'From Sao Paulo to Istanbul

Internet Governance. Benedetto Della Vedova: ‘No a decisioni dall’alto, coinvolgere i cittadini’

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Pubblichiamo di seguito l'intervento di Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Affari Esteri, al convegno 'From Sao Paulo to Istanbul. Towards a Better Internet Governance' svoltosi il 21 luglio alla Camera dei deputati per discutere la gestione mondiale della Rete in vista del dell'Internet Governance Forum che si terrà in Turchia a settembre.

Solo vent’anni fa, parlavamo del neonato internet come di una rete globale di computer. Riconoscevamo certamente l’elevatissimo potenziale di quella Rete. Ma non potevamo prevedere la profonda rivoluzione sociale, economica e persino politica che internet ha provocato nei decenni successivi. La Rete è divenuta la spina dorsale della nostra società digitale ubiqua e ad alta intensità di interazione.

La pervasività della rete e delle comunicazioni, soprattutto nell’era del mobile, stanno trasformando la maniera di fare pubblica amministrazione, di fare politica, impresa, arrivando persino a cambiare la natura stessa e l’intensità dei rapporti interpersonali.

“L’internet delle cose” (la possibilità di interconnettere alla grande rete gli oggetti di uso domestico) permette già oggi di controllare attraverso un terminale mobile l’attività delle proprie apparecchiature casalinghe di uso quotidiano al fine di predisporne in modo differito le condizioni ambientali utili al proprio benessere personale e familiare. Si apre uno scenario affascinante nel quale i decisori politici sono chiamati a gestire una vasta gamma di  tematiche molto sensibili.

Internet infatti non è “una” tecnologia, ma ormai la principale infrastruttura della società umana, che influenza profondamente i diritti individuali e le libertà collettive. Per questa ragione, occorre un ampliamento inclusivo e globale della sua “governance”.Obiettivo della “governance” è dunque quello di raggiungere un’equipollenza logica tale che si possa affermare che ai “diritti offline corrispondono equivalenti diritti online”. Al tempo stesso, dovremmo evitare ogni tentazione di limitare o persino minacciare la dimensione globale di internet, che è una delle grandi conquiste dell’umanità. E’ solo a livello internazionale che potremo conseguire progressi su questo fronte.

Un numero crescente di governi, specialmente in Paesi in cui le libertà democratiche non sono del tutto consolidate, impongono limiti al flusso libero di informazioni, adottando restrizioni alla libertà di espressione, discriminando tra i vari contenuti e bloccando operatori stranieri. L’UE, gli Stati Uniti e la comunità internazionale sono chiamati a realizzare e tutelare tutto il potenziale di internet quale mercato globale e piattaforma di innovazione, crescita e libertà.

L’UE, in particolare, sostiene pienamente il principio fondamentale che la governance di internet debba essere inclusiva, a più livelli e con un coinvolgimento dei vari stakeholder. Ciò non implica peraltro che i Governi e le altre autorità debbano rinunciare al loro ruolo nello sviluppare e far applicare politiche pubbliche. Occorre un intervento pubblico limitato ma intelligente.

L’attenzione dell’Italia per il tema dell’Internet Governance trova una chiara conferma nella decisione del Governo di dedicare al tema dell’innovazione e del digitale  uno dei primi eventi del nostro Semestre di Presidenza, la Digital Venice tenutasi a Venezia lo scorso 8 luglio.

Nel corso di questo semestre cercheremo di tradurre questo impegno con un’azione costruttiva sia a livello nazionale che speriamo possa tradursi in breve tempo nel raggiungimento di obiettivi concreti.

Per avere successo, il dibattito sulla governance di Internet dovrà svilupparsi attraverso un ampio coinvolgimento dei cittadini e della società in generale. Non possiamo infatti permetterci di avere un processo decisionale top-down, diramato da una ristretta élite di decisori politici.

La gestione della Rete dovrà basarsi su principi coerenti e condivisi da tutti gli stakeholders chiave. Per far ciò occorrerà senz’altro un rafforzamento dell’attuale modello multi-stakeholder, basato sulla partecipazione egualitaria dei diversi portatori d’interesse quali i Governi Nazionali, il settore privato e la società civile.

L’azione europea dovrà procedere a due livelli. Il primo è tutto europeo e tocca dimensioni economiche, politiche e sociali: lo sviluppo di una Internet economy europea, pienamente integrata, per la creazione di un mercato unico digitale; la promozione di investimenti privati nelle reti fisiche, attraverso un ambiente regolatorio stabile, che favorisca e non disincentivi l’innovazione tecnologica. Ci sono molti modi possibili per favorire gli investimenti, ad esempio con un uso attento della leva fiscale e non necessariamente attraverso spesa pubblica diretta.

Vorrei sottolineare come la globalizzazione degli organi che hanno sino ad oggi deciso in merito alla governance dell’Internet è decisiva per salvaguardare la stabilità, la sicurezza e la resilienza della rete. In questo quadro, assume grande rilevanza la globalizzazione dell’ICANN, l’ente statunitense che gestisce l’assegnazione dei domini, e dell’organismo che ha responsabilità nell’assegnazione degli indirizzi IP (IANA). Questo processo può essere raggiunto stabilendo una chiara tabella di marcia, alla quale corrispondano azioni concrete e misurabili.

Non viviamo in un mondo semplice né pacifico, come le drammatiche notizie di questi giorni ci confermano, ma questo dovrebbe essere un incentivo, e non un elemento inibente, per lavorare nella giusta direzione: delineare organismi di governance globale autenticamente indipendenti, inclusivi e responsabili,  e soprattutto democraticamente legittimati, per la governance de “l’internet di tutte le cose”, the internet of everything.

Concludo con una riflessione, più personale che legata al ruolo istituzionale che ricopro, sul tema della neutralità della rete. Credo che vadano evitate posizioni fortemente ideologizzate, in favore di un dibattito aperto e di un percorso di ricerca delle soluzioni euristico e pragmatico. Pur tutelando il diritto di tutti ad accedere ad Internet, non si può cadere nell’errore che – ad esempio – si è fatto in Italia rispetto ai servizi idrici: l’acqua è un bene primario e l’accesso all’acqua è un diritto umano fondamentale, ma nella sua visione più estrema e ideologica ciò rischia di rendere impossibili o fortemente disincentivati gli investimenti nel settore e dunque compromettere la reale disponibilità della risorsa stessa.