Fisco e web

La Ue congela la web tax e sposa la minimum tax al 15% voluta dall’Ocse e dagli Usa

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Dopo l’accordo raggiunto dai ministri delle Finanze del G20 per l’istituzione di una minimum tax al 15% per le multinazionali, Bruxelles manda in soffitta il progetto di web tax.

Dalla web tax alla minimum tax. Dopo l’accordo raggiunto nel weekend dai ministri delle Finanze del G20 per l’istituzione di una minimum tax al 15% per le multinazionali a partire dal 2023, va in soffitta il progetto di web tax che da tempo si trovava in gestazione a Bruxelles.

Uno scambio che tuttavia potrebbe risultare in un calo complessivo delle tasse sborsate dalle big tech americane, le varie Google, Facebook, Microsoft, Amazon, Netflix che in Europa, a causa del regime fiscale favorevole di alcuni paesi ed in primo luogo dell’Irlanda, lasciano soltanto le briciole. Ma che con la nuova minimum tax potrebbero continuare a versare una frazione dei loro guadagni nei paesi in cui vengono generati.

Di fatto, la decisione presa nel weekend in seno al G20 di supportare la proposta dell’Ocse per un accordo sull’aliquota minima del 15% da applicare alle multinazionali segna in qualche modo lo stop della web tax.

Leggi anche: Come porre fine all’elusione fiscale dei GAFA? Yellen: “Tassa globale per le multinazionali”. Al 21%?

Bruxelles va avanti con la web tax nonostante le resistenze degli Usa

Accordo storico al G20

C’è da dire che lo storico accordo globale dei ministri del G20 è stato accolto positivamente dalla Commissione Ue. Ma prima di cantare vittoria i sostenitori della minimum tax, con l’amministrazione Usa in prima fila, dovranno attendere il mese di ottobre, quando la proposta di standardizzazione fiscale dovrà essere ratificata da tutti gli stati membri della Ue.

C’è da dire che già l’Irlanda, insieme ad altri paesi come Ungheria ed Estonia, ha fatto trapelare la sua contrarietà nei confronti di una aliquota fiscale universale al 15%, molto bassa rispetto al 12,5% applicato da Dublino.   

Commissione Ue positiva sull’accordo al G20

Per la Commissione Europea, l’accordo del G20 “porta equità e stabilità al quadro fiscale internazionale delle società”.

“Questo consenso senza precedenti introdurrà una riforma completa del sistema internazionale di tassazione delle società”, ha affermato la Commissione Europea. “Ciò includerà una riallocazione dei diritti di tassazione che significherà che le più grandi aziende del mondo dovranno pagare le tasse ovunque conducano affari. Allo stesso tempo, un’aliquota fiscale effettiva minima globale di almeno il 15% contribuirà a frenare la pianificazione fiscale aggressiva e a fermare la “corsa al ribasso” dell’imposta sulle società”.

“Il G20 ha oggi approvato l’accordo globale senza precedenti sulla riforma dell’imposta sulle società raggiunto la scorsa settimana e ora supportato da 132 giurisdizioni“, ha affermato il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni.

“È stato fatto un passo coraggioso, che pochi avrebbero creduto possibile solo pochi mesi fa”, ha detto Gentiloni. “Questa è una vittoria per l’equità fiscale, per la giustizia sociale e per il sistema multilaterale. Ma il nostro lavoro non è finito. Abbiamo tempo fino a ottobre per finalizzare questo accordo. Sono ottimista sul fatto che in quel momento saremo in grado di raggiungere anche un consenso tra tutti gli Stati membri dell’Unione europea su questa questione cruciale”. Il piano dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) prevede che tutte le imprese multinazionali siano soggette a un livello minimo effettivo di imposta su tutti i loro profitti ogni anno.

Ha fissato il tasso di almeno il 15% e si applicherebbe a tutti i gruppi multinazionali che realizzano più di 750 milioni di euro in entrate finanziarie combinate.

Digital Tax in freezer

Ma ora l’UE ha detto alla BBC che sospenderà i suoi piani per tassare i giganti della tecnologia online alla luce degli sforzi globali per concordare un’aliquota minima dell’imposta sulle società del 15%.

“Abbiamo deciso di sospendere il nostro lavoro sul nostro nuovo prelievo digitale”, ha dichiarato alla BBC il portavoce della Commissione europea Daniel Ferrie.

“Dobbiamo porre fine alle società che spostano il reddito di capitale verso giurisdizioni a bassa tassazione e agli espedienti contabili che consentono loro di evitare di pagare la loro giusta quota” di tasse, ha affermato.

La decisione è arrivata in concomitanza con la visita a Bruxelles del segretario al Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen, che ha esortato tutti i 27 paesi dell’UE ad aderire all’accordo globale.

Piano di opposizione

Ma ci sono alcuni paesi, come già detto, che si oppongono all’accordo globale, inclusi tre paesi dell’UE come Irlanda, Ungheria ed Estonia.

Il vice primo ministro irlandese Leo Varadkar, citato dalla BBC, ha affermato che l’aliquota dell’imposta sulle società del 12,5% del suo paese ha “funzionato per l’Irlanda” e ha affermato che il piano di riforma riguardava “i grandi paesi che cercano di ottenere una fetta maggiore della torta”. “Abbiamo prelevato circa 10 miliardi di euro all’anno di imposta sugli utili delle società, il doppio di quanto fa pro capite il paese europeo medio”, ha affermato.

“È uno di quegli esempi di dove tasse basse si traducono in maggiori entrate, in un mondo in cui il capitale della ricchezza, il lavoro, le società sono molto mobili”, ha affermato.

Finora, 132 paesi hanno aderito al quadro, ma necessita della ratifica dei parlamenti di quei paesi.

Ha anche bisogno dell’approvazione del Congresso degli Stati Uniti e si teme che i repubblicani statunitensi possano tentare di bloccarlo.

La tassa digitale del Regno Unito è entrata in vigore il 1 aprile 2020, addebitando il 2% sui ricavi delle grandi aziende che forniscono un servizio di social media, un motore di ricerca o un mercato online agli utenti del Regno Unito.

Web tax fonte di tensioni transatlantiche Usa-Ue

La questione di come tassare le grandi aziende tecnologiche è stata una delle principali fonti di tensione transatlantica negli ultimi anni.

Washington ha minacciato di imporre dazi unilaterali contro le esportazioni dell’UE se i paesi dell’UE avessero adottato una tassa digitale che considerava ingiustamente discriminante nei confronti delle società statunitensi. Gli europei si sono lamentati del fatto che i giganti della tecnologia accumulano grandi profitti sul loro territorio senza pagare nulla nei paesi dove realizzano i loro ricavi.

Nel tentativo di rendere la sua tassa non discriminatoria, la Commissione europea stava ora puntando a una tassa dello 0,3% sui beni e servizi venduti online da tutte le società che operano nell’UE con un fatturato annuo di 50 milioni di euro o più.