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Pirateria audiovisiva: “Una rapina su scala industriale”. Il Report

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L’industria globale dell’intrattenimento subisce danni per “miliardi di dollari” a causa della criminalità online, ma un ruolo chiave è giocato anche dalle grandi piattaforme tecnologiche, tra cui Amazon, Google e Microsoft.

Il Report di Enders

La pirateria online e in particolare audiovisiva è responsabile di danni economici a tutta l’industria del settore dei contenuti digitali. Il nuovo report pubblicato da Enders Analysis rappresenta una denuncia articolate e approfondita contro lo sfruttamento di contenuti audiovisivi protetti da copyrigt, con un focus specifico sullo streaming illegale di eventi sportivi e canali premium.

Il documento, dal titolo Video Piracy: Big Tech is Clearly Unwilling to Address the Problem, descrive il fenomeno come un’autentica “rapina su scala industriale” che danneggia duramente broadcaster come Sky e organizzazioni sportive come la Premier League, generando perdite stimate in miliardi di sterline ogni anno solo in Gran Bretagna.

Claire Enders, fondatrice della società e veterana delle battaglie contro la pirateria, ha dichiarato in un articolo sul Financial Times che l’industria globale dell’intrattenimento subisce danni per “miliardi di dollari” a causa del fenomeno.
I dati su cui si basa il report provengono da operatori di primo piano come Sky UK e mostrano un’ampia convergenza tra analisi indipendenti e preoccupazioni dell’intero settore dei contenuti.

Il ruolo delle Big Tech

Nel mirino dello studio ci sono anche le grandi piattaforme tecnologiche. Come riportato anche dalla BBC, spesso descritte dall’analisi come “ambigue” nei comportamenti e accusate di “inerzia” di fronte al problema e soprattutto le richieste dell’industry.

Una delle principali accuse è rivolta ad Amazon, a causa della diffusione dei dispositivi Fire Stick, utilizzati in massa per accedere a contenuti pirata. Secondo Sky, il 59% degli utenti che hanno consumato contenuti illegali tramite dispositivi fisici negli ultimi 12 mesi, lo ha fatto con un prodotto Amazon.

Il report definisce questi dispositivi “abilitatori di pirateria” e critica Amazon per vendere hardware “a basso costo e a bassa frizione”, facilitando così l’accesso ai flussi illegali. Pur non essendo direttamente responsabile della loro modifica, Amazon viene accusata di non fare abbastanza per prevenire usi impropri.

Anche Google e Microsoft finiscono nel mirino per l’inadeguatezza dei loro sistemi DRM, Widevine e PlayReady, accusati di essere ormai “obsoleti e compromessi”.
Secondo Enders Analysis, questi strumenti non sono più in grado di proteggere adeguatamente i contenuti di alta qualità, alimentando indirettamente l’ecosistema pirata.

L’impatto della pirateria sull’industria audiovisiva, i rischi informatici che gravano sui consumatori

Il danno economico alla filiera creativa è solo una parte del problema. La diffusione dei flussi illegali espone anche i consumatori a gravi rischi informatici: malware, phishing, furto di dati e frodi legate all’uso di carte di credito su piattaforme non sicure sono all’ordine del giorno.

La pirateria mina l’intero modello economico dell’audiovisivo, già messo alla prova dalla frammentazione dell’offerta legale (numerosi abbonamenti, aumento dei costi) e dalla crescente difficoltà a proteggere gli asset digitali.

Come ha affermato Nick Herm, COO di Sky Group, “è una crisi che colpisce direttamente chi investe in contenuti di qualità e nella loro distribuzione”.

Le soluzioni proposte dal Report

Il report non si limita alla denuncia, ma propone un’agenda d’azione che coinvolge più attori:

  1. Coinvolgimento attivo delle Big Tech: il documento chiede che Amazon, Google, Microsoft e Meta si assumano responsabilità dirette, sia nel migliorare la sicurezza dei propri sistemi (hardware e DRM), sia nel rimuovere contenuti e pubblicità pirata dalle loro piattaforme.
  2. Aggiornamento dei sistemi DRM: si chiede una ristrutturazione radicale di Widevine e PlayReady, con nuovi standard di sicurezza, una migliore architettura software e un coinvolgimento più profondo degli stakeholder dei contenuti.
  3. Azione congiunta e normativa: si sottolinea la necessità di un intervento statale più incisivo, in particolare da parte dei governi europei, affinché Big Tech cooperi obbligatoriamente nella lotta alla pirateria.
  4. Sensibilizzazione dell’utenza: educare i consumatori sui rischi dell’accesso a contenuti illegali e sull’impatto che questo ha sull’economia creativa è parte integrante della strategia.

Non tutti sono d’accordo

Non mancano tuttavia le critiche a questa lettura. Alcuni osservatori, infatti, hanno notato che la narrazione del report è troppo allineata agli interessi delle grandi aziende dell’intrattenimento, con un’enfasi poco critica sulle cause di fondo, come la mancanza di offerte accessibili e flessibili per il pubblico.

Inoltre, la centralità della critica alle Big Tech potrebbe sembrare strumentale se non accompagnata da un reale impegno dell’industria tradizionale nel rendere i propri servizi più user-friendly e meno frammentati.

Il report, però, aldilà delle critiche, che vanno sempre ascoltate, rappresenta un forte richiamo all’azione su un tema di fatto concreto, problematico e sempre più cruciale.

In un panorama dominato da un consumo digitale istantaneo e globalizzato, l’equilibrio tra accessibilità, sicurezza e rispetto del diritto d’autore è diventato sempre più precario. Solo una collaborazione trasparente e strategica tra industria, tecnologia e autorità pubbliche potrà arginare davvero un fenomeno che, al momento, appare fuori controllo se lasciato a sé stesso.

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