L'Appello

#Nodiffamazione: lettera aperta dei giornalisti contro la riforma della legge sulla diffamazione

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‘La nuova legge sulla diffamazione è sbagliata’. Comincia così la lettera aperta inviata ai parlamentari dove si spiegano le ragioni che hanno spinto giornalisti, associazioni e sigle sindacali a mobilitarsi contro le nuove norme.

Mobilitazione in atto contro la riforma della legge sulla stampa e in particolare contro le norme che disciplinano il reato di diffamazione attraverso i mass media.

Per portare avanti questa battaglia, decisa dall’assemblea dei giornalisti di Articolo21, è stata avviata una campagna di mobilitazione dal sito nodiffamazione.it attraverso il quale si può aderire all’Appello, scrivere ai singoli parlamentari e condividere le proprie opinioni attraverso i social e su Twitter con l’hashtag #nodiffamazione.

E inviata anche una Lettera Aperta ai parlamentari per spiegare le ragioni di questa protesta.

Questo gruppo di giornalisti, tra i quali Arturo Di Corinto che sta guidando l’iniziativa, ha subito raccolto l’adesione di molte associazioni e sigle sindacali come l’Associazione Nazionale Stampa Online, il sindacato dei giornalisti Rai, Usigrai, e la Federazione Nazionale della Stampa e ovviamente anche di nomi di spicco dell’informazione italiana come Milena Gabanelli, Marco Travaglio, Lirio Abbate, Federica Angeli o Giovanni Tizian.

Anche il direttore di Key4biz.it, Raffaele Barberio, ha prontamente sottoscritto l’Appello.

Obiettivo dell’iniziativa, ‘impedire che venga chiusa la bocca ai giornalisti scomodi’.

Per questa ragione è stata inviata ai parlamentari una lettera aperta ‘per fermare una legge sbagliata, quella sulla diffamazione a mezzo stampa perchè mette a rischio il diritto costituzionale di informare ed essere informati’.

Nella Lettera Aperta si legge: “La nuova legge sulla diffamazione è sbagliata. Doveva essere una riforma della legge sulla stampa che eliminando la pena del carcere per i giornalisti, liberava l’informazione dal rischio di sanzioni sproporzionate, a tutela dei diritti fondamentali di cronaca e di critica: il testo licenziato al Senato rischia di ottenere l’effetto opposto, rivelandosi come un maldestro tentativo di limitare la libertà di espressione anche sul web”.

La proposta di legge che sta per concludere il suo iter alla Camera dei Deputati – dove è attesa in terza lettura presso la commissione giustizia – modifica le norme sulla stampa di cui alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, ma anche al codice penale, al codice di procedura penale e al codice di procedura civile “in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione“, e reca “ulteriori disposizioni a tutela del soggetto diffamato”.

 

La proposta – si legge nella Lettera Aperta – che elimina il carcere per i responsabili della diffamazione, come chiesto dall’Europa, introduce sanzioni pecuniarie sino a 50 mila euro e prevede un obbligo di rettifica in 48 ore delle notizie di carattere diffamatorio.

“Un deterrente – spiega Arturo Di Corinto su RaiNews24 – che diventa una pistola puntata contro giornali e giornalisti”.

La legge aggiunge anche delle disposizioni che niente hanno a che vedere con la diffamazione introducendo un generico diritto all’oblio non contemperato dal diritto di cronaca, e in base al quale è possibile richiedere la rimozione del testo considerato diffamatorio anche dai motori di ricerca per siti, blog e aggregatori di notizie e non solo per le testate registrate.

Come già accaduto in passato, spiega ancora Di Corinto, si tratta di norme che se approvate, potrebbero facilmente rappresentare l’ennesimo deterrente nei confronti di un’informazione libera e indipendente soprattutto in assenza di un adeguato bilanciamento rispetto alle cosiddette “querele temerarie”.

Dieci domande ai legislatori:

  1. La prima domanda da porsi è questa: la futura legge è necessaria?
  2. La seconda: per evitare il carcere, che non è la prassi ma un’assoluta rarità, i giornalisti possono pagare un prezzo così alto?
  3. La terza: perché non si può fare una legge semplice, di un solo articolo con su scritto “è abolito il carcere” e fermarsi qui?
  4. La quarta: perché si impone una multa da 10 a 50mila euro?
  5. La quinta: perché le rettifiche devono essere prese per oro colato e pubblicate senza commento?
  6. La sesta: non sono pochi due giorni di tempo per pubblicare la rettifica?
  7. La settima: possono essere trattati allo stesso modo i quotidiani, i libri, i siti web, i semplici blog?
  8. L’ottava: perché, in una legge sulla diffamazione, viene inserito il diritto all’oblio e s’impone ai siti di cancellare in tutta fretta le notizie presuntamente diffamatorie?
  9. La nona: perché il principio della querela temeraria, la richiesta di una cifra spropositata rispetto a quanto si è scritto o detto, non viene inserito correttamente?
  10. La decima: com’è possibile che una maggioranza politica in cui il Pd è l’azionista più forte, che esprime addirittura un premier potente come Renzi, consenta di mettere il bavaglio ai giornalisti?

Lettera Aperta ai parlamentari

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