Analisi

PAdigitale. La burocrazia non ama l’innovazione (tanto meno quella digitale)

di Donato A. Limone, Ordinario di informatica giuridica e Direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche ed economiche, Università degli studi di Roma “Unitelma Sapienza” |

La Pubblica Amministrazione non ama il digitale. Tra riforme problematiche e critiche, come uscire da questo 'blocco' istituzionale e culturale?

La rubrica PAdigitale, a cura di Donato A. Limone, Ordinario di informatica giuridica e Direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche ed economiche, Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza. Analisi e approfondimenti sul processo di attuazione della Riforma della PA. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

La burocrazia non ama le innovazioni. Tanto meno l’innovazione digitale. L’affermazione che facciamo è “forte”, dura, senza via di fuga. O si affronta il tema senza mezzi termini e con competenza oppure continueremo a subire la burocrazia che a sua volta si trova all’angolo ed in difficoltà (effettivamente la burocrazia oggi costituisce uno degli elementi che blocca lo sviluppo socio-economico del Paese). Il problema non si può restringere solo all’utilizzo delle tecnologie (senza toccare gli aspetti istituzionali, organizzativi, ecc.) ma soprattutto perché l’amministrazione digitale si presenta come un nuovo modello di amministrazione e di relazioni tra cittadino e burocrazia. Quindi, il tema è più di fondo e più ampio. E si deve affrontare partendo dalla situazione attuale ed eliminando da subito alcuni luoghi comuni quali  “la burocrazia è il male di tutto”, “abbiamo molta burocrazia ed inutile”, la” burocrazia ci costa molto”, ecc.  Questi luoghi comuni non hanno senso: il tema all’ordine del giorno è invece “la burocrazia è utile, funzionale, necessaria per migliorare i rapporti tra Stato, cittadini ed amministrazione; quale burocrazia “oggi” nella società dell’informazione, della trasparenza, della partecipazione?”.

La situazione oggi

L’amministrazione non semplifica il suo modo di rapportarsi ai cittadini: dopo 27 anni dal varo della legge 241/90 i cittadini hanno sempre difficoltà per conoscere come presentare una istanza con facilità, quale è l’iter di un procedimento, come affrontare le questioni senza “ambiguità”; tempi di risposta certi e veloci.

L’amministrazione tende ad essere “opaca” e non trasparente: grandi difficoltà per esercitare i diritti di informazione e di accesso (oggi abbiamo norme recenti che “complicano” il tutto). Bisogna sempre fare ricorso alla giustizia amministrativa per esercitare questi diritti: e il tutto dovrebbe essere facilitato dall’utilizzo dei siti web.

La Burocrazia non accetta il nuovo modello di amministrazione digitale: l’attuazione del Codice dell’amministrazione digitale (dlgs 82/2005) presenta problemi e quindi tutto si blocca. Molta confusione tra i principi del Codice e le regole tecniche.

I servizi amministrativi in rete sono un miraggio; nel settore privato, per es. commercio elettronico e banca digitale, i servizi sono in grande evoluzione positiva..

Come affrontare il problema al di fuori dei luoghi comuni e delle facili analisi.

 

L’analisi di contesto

Se vogliamo un’amministrazione digitale perché siamo nella società dell’informazione e se vogliamo un’amministrazione trasparente e semplificata dobbiamo osservare se il “contesto” politico-amministrativo presenta particolari “vincoli” da eliminare, se intendiamo procedere verso un cambiamento forte e necessario per un’amministrazione moderna.

Non vi è dubbio che se la politica (il sistema dei decisori pubblici) si presenta “debole”, non in linea con i bisogni dei cittadini, con una dirigenza politica particolarmente non qualificata (senza cultura politica, amministrativa, manageriale, ecc.), allora la burocrazia (i decisori amministrativi che devono attuare ciò che i decisori pubblici programmano) acquisisce potere in quanto tende ad occupare lo spazio della politica.

Politica debole, burocrazia forte. Il principio di omeostasi tra poteri salta e i cittadini non sono al centro dell’attenzione né della politica né dell’amministrazione. Questi due soggetti sono molto presi in una lotta di potere (le competenze, gli adempimenti, le regole del gioco, ecc.) per dare risposte adeguate ai cittadini e contribuenti (i cittadini che pagano gli stipendi ai decisori politici ed amministrativi). Se tocchiamo poi l’aspetto manageriale della cosa pubblica, allora il tema diventa più complesso e drammatico: dirigenza non qualificata; programmazione inesistente e fittizia; controlli formali; qualità dei servizi inesistente; soddisfazione della utenza non rilevata.

Questo è il contesto istituzionale, amministrativo, organizzativo, manageriale. Fare finta che tale contesto non esista comporta la strumentale formazione di modelli di valutazione, di analisi, di soluzioni (di tipo irreale) che non aiutano affatto la situazione ad uscire dal “blocco”.

Come uscire dal “blocco” culturale, politico,  istituzionale, manageriale

Possiamo uscire dal “blocco” solo “delineando” la formazione di un “nuovo contesto”, di un “nuovo paradigma” in base al quale costruire una “nuova amministrazione”, un “nuovo rapporto” tra politica e burocrazia, tra burocrazia e cittadini, tra cittadini e politica. Non c’è un’altra strada; almeno non è stata individuata dalla politica e dai decisori pubblici una nuova strada realmente percorribile: oggi  i problemi si affrontano o facendo riforme (quali e per cosa? Ma sono necessarie?) o facendo nuove leggi (ma sulla base di quale rilevazione di bisogni?) o moltiplicando i regolamenti (il vero strumento di potere della burocrazia) o pensando che il nuovo strumento delle “linee guida” possa offrire appigli  di vero cambiamento; il tutto condito dalle “consultazioni on line” (in teoria uno strumento di democrazia amministrativa partecipata; in pratica uno strumento di moda, spesso fine a se stesso!). Il risultato è sotto gli occhi di tutti: si tratta di soluzioni giuridico-legislative scollegate da soluzioni manageriali-organizzative. Ma soprattutto non c’è uno “scenario” di riferimento basato su elementi “razionali” che devono caratterizzare il nuovo paradigma: il nuovo modello culturale di amministrazione.

Il nuovo paradigma dell’amministrazione moderna

Il nuovo paradigma culturale dell’amministrazione moderna e del rapporto tra burocrazia, politica e cittadini deve comprendere i seguenti elementi di base, fondamentali e preliminari a qualsiasi forma di cambiamento.

Gli elementi sono:

  1. Il cittadino al centro dell’azione amministrativa
  2. semplificazione amministrativa
  3. amministrazione aperta e trasparente
  4. la conoscenza, i dati come base delle decisioni e del management pubblico (politico ed amministrativo)
  5. amministrazione digitale.

In questo nuovo paradigma tutti questi elementi sono dei “valori” (non sono adempimenti, obblighi di legge, furberie burocratiche, ecc.). I valori devono essere assorbiti, vissuti, devono diventare elementi essenziali di riferimento.

Il cittadino al centro dell’azione amministrativa

Ma il cittadino (è scontato) che deve essere al centro dell’azione amministrativa: ma è così? Non credo: basta considerare l’atteggiamento delle singole amministrazioni (oltre 12.000) in tema di qualità dei servizi; valutazione della soddisfazione della utenza; risposte certe e veloci alle richieste; chiarezza nei tempi e nell’iter dei procedimenti, ecc. Il cittadino oggi può esercitare facilmente i diritti in genere e i diritti della cittadinanza digitale?

La semplificazione amministrativa

Se non si semplificano l’azione e le attività amministrative non si possono poi avviare processi di digitalizzazione, di amministrazione in rete, di qualità dei servizi (art. 15 del CAD). Senza semplificazione diventa difficile creare le condizioni di un’ amministrazione trasparente (la semplificazione è il primo punto da affrontare nella trasparenza amministrativa; se non si risolve il problema,  il resto sono chiacchiere!). Ma la semplificazione è un “valore”, non può essere un adempimento. La semplificazione permette qualità amministrativa e riduzione dei costi amministrativi.

L’amministrazione aperta: la trasparenza come valore

La trasparenza come valore e non come adempimento; oggi siamo pieni di adempimenti per diventare trasparenti; la situazione reale è che dietro gli adempimenti formali c’è il vuoto. Alla trasparenza si arriva “solo” dopo la semplificazione e adottando il modello di amministrazione digitale. Il sito diventa lo strumento fondamentale per informare, per accedere ai dati/documenti delle P.A., per erogare servizi ai cittadini. Come da tempo affermo: ciò che non c’è sul sito non esiste! E perché l’amministrazione non è attenta a pubblicare i dati/documenti; perché si costringono i cittadini a richiedere dati/documenti che devono essere già in rete; perché tante contorsioni burocratiche per non informare e per rendere difficile l’accesso?

La conoscenza e i dati per le decisioni pubbliche ed il management

Esistono i dati per permettere decisioni utili alla programmazione , al managementi, al controllo? I dati sono completi, aggiornati, validi, affidabili? Chi decide l’aggiornamento, l’affidabilità, la validità? Chi decide la qualità dell’informazione? I decisori pubblici e la dirigenza sono formati per decidere sulla base di dati? Ma se i dati non esistono o se non sono aggiornati quale è il valore legale degli stessi dati e soprattutto delle decisioni? Nelle discussioni ed analisi politiche spesso si fanno riferimenti a dati inesistenti o non conoscibili o non valutabili. E la dirigenza pubblica non opera secondo “logiche di progetto”.

L’amministrazione digitale come “valore”

L’ amministrazione digitale ,come nuovo modello di amministrazione e di relazione cittadini/burocrazia/stato, è essa stessa un valore in quanto elemento costitutivo della società dell’informazione. Dovremmo essere strutturati in amministrazioni digitali dal 2005 (anno della pubblicazione del CAD) ma le amministrazioni operano in analogico oppure operano con la situazione mista (analogico/digitale) ma certamente non offrono servizi in rete (nativamente digitali). Questa è la situazione.

La formazione per accompagnare il cambiamento

La formazione diventa essa stessa elemento costitutivo della burocrazia moderna e digitale ed è quindi veicolo primario per supportare la nascita e l’evoluzione del paradigma della burocrazia moderna. Ma i governi centrali, regionali e locali (a parte qualche rara eccezione) non investono in formazione per il cambiamento. Nella generalità dei casi non investono proprio sulla formazione oppure la formazione è per pochi.

La formazione deve riguardare i decisori pubblici, la dirigenza politica, la dirigenza pubblica: la formazione sui processi di semplificazione e digitalizzazione amministrativa, sulla qualità dei servizi, sui diritti digitali, sull’amministrazione digitale, sui servizi in rete, sui dati per il “governo”, ecc.

La formazione dei cittadini sui diritti digitali e l’amministrazione digitale, sulla trasparenza reale, sulla qualità dei servizi, sul diritto di accesso.