Il provvedimento

ilprincipenudo. Convenzione Stato-Rai: che fine ha fatto la bozza del testo?

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Il testo in bozza della nuova ‘concessione’ tra Stato e Rai fuori dai radar. A chi fa gioco procrastinare l’approvazione del testo fondamentale che regola il rapporto tra Stato italiano e tv pubblica?

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Il settembre 2016 volge al termine, ed un primo bilancio, a distanza di tre settimane dal riavvio delle attività post-agostane, appare opportuno, dopo le annotazioni critiche che avevamo manifestato su queste colonne (vedi “Key4biz” del 18 agosto 2016, “Cultura e dintorni: estate calda fra Ddl cinema, Enit, Rai e Siae” e del 1° settembre, “Festival di Venezia al via, ma ancora senso nell’era del web?”): ancora una volta, emerge la estrema lentezza che caratterizza il sistema culturale nazionale, a riprova – semmai ve ne fosse necessità – di una vischiosità strutturale e di una tendenziale conservatività delle politiche culturali e mediali italiane.

La vicenda senza dubbio più eclatante è: che fine ha fatto la tanto attesa bozza di convenzione tra Stato e Rai?!

Riteniamo che la questione sia attualmente la più importante nell’agenda della politica culturale e mediale italiana, eppure sembra passare in secondo piano.

È una vicenda oggettivamente molto più rilevante della questione del “tetto” agli stipendi Rai, ovvero del limite degli stipendi a 240mila euro all’anno (approvato dal Senato il 14 settembre, ed alla fin fine “rivendicato” da tutti i partiti), che pure tanta attenzione della stampa e dei media ha assorbito. Eppure nessuna traccia della “convenzione”, almeno nelle ultime settimane, nemmeno sul blog “la mente sgombra”, curato dall’iperattivo Presidente grillino della Commissione Vigilanza Rai Roberto Fico: anche lui ormai… rassegnato?!

Ricordiamo che la concessione rappresenta veramente le fondamenta del rapporto tra Stato e Rai, e segnaliamo che essa resterà in vigore per ben 20 anni (la ancora vigente convenzione – ha beneficiato invece una durata “integrativa” di 12 anni, dal 2004 anno di approvazione della legge n. 112 alias Gasparri, come previsto dall’articolo 49 del Testo Unico emanato con il Decreto Legislativo n. 177 del 31 luglio 2015).

Dovrebbe essere approvata entro il 31 ottobre 2016, ma l’effettivo stato dell’arte del provvedimento resta ignoto ai più.

Dalla “concessione”, deriverà poi il nuovo “contratto di servizio” (stipulato tra Rai e Ministero dello Sviluppo Economico), che deve disciplinare gli aspetti operativi, per un periodo di 5 anni (e non più 3 anni, come i precedenti “contratti di servizio”).

I ben informati prevedono un probabile slittamento dell’approvazione della “convenzione” al 31 gennaio 2017. Quindi, è verosimile che il nuovo contratto di servizio veda la luce soltanto… nell’estate del 2017!!!

Si ricordi che le linee-guida approvate dal Consiglio dei Ministri in materia di riforma della Rai risalgono al marzo 2015…

La nuova legge sulla Rai, la n. 220 (intitolata “Riforma della Rai e del servizio pubblico radiotelevisivo”), è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 2015. Così recita l’articolo 5, ai commi 5 e 6: “5. Il Ministero dello Sviluppo Economico, in vista dell’affidamento della concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, avvia una consultazione pubblica  sugli  obblighi  del servizio medesimo, garantendo la più ampia partecipazione. 6. Il Ministero dello Sviluppo economico trasmette alla Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi per il prescritto parere lo schema  di  contratto  di servizio  con  la  società  concessionaria  del  servizio   pubblico radiofonico, televisivo e multimediale almeno sei  mesi  prima  della scadenza del contratto vigente. In sede  di  prima  applicazione,  lo schema  di  contratto  di  servizio è trasmesso  entro  sei   mesi dall’affidamento della concessione successivo alla  scadenza  di  cui all’articolo 49, comma 1, del decreto legislativo 31 luglio 2005,  n. 177”. La convenzione ancora vigente risale al 1994: si tratta del Decreto del Presidente della Repubblica del 28 marzo 1994, intitolato “Approvazione della convenzione tra il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni e la Rai – Radiotelevisione italiana S.p.a. per la concessione in esclusiva del servizio pubblico di diffusione circolare di programmi sonori e televisivi sull’intero territorio nazionale”.

Come dire?! Non c’è fretta, Presidente Renzi, vero?!

Tanto… nel mentre, resta in vigore, sulla carta, la precedente convenzione, perfezionata nel 1994 (!), ovvero 22 anni fa e quindi prima del diffuso avvento del web, e formalmente scaduta il 6 maggio 2016 e poi prorogata al 31 ottobre 2016 (grazie ad un emendamento “ad hoc” in tutt’altro provvedimento, il nuovo Codice degli Appalti), ed il precedente “contratto di servizio” Stato-Rai, quest’ultimo scaduto formalmente nel dicembre del… 2012! Quel contratto relativo al triennio 2010-2012 è tutt’ora in vigore per effetto dell’articolo 36 del medesimo contratto. Si tratta di un “contratto di servizi”o peraltro pubblicato in Gazzetta Ufficiale soltanto il 27 giugno 2011, ovvero a metà del triennio che pure avrebbe dovuto regolare!

Il Governo e la Rai hanno infatti bellamente ignorato, ovvero non hanno mai firmato, il “contratto di servizio” che avrebbe dovuto regolare il triennio 2013-2015 nonostante la Commissione Vigilanza Rai abbia espresso il proprio parere il 7 maggio 2014. Totalmente inascoltata.

Scrivevamo infatti su queste colonne, nel gennaio 2015, “Il mistero del ‘contratto di servizio’ che Mise e Rai ‘si rifiutano di firmare’ (Fico dixit)”.

Contratto di servizio nato anzi abortito vecchio, e di fatto… scritto sull’acqua. Scritto sull’acqua perché non esiste un minimo sistema di regole tecnico-giuridiche che consenta un controllo reale della sua esecuzione. Di fatto, una simpatica presa in giro, con i due contraenti spesso paradossalmente ammiccanti rispetto a quest’andamento lasco.

Qualche giorno fa, intervenendo al convegno “Connettere l’Europa” alla Biblioteca del Senato (promosso dalla rivista “Mondoperaio” e dall’Associazione Socialismo), il Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Angelo Maria Cardani, ha con simpatico candore segnalato che la convenzione tra Stato e Rai… non riguarda l’Agcom! Da non crederci.

Nel mentre, nel silenzio dei più (con la solita apprezzabile eccezione de “il Fatto Quotidiano”: si legga il bell’articolo di Vittorio Emiliani, “Cancellato ‘Ambiente Italia’. Alla Rai l’ambiente non interessa più”, pubblicato il 16 settembre scorso), sparisce dai palinsesti della tv pubblica italiana anche una storica trasmissione come “Ambiente Italia”, in onda dal 1990: la assurda decisione ha provocato un’interrogazione parlamentare ai vertici Rai da parte dei senatori del Partito Democratico Francesco Verducci (Vice Presidente della Vigilanza Rai), Stefano Vaccari (Capogruppo del Pd nella Commissione Ambiente), e Massimo Caleo (Vice Presidente della Commissione Ambiente).

Si consideri che Aldo Grasso ha scritto nella sua “Enciclopedia della Televisione Pubblica”, che “Ambiente Italia” è una delle poche rubriche che possono vantare il marchio di garanzia del servizio pubblico. La nuova Rai, sempre più “marketing oriented”, sembra disinteressarsi delle tematiche del sociale, dell’ecologia, dei beni culturali… Eccellenti operazioni come la produzione e messa in onda di “Lampedusa” (mini-serie diretta da Marco Pontecorvo e sceneggiato da Andrea Purgatori, una produzione di Nicola e Marco De Angelis per Fabula Pictures, opera di impatto su una tematica delicata quanto drammatica, andata in onda il 20 e 21 settembre, con share rispettivamente del 17% e 13%), rappresentano eccezioni alla regola di un’offerta televisiva “pubblica” ancora troppo spesso omologata rispetto all’offerta dei broadcaster commerciali.

La questione della convenzione Rai è stata sostanzialmente di fatto “bypassata”, nell’agenda politica, dall’approvazione da parte del Senato, il 15 settembre 2016, del controverso disegno di legge di riordino del settore dell’editoria, atteso da lungo tempo, che è stato approvato da Palazzo Madama con 154 voti favorevoli, 36 contrari e 46 astenuti: essendo stato modificato rispetto al testo già approvato dalla Camera, deve tornare a Montecitorio, dove ha già ripreso l’iter il 21 settembre scorso.

Il testo prevede, all’articolo 1, l’istituzione del “Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione”, alimentato da risorse statali già destinate all’editoria e all’emittenza locale, da un contributo di solidarietà a carico delle società concessionarie di raccolta pubblicitaria (si tratta dello 0,1% del loro reddito complessivo), e per una parte, fino a un massimo di 100 milioni (una cui metà è destinata alle emittenti televisive e radiofoniche locali), dalle maggiori entrate del canone Rai (il cosiddetto “extra gettito”, sulla cui quantificazione effettiva permane ad oggi una grande alea; a fronte delle stime governative di 300 o 400 milioni di euro, secondo alcuni – tra i quali il Sindacato Lavoratori della Comunicazione della Cgil – i risultati finali saranno deludenti e c’è chi teme addirittura il rischio di un flop). Sono ammesse al finanziamento le cooperative di giornalisti, gli enti senza fini di lucro, le imprese editrici espressione delle minoranze linguistiche, i periodici per non vedenti, le associazioni per i consumatori, i giornali in lingua italiana diffusi all’estero… L’articolo 2 conferisce deleghe al governo per ridefinire la disciplina del sostegno pubblico per il settore dell’editoria e dell’emittenza locale…

Da segnalare che nell’iter di questo provvedimento viene prevista la riduzione da 20 a 10 anni della durata della concessione del servizio pubblico radiotelevisivo, come da emendamento presentato dal relatore piddino Roberto Cociancich (lo stesso promotore dell’emendamento che ha fissato il tetto dei 240mila euro di compensi).

Dopo la presentazione dei risultati della consultazione “CambieRai” alla Camera dei Deputati il 27 luglio 2016 (vedi “Consultazione Rai: perché i quesiti sono stati malposti?”), si registra un silenzio assordante da parte del dicastero competente. In quell’occasione, Giacomelli annunciò: “La nuova concessione non sarà ripetitiva, ci sarà relazione diretta tra risorse e obiettivi”. Attendiamo di leggere il testo concreto di questa annunciata… rivoluzione.

L’ultimo segnale (pubblico) sulla Rai da parte del Sottosegretario competente, Antonello Giacomelli, sembra risalire al 30 agosto, con una lunga intervista concessa ad Articolo21 (a cura di Renato Parascandolo), che conferma la pacatezza della sua vocazione alla mediazione, pur restando sostanzialmente senza vera risposta molte domande.

Auspichiamo che non si riproduca lo iato tra belle intenzioni e tecnicalità deficitarie.

E l’ultima dichiarazione di Giacomelli in materia di Rai risale a lunedì scorso, come recita un dispaccio Ansa: “Non mi preoccupa la visione fantascientifica di Freccero sul Pd e il governo, mi preoccupa – e molto – che il consigliere di amministrazione di un’azienda pubblica come la Rai possa prendere con tanta leggerezza le valutazioni dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e il Piano trasparenza che lo stesso Cda ha votato”. Il consigliere di Viale Mazzini considerato “in quota 5 Stelle” ha dichiarato: “Tutto quello che sta accadendo è un’aggressione alla Rai con una battaglia interna al Pd”.

Nessuna notizia della bozza di convenzione. Ancora una volta si presta attenzione al granellino senza guardare la trave.

Si ricorda che, a metà marzo 2016, il Sottosegretario Giacomelli prevedeva che “a fine maggio” ci sarebbe stata l’analisi degli esiti della consultazione, e che “l’approvazione del Consiglio dei Ministri potrebbe arrivare prima della pausa estiva o alla ripresa, poi avremo bisogno di un periodo di 6 mesi per realizzare lo schema di contratto di servizio”. L’analisi degli esiti della consultazione è avvenuta con 2 mesi di ritardo rispetto a quelle previsioni (a fine luglio, invece che a fine maggio), ed a fine settembre nessuna traccia della bozza della convenzione, almeno fuori dalle segrete stanze ministeriali ovvero di Palazzo Chigi…

La domanda è: a chi può far gioco questo continuo meccanismo di dilazione temporale nella gestazione di un documento così importante?! Ovvero chi ha interesse a lasciare Viale Mazzini in questo stato di… sospensione e quindi anche di incertezza strategico-gestionale?!

Delle “contraddizioni interne” in materia Rai del Pd va data ulteriore segnalazione: basti citare l’intervista di Paolo Bracalini a Michele Anzaldi (deputato del Pd e Segretario della Commissione Vigilanza Rai, già portavoce di Francesco Rutelli, soprannominato “Epurator” come integralista renziano) pubblicata su “il Giornale” di ieri 22 settembre. Per quanto possa aver forzato il titolista del giornale (“Dall’Orto è come Schettino: va commissariato”), il virgolettato dell’intervista è oggettivamente inquietante. Basti “Un errore sceglierlo come Dg. Pronti ad azzerare tutto il Cda e a togliere i soldi del canone”. E continua Anzaldi: “Non hanno sbagliato soltanto con Semprini (il riferimento è al giornalista ex-Sky Gianluca Semprini, oggi conduttore di “Politics”, ovvero il nuovo “Ballarò” voluto dal Direttore di Rai 3 Daria Bignardi, ndr), hanno chiuso tutti i programmi di informazione, hanno ridotto le edizioni dei tg (…) Sono di un’arroganza mai vista, non ascoltano nessuno… arroganti e mal consigliati”. Qualche giorno prima, il 18 settembre, lo stesso Anzaldi aveva dichiarato ad “Avvenire” che “non è per pessimi programmi come ‘Giovani e ricchi’ (il “docu-reality” di Rai 2 che mostra la vita di giovani italiani che vivono nella ricchezza estrema, ndr) che gli italiani pagano il canone”…

  • Clicca qui, per leggere il “contratto di servizio” tra Rai e Ministero dello Sviluppo Economico, ad oggi ancora in vigore (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 giugno 2011)