Analisi

Open Fiber al capolinea. Reset dell’azienda subito, se si vuole rilanciare l’industria delle TLC italiane

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Solo da questo reset può partire il tanto atteso riassetto del sistema delle telecomunicazioni fisse di questo Paese. Perché deve esser chiaro a tutti che non si uscirà dall’impasse dell’intera industry, se non si mette ordine innanzitutto in Open Fiber.

Regolamento di conti all’orizzonte

Ebbene ormai ci siamo. Siamo vicini alla fatidica data del giugno 2023, fatidica perché rappresenta il muro delle prime grandi verifiche ufficiali sulle gravi manchevolezze di Open Fiber. E così, tutto ciò che abbiamo scritto e previsto nell’ultimo anno riguardo al disastro della gestione di Open Fiber si è, purtroppo, puntualmente avverato. Tutto. E nessuno ha fatto nulla per interrompere questa spirale autodistruttiva. Anche il Governo Meloni sta rischiando di lasciar morire questa azienda, nelle mani di manager incapaci, un’azienda che gioca, attenzione, un ruolo fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi del PNRR. Ma ripercorriamo le tappe principali di questo disastro annunciato.

L’uscita di Enel da Open Fiber 

Nell’agosto 2021 Enel firma un accordo preliminare per la cessione del proprio 50% di Open Fiber: il 40% al fondo australiano Macquarie e per il 10% a Cassa Depositi e Prestiti (CDP) che già possedeva un 50% e che così è passata ad una quota di controllo complessiva del 60%.

L’AD di allora Open Fiber, Elisabetta Ripa, viene costretta da CDP a dimettersi anzitempo. Viene nominato ad interim un AD sempre espressione di Enel che si deve occupare della transizione per arrivare al closing dell’operazione ma, fattore fondamentale, tutte le deleghe operative dell’azienda su pressante richiesta di CDP vengono affidate in mano al neo nominato Direttore Generale Mario Rossetti.

Inizia il nuovo corso: è l’inizio della fine

Da qui inizia l’inesorabile declino dell’azienda. Mario Rossetti con incredibile faccia tosta inizia ad accusare la precedente gestione. Il paradosso è che Rossetti era parte integrante della vecchia gestione, essendo di fatto il numero due dell’azienda. Dal 2017 ricopre infatti il ruolo di Direttore Amministrativo, Finanziario e responsabile del Controllo di Gestione per conto di CDP. Non solo. Chiede di essere lui a ricevere l’incarico di redigere il nuovo Piano industriale, che prepara praticamente da solo insieme a suoi consulenti esterni, ignorando peraltro completamente gli input dei manager operativi dell’azienda. Quei manager che nei precedenti 5 anni avevano portato l’azienda, dallo stato di avvio di una start up della fibra, a crescere fino a valere 7,3 miliardi di euro. Evidentemente, questi manager non erano proprio scarsi come Rossetti lascia ripetutamente intendere ad una Cassa Depositi e Prestiti (CDP) disinteressata a capire quale sia la verità gestionale dell’azienda. 

Il 3 dicembre 2021 si formalizza il closing dell’operazione di cessione, con l’uscita formale di Enel. Open Fiber diventa quindi formalmente di proprietà di Cassa Depositi e Prestiti (CDP) al 60% e di Macquarie al 40%. Lo stesso giorno si svolge il consiglio di amministrazione che nomina Mario Rossetti Amministratore Delegato. Lo stesso CDA approva il nuovo Piano industriale, quello redatto dall’AD appena nominato, che viene presentato all’esterno in pompa magna.

Parte l’operazione “epurazione”

Mario Rossetti inizia quindi la sua “epurazione” e tutti i manager apicali più bravi e capaci della prima linea, quelli che conoscevano davvero il business, ma che erano rei di aver criticato il Piano da lui redatto, vengono forzati a lasciare l’azienda. Il tutto avviene con modalità discutibili, sicuramente non degne di una azienda di Stato, e in totale sprezzo del Codice Etico dell’azienda, di CDP e di quello di Infratel a cui la stessa Open Fiber deve attenersi. Ma, come si sa, l’Italia è il Paese dove nessuno fa i controlli.

L’atmosfera all’interno dell’azienda diventa minacciosa e chiunque abbia mai gestito una azienda sa che questo è il miglior modo per interromperne la crescita. Rossetti, che infatti non ha mai gestito un’azienda ed evidentemente non conosce queste banali regole manageriali, è ormai colpito da delirio di onnipotenza e dichiara ai quattro venti che lui adesso risolverà “tutti” i problemi, sempre ammesso che ce ne fossero di problemi veri, in una azienda appena valutata 7,3 miliardi di euro, un valore di tutto rispetto realizzato appena in pochi anni. In realtà l’ossessione di Mario Rossetti era di dimostrare di essere migliore del vertice precedente. Per questa ragione chiede anche a CDP di sostituire Franco Bassanini, considerato scomodo ed ingombrante, perché troppo visibile ed al quale fa un contratto di consulenza con una clausola che impedisce all’ex ministro di parlare all’esterno di temi riguardanti il settore. È curioso notare che la scusa suggerita da Rossetti è di dire che debba essere nominata una donna per questioni legate alle quote rosa. Scusa palesemente falsa visto che il nuovo presidente, eletto appena pochi giorni fa, è un uomo. È chiaro che Franco Bassanini è stato fatto fuori in malo modo, da colui che egli stesso riteneva essere un suo pupillo.

Il top management viene rimpiazzato da nuovi manager che nessuno nell’industry conosce. Saranno anche brave persone, ma per portare avanti un progetto industriale come quello di Open Fiber non servono solo brave persone, servono persone capaci e competenti. Invece Mario Rossetti preferisce degli yes-men, spesso indicati da CDP, digiuni della materia e che quindi necessitano di una curva di apprendimento che purtroppo ha fatto perdere e continua a fare perdere troppo tempo all’azienda.

Open Fiber non ha mai risposto ai nostri inviti a chiarire 

Dalle pagine del nostro giornale ci permettiamo, da alcuni mesi a questa parte, di obiettare e, dati alla mano, cominciamo a denunciare la criticità della situazione. Veniamo ‘attaccati’ da Open Fiber che ci accusa esplicitamente di portare avanti una campagna denigratoria invitandoci ad una mediazione giudiziaria. Ci rendiamo anche, da subito, disponibili ad ospitare sulle nostre pagine ogni obiezione e dichiarazione di Open Fiber in risposta a quanto da noi denunciato, ma ad oggi niente ci è mai stato obiettato. Nessuno, da parte di Open Fiber, ha mai confutato i nostri articoli ed i numeri che abbiamo snocciolato con precisione e puntualità millimetrica. A differenza di Open Fiber che faceva solo generici proclami grazie alla collaborazione di testate compiacenti. 

Purtroppo anche chi avrebbe dovuto prendere provvedimenti a seguito delle nostre denunce: a) l’allora Presidente Barbara Marinali, responsabile dell’Internal Audit, b) gli AD di CDP Equity e di CDP, azionisti di Open Fiber, e c) incredibilmente neanche Macquarie, che immaginavamo più interessata al ritorno del proprio investimento, sono stati tutti totalmente assenti.

Notizie false e tendenziose

È chiaro a tutti che, in questa situazione, sarà impossibile rispettare i tempi previsti per l’ultimazione del cablaggio delle Aree bianche. Ma Rossetti imperterrito continua a dire ai giornaloni, che naturalmente registrano come megafoni e non fanno alcuna domanda, che finalmente l’azienda è rilanciata e marcia verso il Sol dell’Avvenir. Si parla di incredibili accelerazioni dei cablaggi e si aggiunge che tutto va bene e che a giugno 2023 tutto sarà ultimato. Ma non una virgola coincide con il vero.

Le prime a saltare saranno le Aree Bianche

Ed eccoci qua. Siamo arrivati ormai a pochi giorni dalla fatidica data del giugno 2023 ed Open Fiber non terminerà il cablaggio delle Aree Bianche. Non è neanche a metà: 2,6 milioni di case coperte contro i 6,4 milioni previsti. 

Open Fiber afferma di aver concordato un rinvio della fine dei lavori all’ottobre 2024 con il Mimit e con Infratel, come scrivono sul loro sito ufficiale. Da nostra informazione questo è assolutamente falso e dovrebbe bastare a far rimuovere quell’AD che non ha rispettato nessun target previsto nel Piano industriale che lui stesso ha preparato. Ed è anche la conferma che quei manager che lui ha allontanato avevano ragione. Era un Piano irrealistico fatto da chi non ha idea di cosa voglia dire gestione operativa di un’azienda.

Di fronte agli evidenti fallimenti, Mario Rossetti per coprire le proprie responsabilità non si risparmia nel dare colpe alla gestione precedente, ma viene difficile a chiunque potergli credere. Del resto il Piano industriale disatteso lo ha preparato lui, non la gestione precedente. Il management che doveva implementarlo lo ha scelto tutto lui, non c’è nessuno della squadra precedente a sabotarlo. O meglio, qualcuno della squadra precedente è rimasto, ma sono tutte figure di secondo piano, oltre a lui stesso, il “galleggiante” Direttore del Personale Ivan Rebernik e Francesco Nonno, che dovrebbe occuparsi di aspetti regolamentari, ma che, come il prezzemolo, lo si trova presente su tutti i tavoli, tecnici, commerciali, legali, strategici, della comunicazione, come una sorta di Houdini delle competenze universali. E, infatti, i risultati si vedono.

Ecco perché le colpe sono tutte e solo di Mario Rossetti

La dimostrazione più plastica del fatto che non si possano dare colpe alla gestione precedente è il fallimento sulle Aree Grigie (che si realizza peraltro con i soldi europei del PNRR). 

Infratel all’inizio del 2022 emette un bando di gara per il cablaggio delle Aree Grigie. Nel marzo 2022, Open Fiber presenta la proprio risposta. Vince 8 lotti nel maggio 2022 e firma le Convenzioni nel luglio 2022. Tutto completamente gestito direttamente da Mario Rossetti ed i suoi consiglieri e consulenti. Ebbene, a dicembre 2022, alla verifica della prima milestone del PNRR si scopre che Open Fiber ha fatto la metà di quello che era previsto. Cosa fa allora Mario Rossetti? Dà, ancora una volta, la colpa alla gestione precedente, e poi alla guerra e all’inflazione. Manca solo di dar la colpa all’invasione delle cavallette. Tutte le sue scuse non reggono. La gestione precedente non c’era più da molti mesi. Inflazione e guerra erano fenomeni purtroppo già ampliamente noti, quando nel marzo 2022 ha risposto ai bandi e soprattutto a luglio 2022 quando ha preso formali impegni con lo Stato italiano. Ma questo a Rossetti non importa, il suo sport principale è da sempre trovare qualcuno a cui addossare le colpe delle proprie manchevolezze.

Se il detto popolare che “le bugie hanno le gambe corte” è vero, va notato che in questo caso hanno avuto le gambe più lunghe ed hanno anche corso velocemente, grazie ad omertà e coperture, ma sempre bugie sono e prima o poi qualcuno le scopre. Cosa che puntualmente accadrà anche in questo caso.

Ora Open Fiber vuol correre ai ripari, ma forse comincia ad esser tardi 

Cosa più grave è che Open Fiber sta chiedendo al Governo e ad Infratel di modificare le milestone previste per il 2023 e ha chiesto di spostarle in avanti. Questo vuol dire che quasi sicuramente si perderà una parte consistente dei soldi del PNRR.

Ma a questo punto sembra che Macquarie si sia cominciata a svegliare. È evidente che Macquarie era stata anestetizzata da CDP e da Rossetti con la scusa della Rete Unica che avrebbe consentito a Mario Rossetti di annacquare tutti i numeri dei suoi fallimenti. Purtroppo Rossetti, mal consigliato dagli pseudo strateghi di cui si circonda, non ha fatto i conti con l’Antitrust europeo e con l’irrealizzabilità della rete unica fondata sull’acquisto della rete di TIM, con CDP in conflitto di interessi. La parola fine su questa operazione l’ha messa il Comitato parti correlate di TIM. E del resto, nel rispetto della legge, non poteva fare altrimenti. L’offerta CDP-Macquarie è stata ritenuta non percorribile.

Sparito il miraggio, a questo punto Macquarie ha iniziato a guardare i conti di Open Fiber ed ha scoperto che tutto quello che noi dicevamo sulle pagine di questo giornale era vero. La preoccupazione cresce per il fatto che l’azienda dovrebbe raggiungere entro la fine dell’anno un debito monstre di oltre 6 miliardi di euro. Come è del tutto evidente, se continua cosi, gran parte del fatturato servirà solo a coprire i costi degli interessi. 

La gestione Rossetti ha praticamente solo bloccato l’operatività dell’azienda, ma, peggio, ne ha aumentato i costi e ridotto i ricavi. Chiunque abbia gestito anche una drogheria, sa che se crescono i costi ma non i ricavi prima o poi si va al fallimento. Ed infatti…

L’ultima epopea di un cantastorie

Rossetti sempre alla ricerca di scuse inizia uno story-telling sulla mancanza di risorse sul mercato. Non si preoccupa di capire, invece, se quelle che ci sono, sono usate in maniera efficiente. Con questa scusa si inventa un bel “poltronificio” e “assumificio”, come nel caso del Consorzio Network Solution. Assume centinaia di persone per scavare o forse per fare favori. Risultato. Costi che aumentano, ma la produzione di scavi rimane la stessa, se non inferiore a quella di prima. A questo punto inizia la disperazione di Mario Rossetti che continua a raccontare storie, ma si sente sempre più in difficoltà. Smette di scavare nelle Aree Nere per cercare di accelerare nelle Aree Bianche. Ma lo ripetiamo, non preoccupandosi di efficientare processi e gestione, il risultato è devastante. Si ferma il cablaggio delle Aree Nere, quelle da dove arrivano i ricavi di Open Fiber, e non accelera quello delle Aree Bianche, che nel frattempo sforano ogni previsione di budget di costo.

Nel frattempo il competitor FiberCop cabla le Aree Nere e colma completamente il gap che aveva nei confronti di Open Fiber. Addirittura i clienti storici di Open Fiber, come Vodafone e Wind, iniziano a comprare, direttamente o indirettamente, i servizi su rete FiberCop.

E ora sorgono i dubbi delle parti in commedia

Per Mario Rossetti è l’ennesima sconfitta. Gli ordini calano rispetto alla gestione precedente. Fenomeno che non si era mai verificato in nessuno degli anni precedenti. Con la gestione precedente ogni anno gli ordini crescevano. Rossetti cerca anche di incentivare gli operatori con azioni commerciali che bruciano decine se non centinaia di milioni. Ma i ricavi non arrivano. Macquarie, banche creditrici e qualcuno (pochissimi a dire il vero) in CDP cominciano ad avere qualche dubbio. L’azienda viene di fatto commissariata a mezzo di due società di consulenza estere. Macquarie evidentemente non si fida neanche dei consulenti italiani, che hanno taciuto fino ad ora a fianco di Rossetti. La ricapitalizzazione richiesta da Rossetti (si dice di 400 milioni di euro) e gli investimenti sono bloccati. I pagamenti verso i fornitori vengono rallentati. Il bilancio non approvato. Gli MBO destinati ai manager risultano non pagati.

Una corsa che si avvicina al capolinea

Insomma, come dicevamo, Open Fiber è al capolinea.

Rossetti tenta l’ultima carta e cerca di ottenere dal Governo soldi in ogni forma. Chiede 2 miliardi di euro di Voucher come aiuti di Stato, chiede 1,2 miliardi degli avanzi di gara (in pratica la restituzione degli sconti fatti al momento della gara), chiede una legge sullo switch-off mandatory (ovvero una uscita forzata dal rame) del tutto contraria alla normativa europea, chiede extra-costi, ma ovviamente e giustamente ottiene dal governo un niet su tutta la linea. 

E la sopportazione del Governo e di Infratel ha raggiunto il limite.

L’ultima insostenibile idea di Open Fiber è quella di chiedere un allungamento della Concessione, perché con uno stratagemma solo amministrativo/finanziario e non industriale si pensa di migliorare i conti. Siccome l’AD è stato incapace di rispettare tutto quello che ha detto ed è in estremo ritardo, i ricavi si allontanano. Allora per salvare i conti chiede più tempo per fare i ricavi. Da qui la richiesta di allungamento della Concessione.

Ma anche un bambino capirebbe che questa ennesima boutade è inapplicabile. La Concessione non può essere allungata. Ci sarebbero immediatamente ricorsi da parte di quelli che hanno perso o non hanno partecipato. Per fortuna c’è Bruxelles che farà da argine. La Commissione Europea non potrà mai permettere l’allungamento della Concessione. Nessuno, vogliamo sperare, in Infratel od Invitalia si assumerà la responsabilità di proporre tale iniziativa.

A questo punto ci sembra di aver detto tutto. Cosa serve per capire che Open Fiber è una azienda a controllo pubblico in stato di coma ed ha bisogno con urgenza di un reset. Solo da questo reset può partire il tanto atteso riassetto del sistema delle telecomunicazioni fisse di questo Paese. Perché deve esser chiaro a tutti che non si uscirà dall’impasse dell’intera industry, se non si mette ordine innanzitutto in Open Fiber.

Per troppo tempo CDP è stata mal consigliata da personaggi (mediatori, affaristi, intermediari) che hanno dimostrato tutta la loro inconsistenza ed incapacità, mettendo a rischio i Fondi europei e la credibilità del Paese. Ora il tempo è scaduto.

Siamo al Game Over.