l'evento

Non sarà il PNRR a risvegliare la politica dal torpore digitale. Ricette possibili per un cambiamento reale

di Andrea Lisi, avvocato, esperto di diritto dell’informatica, coordinatore di Studio Legale Lisi e presidente di Anorc Professioni |

Strategie efficaci, regole chiare e professionisti competenti: diversi sono gli elementi chiave che il PNRR punta ad accelerare per l’innovazione del Paese. Proviamo a verificare dove si continua a sbagliare. Ne parleremo anche durante l’evento “La Governance digitale e le professioni IT nel PNRR”, promosso da Agenzia Industrie Difesa in collaborazione con ANORC Professioni e organizzato da Digital & Law, che si terrà il 27 aprile, a Roma, all’Agenzia delle Dogane e Monopoli, dalle 9:30 alle 13:30.

Eppure, il digitale

L’Italia è all’avanguardia da quasi trent’anni nella regolamentazione normativa in materia di digitalizzazione e protezione dei dati personali. Eppure sembra mancare una diffusa consapevolezza in merito.

Eppure nel PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ammonta complessivamente a 235,12 miliardi di euro, la prima missione è dedicata alla “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura” e per essa sono stati stanziati 49,86 miliardi. Eppure prima dell’introduzione di questa riedizione del piano Marshall, avevamo già assistito alla messa in campo di misure quali il piano per i fondi del Next Generation EU e ai diversi tentativi di Recovery plan nazionali per il digitale.  

Eppure da tempo ricordiamo che la trasparenza amministrativa dipende dalla digitalizzazione e che questa non si ottiene (solo) con investimenti tecnologici, ma attraverso strategie di governance più complesse, articolate e lungimiranti che partano da una riorganizzazione di metodi e procedure. E per fare questo occorre partire dalle competenze necessarie a presidiare questi processi. Eppure, come se non bastasse, l’Italia ha già un Ministero dedicato all’innovazione digitale che dovrebbe coordinare la governance dei processi di rinnovamento nazionale.

Eppure, oggi, in un mondo pervaso di digitale, dove tutti i nostri cervelli sono infilati – in modo consapevole o inconsapevole – in vortici informativi e disinformativi, i nostri diritti e libertà dipendono dalle garanzie e presidi che i vari Stati democratici dovrebbero saper realizzare a tutela dei loro cittadini.

Eppure, si ha ancora la spiacevole sensazione che l’Italia sia molto indietro nella percezione effettiva di ciò che stiamo vivendo, di ciò che realmente è la rivoluzione digitale, con le sue incredibili potenzialità, ma anche con i suoi innegabili pericoli. Si ha l’amaro presentimento che non sia cessato l’innamoramento tecnologico che ha fatto compiere al nostro Paese scelte improvvisate e infantili nel suo rapportarsi con lo strumento IT, oggi travisato in infatuazione per piani e misure straordinarie di ripresa.

Del resto, il digitale

L’Italia è il Paese che ha creduto nell’esercito di volontari, i quali capitanati dal loro leader Riccardo Luna avrebbero dovuto evangelizzare digitalmente gli 8.000 comuni italiani. Operazione rivelatasi subito in tutta la sua inconsistenza come vacuo e inutile marketing, come una semplice strategia di maquillage, laddove il Sistema Paese aveva estremo bisogno di ricostruire le sue fondamenta digitali. Del restoallora fui il solo a rilevarlo con nettezza in Italia.

Del resto, come non ricordare la fede cieca verso un manager di grandissimo livello come Diego Piacentini che avrebbe dovuto rivoltare digitalmente l’Italia come un calzino. Ma come solo poteva immaginare un Paese democratico, in piena guerra di predominio digitale in mano agli OTT, di consegnare le proprie delicatissime strategie di digitalizzazione all’allora Vice Presidente di Amazon, il quale a titolo gratuito ha voluto prestare il suo servizio? Del resto, la gratuità fa sempre pagare un prezzo salato a chi confida in essa nell’era che stiamo vivendo. E lo scrivo con tutto il rispetto per ciò che Piacentini è e ha comunque fatto. Del resto, la democrazia di un Paese va tutelata senza se e senza ma.

Per arrivare a questi giorni, dove il nostro Paese ci ha svelato tutta la sua assenza di orientamento strategico in ambito IT, confidando ciecamente per combattere la pandemia in atto in strumenti, come l’app Immuni, che si sono rivelati palesemente inutili, se non organizzati all’interno di un sistema sanitario digitale, che non c’è. E finendo così per relegare l’app Immuni come strumento di controllo del green pass, snaturandola del tutto.

Del resto, sul green pass è meglio stendere un velo pietoso, perché ancora una volta si è agito d’impulso, in modo autoritario e non autorevole, stizzito e inconcludente, senza rendersi conto dei pericoli segnalati da tanti studiosi e dalla stessa Authority per la protezione dei dati personali, troppo spesso trattata politicamente come un capro espiatorio della propria inefficienza. Del resto, i databreach subiti in questo periodo o i blackout determinati da cali di tensione parlano da soli e denotano tragicamente un’assenza di lungimiranza politica in ottica digitale, dove sventoliamo innovazione digitale senza sapere di cosa stiamo parlando e innamorandoci di parole che non conosciamo.

Il convegno di Agenzia Industria e Difesa in collaborazione con ANORC Professioni, organizzato da Digital&Law, in programma per domani  27 aprile serve a questo, a confrontarsi in merito all’importanza di una riflessione profonda in materia di digitalizzazione del nostro Sistema Paese e di tutela del nostro patrimonio informativo pubblico (e privato), ragionando sulle scelte di sovranità digitale dalle quali dipende, del resto, il grado di democrazia del nostro Paese. E invece la politica sonnecchia su questi temi. E a chi ha criticato ANORC per aver deciso di invitare la Politica “sporcando” i suoi tavoli di lavoro dico solo che abbiamo tardato troppo nel decidere di farlo. Avremmo dovuto pensarci prima: confrontandoci elitariamente sulle strategie di digitalizzazione, di protezione dei dati, di costruzione delle competenze o di educazione civica digitale, senza svegliare la politica dal suo torpore, abbiamo contribuito a determinare la palude attuale.

Oggi 49,86 miliardi possono cambiare tutto, raddrizzare un Paese e catapultarlo verso gli orizzonti dell’innovazione oppure relegarlo ancora di più a un terzo mondo informativo, a una svogliata appendice che blatera di tecnologia, senza conoscerla in profondità e senza sfruttarla strategicamente. Oggi serve consapevolezza e la consapevolezza poggia le sue radici anche nella Politica e ancor di più nel Popolo. E oggi la Politica e il Popolo incredibilmente restano ai margini delle autostrade dell’informazione.

Per ragioni di capienza legate alle misure di prevenzione del Covid-19, l’ingresso è riservato su invito, ma l’intero evento potrà essere seguito gratuitamente in streaming sulla piattaforma Digeat Plus (www.digeat.it).
Spero sarete in tanti a seguirci.

Programma completo

Ringrazio per aver concesso il patrocinio all’iniziativa: Garante per la protezione dei dati personali, AgID – Agenzia per l’Italia Digitale, CNA Professioni, Galileo, Procedamus, ReCEPL – Research Centre of European Private Law, SGI – Stati generali dell’Innovazione, SIT – Società italiana di Telemedicina, Sos Archivi e Themis.