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Perché ora Pechino ce l’ha con i suoi “gioielli” tech? Intervista a A. Zhang, esperta di diritto cinese

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Intervista a Angela Zhang, esperta di diritto cinese ed autrice del libro “Chinese Antitrust Exceptionalism”, per capire perché la Cina ha, improvvisamente, rafforzato la politica antitrust nei confronti dei suoi “gioielli” tecnologici? Una nuova tattica nella tech war con gli Usa e una nuova strategia per migliorare i rapporti con l’Ue?

Storicamente, i regolatori cinesi hanno concesso ai propri “gioielli” tecnologici molta più libertà di quella concessa ai media di proprietà statale strettamente controllati.
Pechino ha permesso alle aziende tech di beneficiare di politiche per tenere a bada i concorrenti stranieri e ad attirare il capitale umano in queste società cinesi. In cambio, le tech company hanno aiutato lo Stato cinese nella sfida per la supremazia tecnologica globale e a promuovere il suo modello tecnocratico di sorveglianza, investendo nel sistema di credito sociale e nel riconoscimento facciale.

Dunque, Pechino, prima, ha fortemente favorito con la deregulation e gli aiuti di Stato i suoi giganti tech:

  • da Alibaba a Tencent passando per ByteDance, proprietaria di TikTok, fino a Didi, la “Uber cinese”. 

Ora l’amore appare finito. 

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L’ascesa della nuova politica antitrust cinese, le vittime eccellenti

Infatti, la Cina sembra voglia “ingabbiare” le sue creature tech, quasi preferisca far perdere loro miliardi di dollari, bloccando lo sbarco in Borsa. 

La prima vittima eccellente dell’ascesa della politica antitrust è stata Alibaba, bloccata a novembre 2020 a poche ore dall’Ipo dalla doppia quotazione da 35 miliardi di dollari a Shanghai e Hong Kong e poi anche multata con 2,8 miliardi di dollari per aver violato le regole della concorrenza. 

L’ultima società tech cinese a subìre il “fuoco amico” è stata Didi Chuxing, la “Uber locale”, con 600 milioni di utenti. La società ha debuttato a Wall Street il 22 giugno scorso. Nei suoi confronti l’Amministrazione del cyberspazio della Cina (Cac) ha aperto un’inchiesta, che ha causato un tracollo miliardario, un quinto della capitalizzazione della società. E il regolatore cinese ha ordinato agli app store di rimuovere l’applicazione nel Paese a causa di “gravi violazioni della legge e dei regolamenti” nella raccolta e nell’uso dei dati personali.

Invece, Tik Tok, per evitare una debacle economica, come quella di Didi, ha deciso di sospendere a tempo indeterminato i propri piani per una quotazione dell’estero dopo che i funzionari del governo cinese l’hanno invitata a concentrarsi sulla gestione dei rischi per la sicurezza dei dati. ByteDance, l’holding che detiene la popolare app cinese – valutata 180 miliardi di dollari – stava pianificando un’offerta pubblica iniziale negli Stati Uniti o a Hong Kong.

Cybersecurity e data protection, le nuove leggi in arrivo

Infine, nel Paese entrerà in vigore a settembre anche la legge sulla cybersecurity, che infliggerà pesanti sanzioni in caso di gravi violazioni, tra cui la sospensione dell’attività, revoca delle licenze commerciali e sanzioni fino a 10 milioni di yuan (1,55 milioni di dollari). Inoltre, è in fase di deliberazione un disegno di legge sulla protezione dei dati personali e il ministero dell’Industria e della tecnologia dell’informazione ha dichiarato lunedì di aver pubblicato una bozza di piano d’azione triennale per sviluppare l’industria della sicurezza informatica del Paese, stimando per il settore un valore più di 250 miliardi di yuan (38,6 miliardi di dollari) entro il 2023.

L’intervista ad Angela Zhang

Ma come mai la Cina, a sorpresa, ha cambiato approccio con i suoi giganti tecnologici?

Una nuova tattica nella guerra tecnologica con gli Stati Uniti, non immediatamente comprensibile, e parte di una nuova strategia della Cina con l’UE?

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Analizziamo le nuove regole di Pechino con l’intervista a Angela Zhang, esperta di diritto cinese ed autrice del libro “Chinese Antitrust Exceptionalism”, per comprendere l’ascesa della politica antitrust in Cina.

Key4biz. Tik TokAlibaba, Tencent, Meituan, Didi e gli altri giganti cinesi del web erano elogiati da Pechino come orgogliosi ambasciatori della diplomazia economica cinese e rappresentanti delle conquiste tecnologiche del Paese. Il loro successo fino ad oggi è stato alimentato dalla deregulation. Come spiega l’uso improvviso della politica antitrust e della regolamentazione sulla protezione dei dati e sulla sicurezza informatica contro i gioielli tecnologici cinesi?

Angela Zhang. Non credo che la Cina si stia comportando in modo diverso dalle attività regolatorie che Europa e Stati Uniti stanno adottando, perché queste azioni normative contro le società tecnologiche sono in realtà attese da tempo. La Cina ha adottato un approccio molto lassista nella regolamentazione del suo settore tecnologico e che ha facilitato la crescita esponenziale dei giganti tecnologici cinesi, ma allo stesso tempo questa deregulation ha causato molti problemi in termini di antitrust, di sicurezza informatica e problemi di regolamentazione dei dati. Quindi, considero l’azione del governo solo una risposta per affrontare tutte queste urgenti preoccupazioni normative.

Key4biz. Nel suo libro scrive che la Cina ha trasformato la legge antitrust in una potente arma economica, che ora utilizza nella tech war Sino-Usa. Perché analizza in questo modo l’”eccezionalismo dell’antitrust cinese”? 

Angela Zhang. Ho scritto questo nel contesto della guerra tecnologica tra Cina e Stati Uniti. Gli Stati Uniti stanno aumentando il controllo sulle società tecnologiche cinesi e stanno sanzionando e vietando le forniture ad alcune delle più importanti società cinesi come HuaweiZTE. In risposta, la Cina vuole vendicarsi contro questa aggressione americana e ha identificato l’antitrust come uno strumento molto utile per raggiungere i suoi obiettivi normativi, come un potente colpo di mano contro gli Stati Uniti. Una cosa importante da notare è che l’antitrust, simile alle sanzioni statunitensi, consente al governo cinese di esercitare un controllo extra-territoriale sulle pratiche commerciali estere; questa è la cosiddetta ‘giurisdizione a braccio lungo’ che la Cina può esercitare anche sulle società statunitensi, sia che stiano effettuando fusioni, acquisizioni o facendo affari all’estero. Fino a quando queste pratiche commerciali hanno un impatto sufficientemente ampio sul mercato cinese, il governo di Pechino può interferire con queste pratiche commerciali. In questo modo la Cina può utilizzare questa modalità per vendicarsi contro la giurisdizione degli Stati Uniti sulle società tecnologiche cinesi.

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Key4biz. Il governo cinese vuole valorizzare, agli occhi dell’Europa e degli Usa in particolare, “the rule of law” e porre fine alla deregulation?

Angela Zhang. Sì, la Cina sta cambiando il suo modello normativo da molto lassista a uno più severo e rigido. Ci sono molti fattori che guidano questi cambiamenti, ma hai assolutamente ragione sul fatto che il governo cinese stia cercando di stabilire regole e limiti con cui le aziende tecnologiche cinesi possano lavorare e, allo stesso tempo, influenzare la vita di chi vive in Cina. 

Key4biz. Pechino con la nuova e aggressiva politica antitrust e di data e cybersecurity compliance, vuole ribadire che in Cina comanda il partito comunista sulla anarchica digital economy?

Angela Zhang. Dipende da come analizzi il fenomeno. Anche i regolatori sia in Europa sia negli Stati Uniti stanno cercando di limitare l’influenza della grande tecnologia, quindi fondamentalmente non vedo che ciò che sta facendo il governo cinese sia diverso dalle altre giurisdizioni. Ma a causa delle crescenti concentrazioni e dell’influenza nell’economia e nella vita sociale cinesi, il governo vuole aumentare il controllo sulle attività di questi giganti della tecnologia.

Key4biz. La nuova regolazione del governo nasce anche per difendere i dati degli utenti cinesi dalle richieste di accesso da parte delle autorità Usa? Come prevede il Cloud Act e la section 702 di FISA (Foreign Intelligence Surveillance Act). E quindi in questo modo la Cina vuole difendere i suoi asset tecnologici e la sua sovranità digitale?

Angela Zhang. Molti paesi, compresi quelli europei, parlano di sovranità digitale e anche Pechino ha un concetto simile. Nel caso della Cina, penso che il governo ponga un’enfasi molto importante sulla protezione dei dati personali, specialmente quando si tratta di problemi di trasferimento di dati transfrontalieri. Dobbiamo anche tenere a mente che questo controllo approfondito del trasferimento dei dati si verifica nel contesto del crescente antagonismo americano nei confronti della Cina, poiché i regolatori stranieri aumentano la supervisione sulle società cinesi, con leggi specifiche, come hai evidenziato, facendo pressioni sulle società cinesi per la consegna di più dati. Lo vedo come parte di un fenomeno di interdipendenza normativa che documento nel mio libro. Il modo in cui la Cina è regolamentata, di conseguenza, ha un impatto su come la Cina definisce la sua regolamentazione.

Key4biz. Perché la sicurezza dei dati è stata elevata a una priorità di sicurezza nazionale in Cina, che non deve essere sottovalutata dalle queste aziende? 

Angela Zhang. Dobbiamo distinguere tra diversi tipi di dati. In Cina, la legge sulla protezione dei dati classifica i dati in diverse categorie in base alla loro importanza e priorità. Per alcune grandi piattaforme online cinesi, a causa della loro influenza e capillarità di successo, controllano enormi quantità di dati personali. Un esempio di spicco è Didi, appena stata quotata negli Stati Uniti: l’app, non solo gestisce centinaia di milioni di dati degli utenti, ma controlla anche alcune delle informazioni geografiche sulla Cina, e ciò sembra costituire una potenziale preoccupazione per la sicurezza nazionale, qualora i dati dovessero trapelare. Dobbiamo fare un’analisi caso per caso per valutare quando i dati di una determinata azienda potrebbero diventare una questione di sicurezza nazionale e per le piattaforme molto grandi potrebbe essere necessario prestare maggiore attenzione a questo problema.

Key4biz. Secondo lei, quale azienda tecnologica sarà la prossima vittima delle normative cinesi?

Angela Zhang. Ogni grande colosso tecnologico cinese potrebbe essere suscettibile al rischio antitrust, ma allo stesso tempo dipende anche da come queste aziende si adattino e rispettino le normative. Se si comportano e si adattano rapidamente alla richiesta normativa, è improbabile che vengano presi di mira nelle prossime indagini antitrust. Si tratta di un processo molto dinamico, che non coinvolge solo il regolatore, ma dipende anche dalla risposta delle aziende.

Key4biz. Nel suo libro parla di una chiara interdipendenza tra il modo in cui la Cina regolamenta e il modo in cui è regolamentata la Cina. Possiamo sperare in un futuro allineamento normativo tra Cina, Usa e Ue?

Angela Zhang. Nel mio libro ho concluso con una nota di speranza. Mentre la Cina può tenere in ostaggio società straniere utilizzando la sua legge antitrust o altri controlli normativi, i governi stranieri possono, allo stesso modo, tenere in ostaggio società cinesi; e lo abbiamo già visto negli ultimi anni. Sia l’UE sia gli Stati Uniti hanno rafforzato il loro controllo sulle società tecnologiche cinesi. Il fatto che le parti possano ‘tenere in ostaggio’ le aziende tech è in realtà un fattore positivo, perché questo ‘scambio di ostaggi’ può facilitare la cooperazione tra Usa, Ue e Cina per trovare una probabile pace.

Si ringrazia per la collaborazione Claudia Vernotti, direttrice di China Eu.

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