti, solo il tema tecnologico, ma anche e soprattutto quello giuridico. L’Europa di cui facciamo parte e che dovrebbe vedere proprio le Pubbliche Amministrazioni più sensibili ai temi della compliance verso gli aspetti normativi, ha costruito – piaccia o non piaccia – un sistema normativo sulla privacy, il famoso GDPR, che rispecchia la cultura europea molto diversa da quella USA. Negli USA il quadro è più sbilanciato a favore del dato come patrimonio nazionale, mentre l’Europa, con il GDPR, è più incline a vedere nel singolo e nella sua sfera di riservatezza il protagonista.

Come evidenzia lo studio “La raggiungibilità giuridica del dato– ricerca a cura degli esperti Innocenzo Genna ed Eugenio Prosperetti -, quando si tratta di affidare i dati, teniamo conto non solo della localizzazione in senso fisico ma anche di quella giuridica. Esternalizzare i dati su provider extra-europei non sempre implica spostare i dati fuori dall’Europa. In quanto multinazionali, l’espansione dei data center avviene su scala globale. Ma se anche i dati sono ospitati in data center EU o anche in Italia, non lo è la giurisdizione di riferimento, che resta quella della prevista nel Cloud Act, e cioè quella USA, alla quale sono soggetti “naturalmente” i Big Tech. Vieppiù che dopo la sentenza Schrems II è sostanzialmente “illegale” affidare i dati di titolari europei ai soggetti statunitensi e chi lo fa opera a proprio rischio e pericolo.

Il rischio concreto è che i dati strategici di una intera nazione e per giunta quelli gestiti e custoditi proprio da quelle Pubbliche Amministrazioni che si impegnano a veicolare la massima aderenza dei cittadini ai processi, alle burocrazie, ai modelli privacy, finiranno fuori della giurisdizione europea. Su ciò non occorre aggiungere altro, se non chiedersi come questo tema possa essere “sfuggito” al dibattito nazionale in corso.

Cloud nazionale

Key4biz. E allora che ne sarà degli operatori italiani?

Antonio Baldassarra. Per gli operatori italiani si può prevedere un futuro cruciale, perché per digitalizzare il settore pubblico italiano si sta decidendo probabilmente di sacrificare gli operatori del settore Cloud italiano. Quello stesso settore che sta da tempo sul mercato nazionale, seguendo le regole del Paese, contribuendo a livello fiscale, contributivo e occupazionale. Un settore su cui si potrebbe e si dovrebbe investire di più, anche perché la cosiddetta commessa pubblica è stata storicamente uno degli strumenti più efficaci e democratici di investimento. Di fatto, la programmazione del trasferimento di ricchezza dal nostro Paese verso i Big Tech americani si trasformerà in un debito che tutti noi dovremo pagare.

E lo pagheremo in più modi: con una penalizzazione dei provider italiani ed europei, con l’impoverimento delle competenze, infine con il rischio di violazione dei dati personali, sensibili e strategici della nazione.

Key4biz. Insomma con il nostro PNRR potremmo ingrassare player statunitensi e lasciare a bocca asciutta le imprese italiane?

Antonio Baldassarra. Sì. Il vero rischio e che con i nostri soldi del PNRR contribuiremo a far crescere il PIL degli altri. E questo senza considerare il rischio di trovarsi, negli anni a venire, a commentare ancora una volta una “occasione perduta”, con scempio delle competenze e delle capacità industriali del Paese, come già avvenuto nel secolo scorso prima con l’elettronica e poi con l’informatica.

Key4biz. In effetti la storia ci ha lasciato dolorosi colpi di frusta sulla schiena…

Antonio Baldassarra. Altroché, il riferimento a quello che accadde con Olivetti negli anni Sessanta del secolo scorso ci pare quanto mai appropriato. Nel 1964 Vittorio Valletta, manager Fiat, chiamato ad “aiutare” Olivetti dopo la crisi conseguente alla morte di Adriano Olivetti e Mario Tchou disse: «…Sul futuro Olivetti pende però una minaccia, un neo da estirpare: l’essersi inserita nel settore elettronico, per il quale occorrono investimenti che nessuna azienda italiana può affrontare…». E così si chiuse un momento storico che vide Olivetti prima al mondo nella realizzazione di un computer a transistor e gettare le basi per Programma 101, che sarebbe diventato il primo personal computer al mondo usato persino dalla NASA per le missioni Apollo.

Anche allora, Vittorio Valletta decise di “affidare” il Paese agli americani dietro il convincimento che “…abbiamo bisogno di loro, non abbiamo e non ci possiamo permettere la tecnologia…”. Anche allora, come oggi, furono mortificate le migliori competenze del Paese. Anche allora come oggi una “narrazione sbagliata” fu il cardine di scelte che portarono alla desertificazione tecnologica della quale paghiamo il prezzo ancora oggi.

Key4biz. Abbiamo ancora la possibilità di far sì che “oggi non sia come allora”?

Antonio Baldassarra. La storia serve per non ripetere gli stessi errori e ci appelliamo alla esperienza e lungimiranza del Ministro Vittorio Colao e del presidente Mario Draghi affinché non solo ciò non si ripeta, ma affinché il PNRR diventi un modo, a distanza di 60 anni, per rimediare ad alcuni torti del passato, dimostrando che l’Italia è un grande Paese in una Europa forte e determinata.