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ilprincipenudo. Per il 40% delle imprese italiane, internet non serve

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Presentato oggi a Roma il Rapporto 2015 di UnionCamere. Quasi la metà del campione esplorato da Swg non ritiene il digitale uno strumento effettivo di crescita e comunque utile alla propria impresa.

Il 40 % delle imprese italiane non crede nel digitale! Un dato sconcertante denunciato da UnionCamere nel suo “Rapporto 2015”.

Questa mattina, nella sede di Piazza Sallustio, UnionCamere ha presentato la nuova edizione del suo rapporto annuale (curato dal proprio Centro Studi), quest’anno intitolato “Alimentare il digitale. Il futuro del lavoro e della competitività in Italia”. I dati sono stati presentati nel corso della 13ª Giornata dell’Economia.

#ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz.
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Il rito è stato celebrato ai massimi livelli politico-istituzionali, con la benedizione del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti, anticipata da un Sottosegretario del suo stesso dicastero, Simona Vicari: prassi inconsueta, perché generalmente, in occasioni di questo tipo, interviene il Ministro o un suo Sottosegretario… Insomma, questa coreografia va certamente interpretata come una benedizione governativa… rafforzata!

Il Rapporto presenta un interessante mix di dati di fonte istituzionale (Istat in primis, ma anche il ricco database delle Camere di Commercio) e di dati risultato di indagini demoscopiche sul campo (curate da Swg).

I curatori del Rapporto (coordinati da Domenico Mauriello) hanno prodotto un documento piuttosto atipico, molto stimolante e peraltro arricchito da una infografica evoluta che contribuisce in modo determinante alla identificazione dei numeri-chiave e dei concetti più importanti.

In estrema sintesi, dal Rapporto emerge un qualche segnale incoraggiante rispetto allo scenario macro-economico e quindi alle previsioni di sviluppo: nel corso del 2015, dovrebbe crescere un pochino l’occupazione così come il Pil.

Quel che inquieta è la negativa reattività di gran parte delle imprese rispetto alle conclamate potenzialità della rivoluzione digitale.

Quasi la metà del campione esplorato da Swg non ritiene infatti il digitale uno strumento effettivo di crescita e comunque utile alla propria impresa.

Il moderatore, il controverso giornalista Oscar Giannino, ha argutamente rimarcato la estrema gravità di questo dato.

Se è infatti vero che la scarsa diffusione della banda larga – problema di “hardware” – è senza dubbio una grave concausa del complessivo ritardo del nostro Paese, il dato che emerge dal Rapporto UnionCamere 2015 evidenzia una drammatica criticità anche “immateriale”, ovvero un problema di natura anzitutto culturale (“software”, in senso lato ovviamente).

Se questo è il convincimento di quasi una metà delle imprese italiane, significa che anche una politica di diffusione della banda larga finalmente degna di un Paese moderno sarebbe comunque condizione “necessaria ma non sufficiente” per l’auspicato salto di qualità.

La tavola rotonda dedicata a “Internet economy e competenze digitali” ha visto l’intervento di due giovani e graziose fanciulle che spiccavano nel panel a solita dominanza maschile.

La brillante Giorgia Abeltino (Google) ha risposto a una provocazione di Giannino, riproponendo la nota tesi per cui il digitale non va considerato “un settore delle tlc”, bensì uno strumento pervasivo dell’evoluzione dell’intero tessuto socio-economico delle nazioni, e quindi il problema della tassazione degli “OTT” deve essere contestualizzato rispetto al sistema tributario globale europeo, tenendo soprattutto in considerazione che questi “player” sono strumenti preziosi per la crescita complessiva, e meritano quindi un qualche trattamento di favore (abbiamo oggi scoperto che Google fa parte del… “terzo settore”, anzi forse sono da annoverare tra i benefattori e i mecenati!).

Francesca Capobianchi (Facebook) si è limitata a riprodurre le stranote argomentazioni secondo le quali anche il loro “social network” produce business e occupazione, citando una debole ricerca Deloitte (che abbiamo già avuto occasione di criticare su queste stesse colonne, nell’articolo “Tra Facebook e Cgil: una conferma del deficit cognitivo delle industrie culturali e delle imprese digitali” del 19 marzo 2015).

Assolutamente deludente l’intervento dei due rappresentanti politici, nonostante siano entrambi attivisti dell’Intergruppo Parlamentare per l’innovazione, Lorenzo Basso del Pd e Antonio Palmieri di Forza Italia: non hanno veramente detto nulla di nuovo, ed entrambi si sono limitati a prendere atto delle complessità e difficoltà determinate dallo “scenario complessivo”.

Come dire?! La perversa combinazione tra deficit materiale – la banda larga – e deficit immateriale – la modesta “cultura digitale” degli italiani – sembra essere la causa primaria della stagnazione in atto.

Pare che il Parlamento possa fare poco, tutto sarebbe in mano al Governo.

Il Presidente di UnionCamere, Ferruccio Dardanello, ha sostenuto che “lo stato di salute della nostra economia sta migliorando, ma il paziente Italia non è ancora guarito. Per accelerarne la ripresa, quindi, bisogna inserire nella cura dosi massicce di innovazione. E nell’era del web 2.0 questa innovazione si chiama e-business”.

È vero, ma anche questo già si sapeva (da anni, forse decenni ormai).

Dall’indagine Swg per UnionCamere, emerge altro dato preoccupante: il peso della corruzione e della criminalità per le imprese è un ostacolo crescente.

Più di 3 aziende su 5 percepiscono un aumento dell’illegalità negli ultimi quattro anni, e 2 su 5 dichiarano che il fatturato sarebbe più alto senza criminalità economica.

L’intervento conclusivo del Ministro ha visto una rappresentazione teorica delle modalità dell’azione del Governo Renzi: Poletti ha rimarcato come il decisionismo renziano sarebbe addirittura da considerare “rivoluzionario”, rispetto a decenni di politica italiana nella quale la logica continua era quella del “sì… ma anche no” (e viceversa). Il Ministro, per quanto di sua competenza, ha rimarcato la lotta del Governo contro tutti i privilegi categoriali ed i poteri forti.

Francamente però, almeno finora, non abbiamo visto alcun concreto risultato del decisionismo renziano in materia di banda larga e di promozione della cultura digitale.