La bozza

PA Digitale: nuovo CAD a luglio, resta l’incognita Anagrafe Unica

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Il decreto con il nuovo CAD fissa le regole su domicilio digitale e l'obbligo di accettare l'ePayment nella PA. Ma senza Anagrafe Unica riforma a rischio

Molto probabilmente non subirà modifiche sostanziali l’ultima bozza del decreto sulla PA digitale circolata fra gli addetti ai lavori dopo il Consiglio dei Ministri di giovedì scorso, che ha dato il via alla prima tranche di 11 decreti legislativi della legge delega di Riforma della PA.

Il decreto legislativo passerà ora al vaglio delle commissioni parlamentari, che potranno dire la loro, con parere non vincolante e delle altre autorità competenti.

Lo schema di decreto legislativo recante modifiche e integrazioni al vecchio Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) – non il rifacimento da zero del codice, come auspicato da alcuni esperti – resta quindi la base concreta per verificare le novità in materia di cittadinanza e amministrazione digitale in ottica di “digital first”.

Ad ogni modo, il nuovo CAD entrerà in vigore il primo luglio del 2016.

Gli anelli della PA Digitale

C’è da dire che per allora il passaggio all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente la cui sperimentazione è partita da poche settimane (il termine è stato fissato al 31 dicembre 2017) sarà ancora nella migliore delle ipotesi a metà del guado (se i tempi fissati dall’Agid saranno rispettati).

Ma qui il timing non è un fattore secondario, perché senza SPID (la distribuzione parte a febbraio) ad esempio non è possibile l’accesso ai servizi online dell’Anagrafe Unica dei Comuni. E senza Anagrafe Unica la riforma rischia di restare sulla carta.

Appiattimento sulla PA?

 

Alcuni esperti hanno lamentato l’eccessivo “appiattimento” del nuovo CAD sulle esigenze della Pubblica Amministrazione, che in realtà dovrebbe tener conto anche delle aziende private.

Ad esempio, alcuni dubbi sono stati espressi con riferimento all’obbligo di affidare ad un responsabile unico (un dirigente) il compito di monitorare il processo di digitalizzazione negli uffici della PA centrale e locale nonché delle controllate pubbliche.

Un Cio della PA, quindi, ma per le aziende private è previsto un analogo obbligo di istituire un archivista digitale?

Altri dubbi riguardano invece una certa confusione riscontrata dagli esperti fra gestione e conservazione dei dati.

Il nuovo CAD prevede che l’obbligo di conservazione dei documenti digitali sia in carico alla PA, in altre parole il cittadino non sarà più obbligato a conservare bollette, scontrini, ricevute di pagamento di multe o mense scolastica. Se ne avrà bisogno, potrà farne richiesta tramite Spid in digitale. Ma prima che ciò si concretizzi ci vorrà tempo (non prima del 2017).

Incognita Anagrafe Unica

 

Per quanto riguarda gli aspetti innovativi del nuovo CAD, al di là del recepimento dello SPID (Sistema pubblico di Identità Digitale), la grande incognita riguarda i tempi di attuazione dell’ANPR (Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente): ce la faranno in tempo i comuni a far confluire i dati dei cittadini, contenuti nelle 8 mila anagrafiche del paese, nell’anagrafe unica entro il limite ultimo fissato per il 31 dicembre 2017?

Tra l’altro entro il 2017 l’obiettivo è raggiungere un totale di 10 milioni di utenti.

Ma troppo spesso i dati dei cittadini non sono aggiornati, sono incompleti o duplicati, l’attività di pulizia dei dati in molti comuni (si pensi a Roma) rischia (realisticamente) di sforare i tempi e andare ben oltre la fine del 2017.

Non sarà facile creare l’ANPR, anche perché l’onere è tutto a carico dei comuni (la riforma della PA è a costo zero).

Vedremo.

Domicilio digitale

 

Un’altra novità del nuovo CAD riguarda il diritto dei cittadini di indicare un domicilio digitale al comune di residenza: in questo caso, la PA e le controllate pubbliche avranno l’obbligo di recapito esclusivo via web di tutte le comunicazioni (multe, bollette, mensa scolastica ecc).

A questo proposito, il legislatore evidenzia che “il costo medio annuo di un domicilio digitale è pari al costo sostenuto dalle amministrazioni pubbliche per l’invio di una sola raccomandata –  si  legge nella bozza – Peraltro, i vantaggi della disposizione attengono non solo a una riduzione complessiva dei costi delle comunicazioni aventi valore legale, ma comportano un significativo effetto deflattivo del contenzioso in relazione alla certezza dell’invio e della ricezione delle comunicazioni. L’individuare un unico canale di notifica comporta altresì una riduzione dei costi sostenuti dalle amministrazioni per il complesso sistema di notifiche attualmente in uso”. Il domicilio digitale attivo rende peraltro illegittime le comunicazioni cartacee dalla PA al cittadino.

Stop quindi alle raccomandate dalla PA? Questo l’obiettivo della riforma, ma anche nel caso del domicilio digitale – identificato con la casella PEC o altro oggetto digitale qualificato indicato dall’Agid, in linea con il regolamento europeo eIDAS sull’identità digitale – resta centrale il ruolo dell’ANPR (Anagrafe nazionale della popolazione residente): soltanto chi è iscritto all’ANPR potrà avere un domicilio digitale e soltanto chi è iscritto all’ANPR potrà essere munito di un domicilio digitale “di default” da parte del comune, che però in mancanza di richiesta di attivazione da parte del cittadino continuerà a comunicare con lui (legittimamente in questo caso) con comunicazioni cartacee.

Pagamenti elettronici e WiFi

Il nuovo CAD prevede poi l’obbligo per la PA e le controllate pubbliche di accettare pagamenti elettronici, compresi i micro-pagamenti, basati sull’uso del credito telefonico.

Per quanto riguarda il WiFi, la PA e le controllate pubbliche favoriscono la disponibilità di connettività a Internet presso uffici pubblici e altri luoghi pubblici – in particolare scuole, ospedali e luoghi di interesse turistico – da mettere a disposizione degli utenti attraverso un sistema di autenticazione tramite SPID.