L'evento

IPTV illegali e pirateria audiovisiva, FAPAV ‘in Italia fenomeno che coinvolge quasi 5 milioni di persone’

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Evento a Roma della Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali, i dati Ipsos: “Complessivamente 21 milioni di atti di pirateria sportiva l’anno. Il 23% del totale dei pirati di sport live, circa 1 milione di persone, ha fatto ricorso a IPTV”. Il contrasto alle IPTV illegali sotto l’aspetto civile e penale.

Ieri a Roma si è tenuto uno dei primi incontri nazionali dedicati ad un tema poco dibattuto, ma di massima rilevanza nel settore dei media e dell’audiovisivo in generale. La FAPAV, Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali, in collaborazione con la Scuola di perfezionamento per le Forze di Polizia, ha organizzato, in occasione della seconda edizione di #TuteliAmo, un seminario dal titolo “La galassia delle IPTV illegali. Sport, eventi live e contenuti audiovisivi”, dedicato al tema critico della pirateria audiovisiva e in particolar modo delle IPTV illegali.

Una tecnologia che permette a chiunque, al costo di 10-15 euro, quindi accessibile alla stragrande maggioranza delle persone, di consumare contenuti audiovisivi e televisivi in digitale, spesso in HD, e on demand per mezzo di una semplicissima connessione ad internet a banda larga o ultralarga.

Grazie ad una spesa contenuta, è possibile guardare partite e film, o serie tv, in maniera illegale e in violazione del Diritto d’Autore.

Un fenomeno in rapida crescita e diffusione, anche nel nostro Paese. Secondo le stime diffuse dalla Federazione, su dati Ipsos, si stimano circa 21 milioni di atti di pirateria di sport live all’anno e 4,6 milioni di persone, oltre i 15 anni, che guardano illegalmente eventi sportivi live.

Un dato impressionante, che lascia immaginare quali siano le ricadute negative sulle imprese dell’industria audiovisiva e culturale, anche in termini di posti di lavoro persi.

La pirateria ha un effetto dannoso sulla filiera produttiva e le imprese faticano ad andare avanti. Le forze di polizia, tra gli altri crimini, sono particolarmente attente a questo specifico fenomeno di illegalità e criminalità organizzata”, ha dichiarato nel suo intervento di introduzione Gennaro Vecchione, Generale di Divisione della Guardia di Finanza e Direttore Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia.

La Scuola, ha spiegato il Generale, affronta da tempo determinate tematiche legate alla rete e sono diversi i corsi interforze dedicati al panorama del cybercrime, soprattutto indagando il cosiddetto dark web, dove la criminalità organizzata fa profitti sfruttando numerose filiere dell’illecito.

L’evento FAPAV è una novità nel panorama nazionale, perché è la prima volta che in Italia si affronta pubblicamente il problema delle IPTV illegali. “Un tema di enorme rilevanza e un fenomeno nuovo nel settore della pirateria audiovisiva, che andava approfondito e studiato in maniera dettagliata. Il Diritto d’Autore è messo in discussione a livello internazionale. E’ in atto un confronto deciso sul copyright e per difenderlo c’è bisogno di fare sistema. La direttiva copyright in discussione in Europa e le nuove tematiche emergenti si devono affrontare lavorando assieme, creando sinergie”, ha precisato in apertura il Segretario Generale della FAPAV, Federico Bagnoli Rossi.

Il tema dibattuto oggi – ha aggiunto Bagnoli Rossi – e i dati Ipsos presentati mostrano come la galassia delle IPTV Illegali si stia radicando nel nostro Paese, diventando di fatto una nuova forma di pirateria legata non solo a film e serie ma anche ad eventi sportivi e live. La nostra Federazione, comprendendo la gravità del problema, ha voluto riunire per la prima volta tutti i principali attori che operano nell’ambito della produzione, distribuzione e tutela di contenuti audiovisivi, per capire come fronteggiare, in modo inclusivo ed efficace, un comportamento che non solo danneggia le industrie e l’economia del nostro Paese, ma va ad alimentare il mercato illecito e le organizzazioni criminali che lo gestiscono”.

L’evento odierno, ha costituito anche l’occasione per mettere a punto una strategia comune di contrasto del fenomeno delle IPTV illegali: “Siamo convinti – ha proseguito il Segretario Generale FAPAV – che serva rafforzare gli strumenti di enforcement e continuare a promuovere al contempo una cultura della legalità, soprattutto nell’ampio e diversificato mondo del web e della fruizione di offerte di contenuti digitali, mediante campagne informative che educhino al rispetto della creatività e della cultura, asset distintivi del nostro Made in Italy”.

C’è un aspetto particolare da indagare delle IPTV, capire chi c’è dietro”, ha affermato Costanza Calabrese, Giornalista TG5 e moderatrice dei panel, cercare di individuare cioè quali gruppi criminali generano illegalmente profitti a scapito dell’industria culturale e dell’audiovisivo.

Il primo intervento è di Maria Vittoria De Simone, Sostituto Procuratore Nazionale – Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo: “L’IPTV è uno degli strumenti ormai più usati per guardare illegalmente i tanti canali a pagamento, Premium e i tantissimi contenuti on demand offerti in rete. Le partite di calcio sono certamente i contenuti più piratati. C’è però da capire, ovviamente, chi siano le organizzazioni criminali che si muovono dietro a questo fenomeno”.

La criminalità, ha spiegato il Sostituto Procuratore, tende sempre a diversificare la propria azione lì dove c’è profitto, sia a livello internazionale, sia nazionale: “Con pochi euro si possono ottenere i codici e fruire illegalmente migliaia di canali. I criminali si adattano sempre a quelle che sono le esigenze del mercato, alla domanda”.

Di conseguenza, è complesso affrontare in maniera concreta il fenomeno della pirateria: “Un crimine difficile da indagare, perché diffuso su scala internazionale, con individui che sfuggono alle maglie delle forze dell’ordine, e che per troppo tempo è stato sottostimato e poco considerato. Gli stessi dati di cui disponiamo sono frammentati e di difficile interpretazione. Certo è che il fenomeno ha un elevato impatto sul mercato, con dimensioni economiche allarmanti ormai. Nell’ultima indagine, che risale al 2017, il danno in Italia è stimato in 1 miliardo di euro di fatturato, con una perdita di circa 6.000 posti di lavoro”.

Ulteriore problema, ha detto De Simone, “è la mancanza di un’azione corale contro la pirateria, perché non da tutti tale attività illegale è vista in maniera omogenea. In poche parole, spesso la pirateria è tollerata dall’opinione pubblica. In assenza ad un’azione concertata a livello internazionale, i gruppi criminali hanno emulato i modelli commerciali delle imprese legali, con ovvi vantaggi ad agire fuori dalle regole di mercato. E’ nato così un contesto commerciale parallelo e criminale, con un prodotto clonato messo in circolazione anche in anticipo rispetto alle normali programmazioni”.

Si devono rafforzare gli strumenti che sono volti a contenere il trend in crescita dell’attività pirata. Si devono pensare nuove misure e nuove strategie per coinvolgere più Paesi, con l’esigenza di una maggiore armonizzazione delle regole e delle normative. Si deve contrastare e bloccare la diffusione online di questi sistemi, la loro vendita e la loro pubblicizzazione. Si può fare con le norme ordinarie, che consentono il blocco del sito e il sequestro dei contenuti. credo che non vi siano ostacoli nella possibilità di utilizzare tali provvedimenti di blocco non solo al DNS, ma anche agli indirizzi IP statici, così da impedire la reiterazione delle attività illecite”.

Un’altra criticità, ha infine dichiarato il Sostituto Procuratore, è rappresentata ancora oggi da una normativa da ripensare, “per avviare un percorso di modifica di un impianto normativo da attualizzare, da tenere al passo dell’innovazione tecnologica e al passo dell’uso che i cittadini ne fanno. Servono nuovi strumenti penali di contrasto, soprattutto di natura patrimoniale. Anche per questo fenomeno, la strategia “follow the money” è sempre valida. Individuando le figure chiave della filiera, soprattutto chi mette in tasca il maggior profitto, si deve cercare di seguire i flussi finanziari che provengono dagli illeciti legati alla pirateria audiovisiva. Ulteriore problema, poi, nasce dal rapporto tra utilizzo di tali tecnologie e diritti individuali”.

McCoy

Oggi un’intera generazione è cresciuta in un mondo dominato da internet, parte integrante della loro vita quotidiana, ha illustrato Stan McCoy, Presidente MPA EMEA, nel suo speech: “L’Italia è conosciuta ed apprezzata nel mondo per la qualità della sua industria audiovisiva, per i contenuti che produce, per l’alta creatività e professionalità che contraddistingue i contenuti prodotti ed offerti al pubblico di tutto il mondo, ma è un’industria che va tutelata e un sapere che va difeso, anche a livello professionale. L’industria dei contenuti è stata fin dall’inizio all’avanguardia in questo nuovo ecosistema digitale, rispondendo alle esigenze del pubblico con una straordinaria varietà di film e serie tv. Un panorama digitale ricco di opportunità di crescita, ma anche pieno di insidie, tra cui la pirateria, che colpisce il nervo coperto della distribuzione. P2P, streaming, digital-tv pack piracy, sono diverse le soluzioni che i pirati offrono al loro pubblico, che vanno da una semplice connessione in rete all’utilizzo di dispositivi da connettere al televisore, come set-top-box e lettori Kodi ad esempio, fino alle ultime generazioni di applicazioni add-on che possono essere scaricate liberamente nonostante violino il copyright”.

McCoy ha poi fornito qualche dato a livello internazionale, che bene mostra il danno economico ormai causato dalla criminalità specializzata nell’online e nell’audiovisivo: “In Germania, sono 1,9 milioni gli utenti di IPTV, per 695 milioni di danni stimati al settore dell’audiovisivo e dei media, e 170 milioni di euro di perdite fiscali. Negli USA, il 6,5% delle famiglie accedono a servizi pirata e il 95% di questa pirateria fa uso di set-top-box, andando a colpire principalmente programmi premium, sport live, canali all news e opere internazionali. In Gran Bretagna, invece, negli ultimi tre mesi, circa 6,5 milioni di persone hanno fruito di contenuti piratati e il 10% della popolazione britannica ha accesso a dispositivi illegali per fruire contenuti piratati. A questi dati c’è da aggiungere un’ulteriore considerazione, esiste un bacino potenziale di 2,6 milioni di utenti che potrebbero iniziare a guardare contenuti piratati. Oltre 1 milione di device illegali per lo streaming pirata sono stati venduti in Gran Bretagna negli ultimi due anni”.

Un’ultima considerazione del Presidente MPA EMEA è per un altro aspetto poco divulgato e sempre relativo alla pirateria audiovisiva e online: “Recenti studi hanno confermato che chi fa uso di set-top-box, circa un consumatore su cinque, potrebbe rimanere vittima di attacchi informatici. Fondamentale rimane sempre la capacità di reagire dell’industria e delle associazioni di categoria, con nuove iniziative e campagne di sensibilizzazione, tra cui l’ACE, l’Alliance for creativity and entertainment, che opera a livello globale”.

In Italia il fenomeno criminale legato alla pirateria sta assumendo dimensioni molto più gravi di quello che si pensava e anche in confronto con il resto del mondo”, ha sottolineato Franco Angelo Siddi, Presidente Confindustria Radio TV.

La pirateria online danneggia la filiera dell’industria culturale e creativa, colpendo l’audiovisivo con una filiera illegale parallela. L’ultima ricerca FAPAV di quest’anno aveva evidenziato il grave problema della perdita di posti di lavoro, legata proprio al business illecito generato dalla pirateria. Le IPTV illegali sono molto insidiose per le media company. Un vero e proprio saccheggio di contenuti protetti da copyright, che provoca danni economici enormi alle imprese e all’economia nazionale. Un danno che si estende anche al mercato pubblicitario, perché vengono colpiti gli investimenti stessi, risorse vitali per l’industria audiovisiva”.

Oltre l’azione repressiva, fondamentale è quella culturaleha quindi suggerito Siddi – orientata a spiegare al pubblico che cosa sia la pirateria, che danni fa, chi colpisce e di quali strumenti fa uso. Si deve responsabilizzare lo stesso ambiente digitale. L’Agcom ha migliorato la regolamentazione attuale, introducendo strumenti più efficaci, fino al blocco dell’IPTV. Si deve allargare il significato stesso di pirateria, inaugurando un nuovo percorso internazionale nella definizione dei nuovi reati e nella repressione dei fenomeni criminali”.

Presentazione dati pirateria sportiva in Italia

Lucia Spadaccini, Senior Researcher Ipsos Italia, ha presentato i primi dati della diffusione delle IPTV illegali in Italia: “Si stima che 4,6 milioni persone oltre i 15 anni guardino illegalmente eventi sportivi live. In totale 21 milioni di atti di pirateria l’anno. Il 23% circa del totale dei pirati di sport live, circa 1 milione di persone, ha dichiarato di aver fatto ricorso a IPTV. Tra gli eventi live più piratati c’è sicuramente il calcio, seguito da Formula Uno e Moto GP e tennis.  Il fenomeno in Italia riguarda in tutto più o meno 5 milioni di persone, il 35% dei pirati di streaming fa uso di IPTV per vedere film, serie tv e eventi sportivi live”.

L’impatto del fenomeno illegale sull’industria televisiva

I software oggi a disposizione della criminalità organizzata consentono di raggiungere risultati eccezionali in termini di efficienza, ha affermato Matteo Feraboli, Senior Director of Cibersecurity, Content Protection and Resilience SKY ITALIA: “Le IPTV illegali si specializzano su diverse offerte per migliaia di canali. All’interno delle centrali pirata si trovano centinaia di apparecchiature per elaborare dati, delle vere server farm, per l’encoding pirata. Ci sono le sorgenti di queste trasmissioni pirata, quindi gli hosting provider e la distribuzione finale. Chiunque può sviluppare il software gestionale utile alla trasmissione. Gli hosting provider si trovano soprattutto in Francia (59%), Paesi Bassi (18%), UK (6%), Russia (4%), Germania (5%), USA (3%). Ogni volta che una sorgente è individuata e bloccata se ne attiva subito un’altra”. I servizi pirata si acquistano sia online, attraverso semplici piattaforme di ecommerce, sia all’ingrosso (come in Italia), sia nei negozi e dagli installatori, porta a porta e altro ancora. L’attività pirata è ormai diffusa e multicanale nella vendita. Se carichiamo il termine IPTV su un motore di ricerca i risultati sono raccolti in milioni di pagine e spesso sono anche pubblicizzati su popolari piattaforme di advertising. La pirateria dell’IPTV illegale ha sviluppato ormai una supply chain articolata e molto efficiente, tanto da divenire un vero e proprio competitor per i broadcaster e le media company. I casi di utilizzo illecito di set-top-box illegali è ad oggi duplicato”.

Riguardo ai danni provocati dalla pirateria, ha spiegato Bruno Ghirardi, Consulente legale Lega Serie A, questi sono di varia natura, non solo economici, ma anche culturali: “Quando si gioca una partita di calcio si creano due universi paralleli, uno fisico, allo stadio, e uno virtuale, televisivo. Quando i pirati agiscono sottraggono risorse economiche alle emittenti televisive e allo stesso tempo portano via pubblico dallo stadio. La pirateria diffonde una cultura dell’illegalità che cambia il comportamento del pubblico. Si va a consolidare il culto dell’illegalità. Il pubblico non riesce a valutare in maniera precisa l’impatto negativo della pirateria. Ecco perché il fenomeno va colpito a monte. Bloccando le sorgenti si interrompe la filiera pirata. L’Agcom oggi ci consente un’azione repressiva più rapida, ma non basta. Abbiamo visto infatti che bloccando un canale se ne attiva subito uno nuovo”.

La pirateria è un fenomeno ben noto a tutti gli operatori che si trovano a doverla fronteggiare, con impiego di risorse proprie, ma forse ancora lasciato all’iniziativa dei singoli. Accogliamo con favore iniziative di questo tipo che offrono l’opportunità di un confronto costruttivo su questa tematica e la possibilità di valutare le eventuali sinergie in campo. Tanto è stato fatto ma molto è ancora da fare, partendo da un processo di educazione sociale e, in particolare, rivolto ai giovani, anche con l’ausilio delle autorità competenti e gli altri player interessati”, ha dichiarato Veronica Diquattro, Executive Vice President Italy DAZN.

“Per fermare la pirateria audiovisiva si deve anche individuare l’utente, spesso basta solo intimare l’intervento per farlo recedere, quindi procedere per via legislativa e giudiziario-amministrativa”, ha detto invece Stefano Longhini, Direttore Gestione Enti Collettivi, Protezione Diritto d’Autore e Contenzioso RTI. “Cerchiamo di intavolare confronti costruttivi con i fornitori di connettività e le piattaforme online come Facebook, ad esempio. Altre figure chiave sono gli intermediari finanziari, visto che l’utente paga spesso il servizio pirata con carta credito. Per accedere poi ai dati si deve però andare in tribunale. Questo significa che l’azione giudiziaria deve essere più forte. Rendere l’accesso a tali servizi un problema all’utente finale significa anche rendere più difficile ai pirati raggiungere il grande pubblico. La nuova direttiva europea sul copyright sta puntando alla responsabilizzazione delle piattaforme online, proprio per impedire che i contenuti protetti d’autore vengano caricati online illecitamente da terzi”.

Il contrasto alle IPTV illegali sotto l’aspetto civile e penale

Il fenomeno IPTV è oggi all’attenzione della direzione nazionale antimafia. La magistratura applica le regole, ma spesso è costretta a sopperire alla carenza legislativa. L’attività di pirateria oggi è il veicolo principale di finanziamento di un gran numero di attività criminali. Strumenti principali sono il sequestro preventivo, ma il fenomeno è così frastagliato che in un anno si riesce a capire poco di come l’organizzazione criminale si articola e difficilmente si arriva a capire chi siano i responsabili”, ha detto Claudio Onorati, Sostituto Procuratore del Tribunale Penale di Napoli.

Altro strumento utile è la confisca dei macchinari. Inseguire il denaro, veicolo del riciclaggio, consente di superare anche i problemi normativamente strutturati. La punibilità di tali condotte passa attraverso la prova della consapevolezza delle condotte criminali degli indagati. La consapevolezza sta nell’essere coscienti di fare profitti illegalmente e di stare a sottrarre leciti guadagni a chi detiene i diritti. Auspichiamo una maggiore collaborazione degli operatori, anche per capire meglio il panorama tecnologico sfruttato dai criminali. Oggi con la normativa del diritto d’autore non si può neanche effettuare il sequestro preventivo. Il vero danno ai pirati è recuperare le risorse economiche sottratte illecitamente al mercato”.

Per questo tipo di illeciti realizzati a mezzo web, si deve individuare il tribunale competente, “ma il web è ovunque, è strumento e luogo del reato”, ha precisato Maria Tuccillo, Giudice delle Sezioni Specializzate Impresa, Tribunale di Napoli.

Anche questo è un aspetto critico da affrontare per contrastare la pirateria: “Si potrebbe usare come criterio sia il luogo dove ha sede il provider, sia la sede del titolare del diritto. C’è un autore dell’illecito e colui che, attraverso la rete, comunica al pubblico il contenuto pirata che viola il copyright. C’è da capire in che modo è possibile considerare come responsabile il provider e il gestore della rete, in base alla legislatura corrente nazionale ed internazionale. Sulle misure oggi messe in campo, c’è l’attività inibitoria, l’azione di accertamento della paternità dell’opera, ci sono rimedi di natura cautelare, poi ci sono il blocco dei siti e la rimozione del contenuto. Un ulteriore problema è un reale bilanciamento tra gli interessi delle imprese, gli interessi del pubblico e di altri detentori di diritti, onde non limitare il diritto d’impresa, il diritto d’informazione e altri diritti ancora, tra cui la tutela della privacy”.

Col metodo follow the money si è cercato di inseguire gli hosting provider, offrendo un modello generale di approccio al problema delle IPTV. Il 5G aumenterà la potenzialità connettiva ed è stato necessario rivedere il modello di intervento già da subito. Per la prima volta, inoltre, si sono individuati i primi utilizzatori che hanno acquistato il decoder pirata con carta di credito”, ha evidenziato Marco Defila, Comandante Gruppo Radiodiffusione Editoria Guardia di Finanza.

Il fatto grave è che se non si contrasta concretamente la pirateria audiovisiva e online, presto andremo in contro al fenomeno che Carlo Solimene, Direttore II Divisione Servizio Polizia Postale, ha definito nel suo intervento in maniera chiarissima: “desertificazione dei settori industriali”. Fondamentale, secondo il direttore, è l’opera di informazione e divulgazione di cultura legale dell’audiovisivo: “Non solo seguire i soldi, ma anche la tecnologia, altrimenti non saremo in grado di porre un argine valido alla pirateria. Quando si acquista un bene contraffatto non c’è consapevolezza da parte dell’utente finale. Siamo di fronte al disimpegno morale collettivo. Se tutti violano la legge, la tolleranza all’illegalità sarà sempre più elevata. Nei marketplace pirata ci sono i sistemi operativi per arrivare a Sky e sono tra i più richiesti. Addirittura, c’è una competizione ad abbassare il prezzo”.

“La nostra azione mira a porre fine all’azione illegale dell’internet service provider, ma gli strumenti sono inadeguati ad affrontare il fenomeno”, ha affermato Giorgio Greppi, Vicedirettore Direzione Contenuti Audiovisivi AGCOM.

Gli hosting provider, soggetti che hanno il compito di diffondere i contenuti piratati, in maniera attiva o passiva, sono generalmente situati all’estero e quindi non attaccabili dai provvedimenti delle autorità italiane. Bloccando l’accesso ai siti vetrina si può fare un primo vero passo per contrastare i pirati. Ci dobbiamo interrogare, inoltre, sulla velocità dell’intervento e sulla condizione di immaterialità della contraffazione. Altra possibilità è richiedere il delisting dei risultati di ricerca, affinchè sia più difficile la ricerca stessa di questi servizi pirata in rete”.

I service provider hanno una responsabilità online crescente”, ha infine affermato Paolo Marzano, Presidente Comitato Consultivo Permanente sul Diritto d’Autore MiBAC, nelle conclusioni del seminario.

Il blocco IP deve essere evolutivo, per essere efficace, e serve un tavolo per agire con velocità e risolutezza. Siamo leader nella lotta alla pirateria online grazie ad una normativa coraggiosa dell’Agcom. La direttiva dell’Unione europea sull’enforcement deve diventare uno strumento paneuropeo. Si potrebbe inoltre immaginare una corsia preferenziale che consenta alle authority di comunicare e condividere soluzioni. Si deve continuare a credere nel ruolo centrale dell’eduzione, che però va esteso anche al livello delle Istituzioni. Tutti devono comprendere il valore del diritto d’autore e il danno che viene fatto al mercato e quindi alle imprese ogni volta che è violato”.