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Piano Juncker. ChinaEu: ‘La priorità di Pechino dovrebbe essere il digitale’

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La Cina investirà una cifra compresa tra 5 e 10 miliardi di euro e potrebbe diventare il principale contributore extra-Ue al Piano d’investimenti Ue da 315 miliardi presentato dal presidente Jean Claude Juncker.

Come anticipato nei giorni scorsi dal sito Euractive, la Commissione europea e la Cina hanno concluso il le operazioni tecniche necessarie per consentire la partecipazione di Pechino al piano di investimenti da 315 miliardi varato lo scorso ottobre dal presidente Juncker.

La Cina investirà una cifra compresa tra 5 e 10 miliardi di euro, che potrebbe portarla a diventare il principale contributore extra europeo al Piano d’investimenti Ue da 315 miliardi presentato dal presidente Jean Claude Juncker nel novembre dello scorso anno per rilanciare la crescita e l’occupazione.

Contributo che, secondo l’associazione ChinaEu, dovrebbe essere destinato principalmente a progetti nel settore strategico del digitale per consentire alla Cina di restare competitiva nell’economia globale.

Pechino ha annunciato la sua disponibilità a partecipare al piano Juncker lo scorso settembre, in occasione della visita del vicepresidente della Commissione Jyrki Katainen in Cina. L’associazione ChinaEu, presieduta da Luigi Gambardella,  è stata tra i primi promotori del coinvolgimento della Cina, che si è potuto concretizzare in così breve tempo anche grazie all’impegno dell’ambasciatore cinese Yang Yanyi, della Chinese Mission e del Governo di Pechino.

“Il digitale è il futuro e riteniamo che questo futuro sia nelle mani della Cina”, sottolinea l’associazione in una nota.

La Cina, spiega ChinaEu, “è il principale mercato internet, tlc e hi-tech al mondo ed è anche quello che continua a registrare  la crescita più veloce. Ha superato, ad esempio, la Ue e gli Usa nell’implementazione del 4G ed è ora ben posizionata per guidare lo sviluppo del 5G e la definizione degli standard” legati alla tecnologia a banda larga mobile di prossima generazione.

La Cina è diventata insomma “una superpotenza dell’economia digitale dimostrando la capacità di generare vere e proprie innovazioni tecnologiche”.

Gli investimenti, secondo ChinaEu, nel digitale dovrebbero essere quindi una priorità per la Cina.

“Sarebbe un’ottima cosa se la Cina potesse creare un fondo per le tecnologie digitali in Europa. Si potrebbero così non solo generare numerose opportunità di business tra Cina ed Europa e aumentare l’impegno della Cina nel mercato digitale europeo ma si potrebbe anche, allo stesso tempo, inviare un segnale positivo di reciproca fiducia e di una visione condivisa del futuro”.

Ricordiamo che Europa e Cina hanno già unito le forze sul 5G siglando a settembre un accordo di reciprocità che impegna le due economie a lavorare congiuntamente alla standardizzazione e allo sviluppo del 5G e che, nel lungo termine, garantirà alle imprese europee un migliore accesso al mercato cinese.

A luglio, nel corso della sua visita a Bruxelles su invito di ChinaEu, il ministro Lu Wei ha parlato di realizzare una ‘Via della seta digitale’ tra Europa e Cina.

“Ci piace questo concetto e ci piacerebbe vedere aziende europee e cinesi collaborare sul 5G, l’ultrabroadband e l’eCommerce”, auspica allora ChinaEu.

Tra le principali iniziative dell’associazione, il lancio del China-EU Digital Research Center che avverrà entro quest’anno grazie al supporto del China Internet Development Foundation (CIDF).

Il centro di ricerca lavorerà in maniera sistematica al monitoraggio e al confronto tra le legislazioni e le normative sul commercio elettronico, i servizi cloud, la protezione dei dati, le reti 5G, i diritti d’autore e i brevetti. Tutto questo grazie alla collaborazione tra le università cinesi ed europee e col fine di fornire una migliore comprensione del contesto normativo e di rimuovere tutti gli ostacoli inutili per il commercio bilaterale e gli investimenti.

Nel prossimo futuro, informa infine ChinaEu, prenderà forma un’altra iniziativa, battezzata SilkCamp. Si tratta di un programma di supporto alle startup cinesi per aiutarle a destreggiarsi in Europa e, viceversa, a quelle europee per crescere in Cina.