#Cosedanoncredere: tutte le insidie delle App ‘sanguisuga’

di di Massimiliano Dona (Segretario Generale Unione Nazionale Consumatori) |

La proposta dell'Unione Nazionale Consumatori:applicare un messaggio di avvertimento per ogni App che nel suo svolgimento richieda un pagamento.

#cosedanoncredere è una rubrica settimanale a cura di Massimiliano Dona promossa da Key4biz e Unione Nazionale Consumatori.
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Italia


Massimiliano Dona

A proposito di “cose da non credere“, oggi parliamo di App. Ormai le conosciamo tutti con questo nomignolo che sta per “mobile applications” e fa riferimento a quei programmi informatici che si possono facilmente scaricare sui nostri smartphone o tablet.

Ce ne sono per tutti i gusti: alcune di utilità (dal navigatore alla lista della spesa), poi quelle lanciate da operatori commerciali (dalle banche ai siti turistici o di eCommerce) e persino quelle destinate al tempo libero (dalla cucina ai giochi). Alcune sono a pagamento, ma la maggior parte sono gratuite (o almeno così sembra): quel che è certo è che il fenomeno è molto diffuso (con oltre un milione di utilizzatori in Italia), ma non del tutto privo di insidie per i consumatori.

 

Ecco perché è bene fare un po’ di attenzione: da un lato, alcune sono a rischio hacker e un recente studio avrebbe dimostrato che, anche quelle delle banche, non sono del tutto sicure; dall’altro ci sono le App “sanguisughe”, cioè quelle che ci spillano denaro a nostra insaputa e la cosa ha già destato allarme a Bruxelles dove ne hanno discusso le Autorità di vigilanza, inclusa la nostra Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. La trappola azionata da queste App è la più antica del mondo e cioè quella del cavallo di troia: si scarica gratuitamente, magari un gioco per un piccolo utente che comincia a utilizzare il tablet e non si accorge (e come potrebbe?!) che qualche clic è a pagamento.

 

Insomma ci sarà qualcosa che non va se dei 10 miliardi di euro di fatturato che l’industria delle App produce in Europa ogni anno, oltre l’80% di questi ricavi deriva dagli acquisti “in-app” e cioè non dall’acquisto dell’applicazione, ma per i soldi all’interno della stessa con la richiesta di contenuti aggiuntivi.

Il punto è che i consumatori non si accorgono di questi acquisti perché, avendo registrato in precedenza i dati della carta di credito, il pagamento non è palese. La proposta dell’Unione Nazionale Consumatori è di applicare un messaggio di avvertimento per ogni App che nel suo svolgimento richieda un pagamento; accanto a questo sarebbe opportuno che fosse nuovamente richiesta la password anche per gli acquisti “in-app”.

 

C’è poi il tema culturale: ma a voi sembra giusto che un numero crescente di App sia utilizzato per avvicinare i minori al gioco d’azzardo? Sapete quante App consentono ai minori di giocare a una specie di slot? E vi sembra giusto?

 

 

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