Dossier Ferragosto

ilprincipenudo. Cultura e dintorni: estate calda fra Ddl cinema, Enit, Rai e Siae

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Cultura e dintorni: dall’iter della legge cinema alle criticità dell’Enit, dalla consultazione “CambieRai” all’imminente “app” per il “bonus cultura”, fino al regolamento Siae per il 10 % della “copia privata” destinato alla creatività giovanile…

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

La prima metà dell’agosto 2016 non ha registrato eventi epocali (se non la notizia di una possibile pacificazione rispetto allo scontro tra titani Vivendi-Mediaset), nell’ambito delle politiche culturali e mediali italiane, ma d’altronde è del tutto naturale, a causa delle dinamiche vacanziere che caratterizzano buona parte della dirigenza apicale di ministeri ed imprese…

Eppure, è talvolta proprio il mese di agosto a riservare sorprese curiose e notizie inattese, dato che alcuni “decision maker” approfittano di questa pausa (talvolta apparente) per maturare e mettere in atto decisioni comunque rilevanti, ma a basso tasso di notiziabilità (“tanto son tutti in vacanza, no?!”). A Viale Mazzini, in particolare, storicamente è stata proprio la prima settimana di agosto a registrare le più strane… rappresentazioni sceniche.

Questa edizione speciale della rubrica “ilprincipenudo” propone un florilegio ovvero uno zibaldone di segnalazioni, spaziando a trecentosessanta gradi, dal settore televisivo al settore turistico, in ordine sparso…

 

L’iter del ddl cinema-audiovisivo alias Franceschini-Giacomelli

Partiamo dal cinema, che resta pur sempre il cuore pulsante dell’intero sistema dell’immaginario audiovisivo: come è noto, procede l’iter del disegno di legge Franceschini, noto anche come Franceschini-Giacomelli per la convergenza tra lo specifico “cinematografico” e l’“audiovisivo” tout-court. Si tratta di un intervento normativo che intende introdurre elementi di razionalizzazione nell’azione della “mano pubblica” nel settore cinematografico, sulla base di un’ideologia piuttosto liberal-liberista, nella migliore tradizione della sinistra “soft” del Governo Renzi. È un dato di fatto che la proposta ha caratteri rivoluzionari, osservando anzitutto che incrementa significativamente il livello delle risorse pubbliche assegnate al settore (almeno 400 milioni di euro l’anno, a fronte dei circa 250 milioni dell’anno corrente), dopo anni di cordoni della borsa statale sempre più chiusi. E questo è bene. Quel che non convince tutti è invece l’architettura delle nuove modalità di assegnazione delle risorse, soprattutto perché nessuno conosce veramente il vero stato di salute del cinema italiano (ne abbiamo già scritto: vedi da ultimo “Key4biz” del 15 luglio, “Come sta il cinema in Italia?! Diagnosi dubbia, terapia incerta”).

Mercoledì 17 agosto, una delle storiche associazioni del settore, rappresentativa di una parte dell’anima creativa del cinema italiano, ha diramato un comunicato stampa che invita ad un convegno che si terrà a Venezia lunedì 5 settembre, nell’ambito delle “XIII Giornate degli Autori” (presiedute da Roberto Barzanti, già Presidente della Commissione Cultura del Parlamento Europeo), sezione indipendente della 73ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia: l’Associazione Nazionale Autori Cinematografici (Anac) ritiene necessario fare il punto sull’iter del ddl Franceschini, perché – precisa con discreta ironia – “a quanto ci risulta, nessuno ha pensato di promuovere a Venezia una riflessione su un testo sul quale in molti nutrono riserve”.

In effetti, come iniziativa governativa a Venezia, risulta ad oggi soltanto la presentazione, giovedì 1° settembre, da parte del Ministro Dario Franceschini, della nuova iniziativa del Festival denominata “Sezione Migrarti”, ovvero una sezione della Mostra interamente dedicata ai corti e ai docufilm che vedono il coinvolgimento diretto dei “nuovi italiani”.

La giuria che nominerà il vincitore di questa prima edizione del Premio Migrarti sarà presieduta dal regista Ferzan Özpetek. Ha dichiarato il Ministro: “Con il progetto Migrarti, stiamo cercando di colmare un colpevole ritardo, e favorire la conoscenza delle tante culture e delle diverse comunità che vivono in Italia. Per chi, come me, si occupa della cultura della Nazione, è un dovere e un’opportunità interessarsi e valorizzare tutte le culture presenti sul territorio”. Encomiabile iniziativa.

Si legge nel testo dell’invito firmato dall’Anac: “Nel disegno di legge sul cinema e l’audiovisivo, licenziato recentemente dalla Commissione Cultura del Senato, che sarà discusso in Aula nella seconda metà di settembre, è svanito ogni riferimento all’interesse culturale delle opere, che invece è considerato elemento essenziale dalla normativa europea in materia. La percentuale delle risorse destinate, tramite i sostegni selettivi, alla produzione, distribuzione, esercizio e promozione del cinema indipendente e d’autore è sottodimensionata. Elevate in un primo momento al 25% dell’ammontare complessivo, e successivamente portate tra il 15 e il 18%, di fatto le risorse scendono a circa il 10%. Un emendamento approvato dalla Commissione prevede infatti che i costi di gestione dell’Istituto Luce, della Biennale Cinema, del Centro Sperimentale, della Cineteca Nazionale, del Museo del Cinema di Torino, siano inseriti all’interno della quota del Fondo destinata ai sostegni selettivi. Sono stati eliminati dal nuovo testo anche gli organismi, previsti in una prima bozza, quali il “Mediatore o Conciliatore”, da molti richiesto per favorire l’accesso al prodotto, la libera circolazione delle opere e per correggere le storture del nostro sistema distributivo, così come appare del tutto ingiustificata la mancanza di un organismo estraneo al controllo della politica che sovrintenda realmente alle politiche di sostegno pubblico al cinema”.

In sintesi, questa posizione rappresenta le tesi di buona parte dei dissidenti, “a sinistra”, rispetto al disegno di legge, ovvero di coloro che ritengono il testo poco sensibile, nella versione attuale, alle ragioni del cinema indipendente (e, più in generale, di un’arte sganciata dall’industria), ed eccessivamente “meccanico”… rispetto a “automatismi” giustappunto subordinati ad una logica di mercato.

L’iniziativa veneziana è promossa dall’Anac, ma hanno manifestato adesione il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici (Sncci), la Federazione Italiana Cinema d’Essai (Fice) aderente all’Agis, l’Associazione Giovani Produttori Cinematografici Indipendenti (Agpci) anch’essa da qualche mese aderente all’Agis. Non risultano però coinvolte né le altre associazioni “autoriali” (dalla pugnace 100autori – che pure organizza le stesse “Giornate degli Autori” insieme ad Anac – all’Anart fino alla più giovane Writer Guild Italy), né le associazioni dell’anima “industriale” del settore (dall’Anica all’Apt).

Il titolo dell’evento sintetizza la criticità: “Legge cinema, quale ruolo per i film d’autore?”. In sostanza, i promotori temono che la nuova legge possa andare sì a rafforzare il “tessuto industriale” del cinema italiano, ma irrobustendo i più grossi ed indebolendo i più piccoli.

Si ricorda come il Ministro Dario Franceschini aveva annunciato l’approvazione del disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica “Disciplina del Cinema, dell’Audiovisivo e dello Spettacolo”, da parte del Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2016: “Il Governo modernizza il proprio impegno a favore del cinema italiano e aumenta i finanziamenti del 60%. Il disegno di legge prevede la creazione di un fondo completamente autonomo per il sostegno dell’industria cinematografica e audiovisiva. Vengono garantite risorse certe per 400 milioni di euro all’anno (+ 150 milioni, + 60%) e strumenti automatici di finanziamento con forti incentivi per giovani autori e per chi investe in nuove sale e a salvaguardia dei cinema, dei teatri e delle librerie storiche. Questo provvedimento interviene in modo sistemico sulla disciplina del settore cinematografico e della produzione audiovisiva, razionalizzando e introducendo un nuovo meccanismo di attribuzione degli incentivi statali con ingenti risorse in più. Un intervento di riforma da lungo tempo atteso che riconosce il ruolo strategico dell’industria cinematografica, veicolo formidabile di formazione culturale e di promozione del paese all’estero. Il disegno di legge è frutto del tavolo di lavoro con tutte le parti interessate gestito insieme al Sottosegretario Giacomelli. Il suo percorso in Parlamento si inserirà adesso nell’ottimo lavoro fatto finora al Senato sulla proposta di legge Di Giorgi”.

Si ricorda che la proposta di Rosa Maria Di Giorgi, presentata nel luglio 2015, si caratterizzava per un’architettura molto più interventista e “statalista” rispetto alla proposta Franceschini, ricalcata sul modello francese del Centre National du Cinéma et de l’Image Animée (Cnc).

La proposta normativa è stata presentata in Senato il 16 marzo 2016, ed il 3 agosto scorso il testo è stato licenziato dalla VII Commissione Istruzione e Cultura di Palazzo Madama, che ha concluso l’esame in sede referente del disegno di legge n. 2287 recante la “Disciplina del cinema e dell’audiovisivo” (clicca qui, per leggere il resoconto stenografico della relatrice Di Giorgi).

L’iter riprenderà a settembre. Il Presidente della Commissione Cultura Andrea Marcucci (Pd) ha dichiarato che “il cinema è una delle più grandi industrie del Paese, finalmente comincia in Senato l’iter di approvazione di un disegno di legge che assegna risorse importanti e stabili. Il fondo avrà una dotazione di minimo 400 milioni l’anno, ovvero 140 in più rispetto a oggi. Il Senato lo approverà alla ripresa dei lavori di settembre. 70 milioni del fondo saranno rivolti alle opere prime e seconde, 260 milioni per il ‘tax credit’ (rispetto ai 150 attuali), 12 milioni alle scuole di formazione, 30 milioni l’anno per il potenziamento e la ristrutturazione delle sale. Un investimento che è per la prima volta organico e stabile, per un settore industriale che il governo Renzi e il ministro Franceschini ritengono vitale per l’economia del Paese”.

Si ricorda che il ddl delega il Governo anche realizzare entro un anno il “Codice dello Spettacolo”, dove confluiranno la riforma delle fondazioni lirico-sinfoniche e il riassetto di tutti gli ambiti dello spettacolo: dal teatro, alla prosa, alla danza, agli spettacoli viaggianti e alle attività circensi. Anche qui, il rischio di sabbie mobili è latente, data la complessità della materia.

Dedicheremo attenzione – su queste colonne – ad un’articolata analisi critica del provvedimento, ma quel che lamentiamo è che esso sia stato impostato e sviluppato senza un impegno di ricerca e studio e consultazione all’altezza delle ambizioni del nuovo intervento normativo. Interessante ma ancora insufficiente l’analisi realizzata per il Mibact-Mise da consulenti specializzati di livello come Bruno Zambardino ed Alberto Pasquale.

Il lavoro dei “tavoli” che ha portato al ddl governativo è avvenuto a porte chiuse, sono stati coinvolti i soggetti “economici” del settore ed esclusi quelli “artistici”: il Governo ha sostanzialmente ascoltato dapprima i “soggetti forti” del settore (i broadcaster), e, sulla base delle loro indicazioni, ha redatto un testo-base, per poi affidare al Parlamento l’ascolto degli altri “stakeholder” e quindi la modificazione in-progress del testo.

Una procedura anomala, non esattamente rispondente a quella logica democratica compartecipativa e “bottom-up” che pure un “buon governo” evoluto dovrebbe seguire. Non è stata affrontata alla radice una delle questioni nodali, ovvero il rapporto “cinema / televisione” (leggi Rai-RaiCinema, Mediaset-Medusa, Sky Italia e nascente sua “controllata” nel settore cinematografico…), come ha scritto bene il direttore di “Box Office” Antonio Autieri, in un editoriale del 16 marzo 2016, commentando il ddl e la sua elaborazione nei “tavoli”: “Se sulle condizioni “asimmetriche” di cui si avvantaggiano gli over-the-top sono stati tutti d’accordo, produttori e broadcaster si sono divisi su molti aspetti di un lavoro comune che li vede alleati che si guardano spesso in cagnesco. In parte è inevitabile, se un produttore indipendente vuole esserlo davvero e si sente con le mani legate a causa di un sistema di gestione del diritto sul prodotto, da lui ideato e realizzato, che vede a vantaggio delle tv; e, dall’altra parte, se un broadcaster reclama il ruolo che spetta a chi finanzia in toto o quasi lo stesso prodotto…”.

Come abbiamo denunciato più volte su queste colonne, basti osservare che il tanto decantato “tax credit” cinematografico (esteso anche all’audiovisivo, e più recentemente anche alla musica; in questo ultimo caso, si tratta di credito d’imposta  alle  imprese  produttrici  di  fonogrammi  e  videogrammi musicali,  nonché alle  imprese  produttrici  e  organizzatrici  di spettacoli musicali dal vivo) non è mai stato in Italia oggetto di un’analisi critica, ovvero di una valutazione d’impatto: sulla base di quale fantasioso intimo convincimento, in assenza di studi e ricerche (che in Francia son stati realizzati più volte, affidati ad una pluralità di soggetti indipendenti), il Governo ritiene che questa forma di agevolazione fiscale stia facendo tanto bene al settore cinematografico ed audiovisivo nazionale?! Non basta, ci si consenta, il placet di Anica ed Apt, perché non dovrebbero essere i produttori a “governare” le politiche pubbliche in materia. Nel disegno di legge Franceschini-Giacomelli, nella versione attuale, il “tax credit” passa da 150 milioni di euro dell’anno 2015 a 260 milioni di euro di dotazione annua…

 

La convenzione Rai-Stato in gestazione

Sulla Rai, dopo la strana presentazione alla stampa ed ai media dei risultati dell’elaborazione Istat della tanto esaltata operazione “CambieRai” ovvero la “consultazione sul servizio pubblico radiofonica, televisivo e multimediale”, avvenuta il 27 luglio presso la Camera dei Deputati (ne abbiamo scritto con attenzione su “Key4biz”: “Consultazione Rai: perché i quesiti sono stati malposti?“), si immagina che presso gli uffici del Sottosegretario Antonello Giacomelli una squadra di esperti stia metabolizzando l’esito dell’iniziativa, per predisporre una prima bozza della novella “convenzione”. Intensi lavori di stesura del testo, nelle settimane agostane…

Abbiamo già segnalato le (tante) perplessità su questa consultazione, e qui ci limitiamo a ricordare quel che campeggia sull’apposita pagina del sito dell’Istat: “Si fa presente che le percentuali riportate nei commenti fanno riferimento unicamente al totale dei rispondenti che hanno completato il questionario della consultazione e non hanno alcun valore di rappresentatività rispetto al totale della popolazione italiana”. Ah, beh, allora… In effetti, basti osservare che quasi la metà di coloro che hanno risposto al questionario è laureato ed il 75% vive al Centro Nord, e gli “over” 64 anni che hanno risposto alle domande sono soltanto l’11%…

Condividiamo l’opinione di coloro che hanno definito questa “consultazione” uno studio statistico ideologicamente orientato.

Di grazia, ma allora perché il Governo non ha affiancato alla libera consultazione una bella indagine demoscopica, magari affidata anch’essa all’Istat, che consentisse invece una qualche “rappresentatività” statistica?!

Ben ricordiamo che la stessa legge che ha chiesto la consultazione allocava risorse ad hoc per la consultazione: come sono state utilizzate?! Si segnala che i commi 165 e 166 della Legge di Stabilità prevedono che “le maggiori entrate derivanti dalle procedure di assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze in banda 3.6-3.8 GHz, secondo quanto previsto dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni” possono essere assegnate anche per la realizzazione della consultazione. Cosa si sa di queste annunciate “maggiori entrate”?! Qualcuno cortesemente ci segnala quanto è costata l’operazione “CambieRai”, e come è stata finanziata dal Mise?! Grazie.

E perché la stessa Rai non ha promosso una consultazione interna rispetto ai propri dipendenti e collaboratori?!

Queste sono le previsioni temporali per la convenzione: il Ministero dello Sviluppo Economico presenterà la bozza di convenzione “entro l’estate” (Giacomelli dixit), dovrà quindi esserci il parere della Commissione di Vigilanza entro 45 giorni… Parere della Commissione che ci si augura non faccia la stessa fine di quello che la Commissione presieduta da Roberto Fico espresse a suo tempo rispetto al nuovo ma poi mai perfezionato “contratto di servizio” di Viale Mazzini: ignorato completamente dal Governo e dalla Rai (vedi “Key4biz” del 9 gennaio 2015, “Il mistero del ‘contratto di servizio’ che Mise e Rai ‘si rifiutano di firmare’ (Fico dixit)”). Si nutrono dubbi su una ritrovata forza ed incisività della Commissione di Vigilanza, visto come è stata trattata finora: e le dimissioni dalla Commissione dei senatori piddini Miguel Gotor e Federico Fornaro, a seguito delle nomine dei direttori dei Tg Rai, non ci sembra abbiano provocato alcun concreto effetto.

Fine ottobre 2016 / metà novembre 2016 potrebbero quindi essere date verosimili per la nuova “carta” che andrà a regolare l’intervento della mano pubblica nel settore televisivo.

Da segnalare che su Viale Mazzini l’agosto torrido registra attacchi di varia natura, anche del tipo “fuoco amico”, a seguito delle controverse nomine decise dal Cda il 4 agosto (con sei 6 “pro” e 3 “contro”).

Il 7 agosto, dalle colonne de “la Repubblica”, il Sottosegretario Antonello Giacomelli ha tuonato contro il Direttore Generale Antonio Campo Dall’Orto: “alla Rai nomine senza un progetto… L’errore fatto con le nomine dei tg è lo stesso fatto per le reti: dovevano arrivare dopo un progetto complessivo che ancora non si vede… Serve un altro passo”. Da osservare che nell’intervista, il Sottosegretario non manifesta alcun riferimento alla fondamentale consultazione “CambieRai”. L’indomani, il Consigliere di Amministrazione della “triade dissidente” Giancarlo Mazzucca (gli altri due sono Arturo Diaconale e Carlo Freccero), sulle colonne de “il Giornale”, citava l’immagine della “dead company walking”, augurandosi che non sia proprio questo il destino di viale Mazzini: Mazzucca (già direttore del “Giorno” fino al maggio 2016, poi collaboratore de “il Giornale”) si difende dalle accuse del Sottosegretario, e giustamente gli ricorda che questo Consiglio è anche frutto della “mica tanto ‘sotterranea’ volontà dall’alto di svuotare il ruolo dei consiglieri, esautorandoli, almeno in parte, nelle scelte strategiche più importanti”. Da segnalare che il 29 luglio, i tre dissidenti avevano scritto una lettera in risposta all’intervista che Giacomelli aveva rilasciato a “Giorno” – “Carlino” – “Nazione”, segnalando che è sì vero che la nuova legge non ha “esautorato” il Cda, ma “lascia indefiniti una serie di spazi tra indirizzo, controllo e gestione” (Giacomelli aveva sostenuto “il Cda ha pieni poteri e non ha fermato le assunzioni”).

Agosto registra altri fronti torridi, anzi incandescenti. Ne segnaliamo alcuni, che ci paiono significativi, sebbene la gran parte ignorati dai media “mainstream”.

Approvato il “piano strategico per il turismo”

Il 27 luglio, il Comitato Permanente per il Turismo ha approvato il nuovo “piano strategico 2007-2013” per il turismo, che arriverà a settembre in Parlamento ed alla Conferenza Stato-Regioni, prima del varo definitivo da parte del Consiglio dei Ministri. La Sottosegretaria al Mibact delegata al Turismo Dorina Bianchi (nominata il 29 gennaio 2016 “in quota” Udc-Ncd, Franceschini le ha assegnato deleghe in materia turistica l’8 aprile) ne parla con orgoglio: “ribadisco quello che ha detto il ministro Franceschini quando si è insediato, e cioè che il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo è il primo dicastero economico italiano, perché, tra indotto ed effetti positivi per il made in Italy, il turismo può essere la leva principale per la ripresa economica del Paese”. La Sottosegretaria Bianchi individua la sfida principale del nuovo piano nella “delocalizzazione e destagionalizzazione”.

Il “piano” è un documento di 80 pagine, che individua ben 150 azioni in 4 obiettivi-chiave: (1.) innovare l’offerta turistica nazionale, (2.) accrescere la competitività, (3.) sviluppare il marketing, (4.) realizzare una “governance” di settore.

Belle idee, ma in verità un po’ generiche. Elucubrazioni che sarebbero costate, secondo alcune fonti (tra cui “il Fatto Quotidiano”), ben 1,5 milioni di euro, ovvero danari che il Ministero ha affidato ad Invitalia (l’Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’Impresa, che vede alla guida Domenico Arcuri come Amministratore Delegato e Giancarlo Innocenzi Botti come Presidente) per la predisposizione del piano.

L’esperto Francesco Aprile ricorda che un precedente “piano” era stato voluto dall’allora Ministro Piero Gnudi (che ha retto il poi sciolto Ministero per il Turismo, lo Sport e gli Affari Regionali dal novembre 2011 all’aprile 2013) e commissionato a Boston Consulting Group, al costo di 35.000 euro, ma non fu mai approvato ufficialmente dal Governo (il Consiglio dei Ministri, il 18 gennaio del 2013, si limitò a “prendere atto del lavoro istruttorio finora fatto”).

Scrive Aprile, con crudele penna, sul suo accurato blog Magic Italy (che ha seguito con grande cura anche le inverosimili vicende del portale web sul turismo italico): “Il senatore a vita Mario Monti decise che non fosse il caso di dare al piano definitiva approvazione, non volendo ricondurre tale azione ad un atto di ordinaria amministrazione di un governo già dimissionario. Soltanto il 29 ottobre del 2015, cioè 33 mesi dopo, al Forum di Napoli, il Ministro Dario Franceschini, dopo le indimenticabili farse di ‘Verybello’ e del TdLab (TurismoDigitaleLab), decise di reinsediare il Comitato Permanente del Turismo, assegnandogli l’alto compito di redigere un nuovo piano strategico del turismo nazionale. Ci sono voluti ulteriori nove mesi solo per stenderlo, durante i quali si è assistito al susseguirsi di forum, Stati Generali, maratone, improbabili siti di discussione “dal basso”, tavoli di concertazione, convegni e convenzioni da 1,5 milioni di euro tra Mibact ed Invitalia per supportare l’elaborazione degli “indirizzi strategici e di programmazione delle politiche per lo sviluppo del settore turistico” e del “piano nazionale sul turismo”, nonché altre “promesse”, annunci, bla bla bla e varie amenità… Alla fine saranno passati, inutilmente, quasi 4 anni dal precedente piano di Piero Gnudi”. Come dire?! Da 35.000 euro a 1.500.000 euro, per addivenire nuovamente ad incerti risultati scritti sulla sabbia???

Intanto, il 1° agosto Mattia Fantinati, parlamentare grillino, ha presentato una pesante interrogazione sul nuovo corso dell’Ente Nazionale per la promozione del Turismo: l’interrogante pone domande pungenti sulla non registrazione da parte della Corte dei Conti degli atti di nomina del Consiglio di Amministrazione dell’Enit (che risalgono al luglio dell’anno scorso) e sui possibili conflitti di interesse di due consiglieri, Fabio Lazzerini (Direttore Generale di Emirates Italia) e Antonio Preiti (titolare delle quote di maggioranza della società di consulenza Sociometrica). Enit, come è noto, è presieduta da Evelina Christillin (già Presidente della Fondazione Teatro Stabile di Torino e della Fondazione Museo Egizio di Torino), e dovrebbe essere il braccio operativo del Mibact della rinnovanda politica turistica nazionale. In argomento, analisti seri come il documentato polemista Luciano Ardoino (si rimanda al suo ricco blog “tutto sbagliato tutto da rifare”) nutrono profonde perplessità.

Cinecittà-Luce, dal novembre 2016 “braccio operativo” del Mibact

Il 27 luglio 2016, è stato pubblicato sul sito del Mibact il decreto, a firma Franceschini, per l’assegnazione dei contributi per le attività 2016 dell’Istituto Luce – Cinecittà per l’anno 2016: si tratta di ben 17,5 milioni di euro.

In onore alla trasparenza, il decreto è reso di pubblico dominio, ma non altrettanto può dirsi del “programma rimodulato delle attività di Istituto Luce-Cinecittà srl” trasmesso al Ministero il 14 giugno 2016. A cosa serve questa “trasparenza”, se non si ha alcuna cognizione del contenuto del “programma rimodulato”?! Francamente, molti si domandano – nel settore cinematografico ed audiovisivo italiano (e non solo) – cosa stia effettivamente facendo il Luce-Cinecittà (che impiega ben 78 dipendenti), negli ultimi anni, per continuare a beneficiare di sovvenzionamenti di queste dimensioni… Il bilancio di esercizio 2015 non aiuta a granché chiarire: emerge una grande frammentazione di interventi (soprattutto partecipazione a festival all’estero), senza una visione strategica organica e senza alcuna valutazione dell’impatto delle tante iniziative (come dire?! la stessa patologia che riguarda l’Enit…). Viene annunciato l’avvio della ristrutturazione dell’immobile destinato a divenire sede del Museo del Cinema e dell’Audiovisivo (Miac), progetto che si avvale di uno stanziamento “ad hoc” di 2,5 milioni di euro da parte del Mibac.

Su 17 milioni di euro di contributo ministeriale 2015 (a fronte dei 12 milioni del 2014), si legge che 3,5 milioni sono assorbiti dai costi generali. Il costo del lavoro ammonta a ben 5,3 milioni di euro. I ricavi commerciali hanno prodotto 5,2 milioni di euro (2,8 milioni affitto dei teatri, 1,2 milioni archivio, 360mila euro ricavi film, 325mila euro ricavi documentari…), per un totale complessivo di ricavi dell’esercizio 2015 di 20,6 milioni di euro. Non è ben chiaro quale sia la destinazione di ben 450.000 euro (!), annotati in bilancio tra “altri contributi Mibac in c/esercizio”, per un non meglio definito “progetto speciale 2015 testata giornalistica” (?!). Da segnalare ben 1,2 milioni di euro, tra le spese per “missioni e trasferte”. L’emolumento del Presidente / Ad è sceso dai 147mila euro del 2014 ai 120mila euro del 2015.

Attualmente Roberto Cicutto è Presidente ed Amministratore Delegato, e Maria Teresa Carpio Bulgari e Antonio Bertani sono Consiglieri di Amministrazione (nominati dall’Assemblea del 19 settembre 2014: socio unico è il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del Tesoro, ma i “diritti del socio” sono esercitati dal Mibact).

Da segnalare che il 17 maggio 2016 Franceschini ha firmato un decreto ministeriale secondo il quale, dal 1° novembre 2016, la gestione del “fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche cinematografiche” è assegnato (anche per gli esercizi 2016 e 2017) al Luce-Cinecittà, a fronte di un costo annuo omnicomprensivo di 850mila euro, sulla base di una convenzione triennale con il Mibact.

C’è chi si domanda se Luce-Cinecittà dispone delle competenze tecniche per questa delicata attività (affidata finora dal Mibact ad Artigiancassa del Gruppo Bnp Paribas)… L’eterodosso settimanale “Odeon”, in un articolo del 29 luglio a firma del tenace Andrea Dusio, ipotizza che sia imminente l’arrivo di Walter Veltroni alla guida di Luce-Cinecittà, e prospetta per l’uscente Roberto Cicutto una possibile presidenza Anica (Riccardo Tozzi è dimissionario da mesi, e le elezioni ci saranno in autunno; tra i candidati accreditati, ci sono Andrea Occhipinti, Nicola Maccanico e Giampaolo Letta, e Michele Lo Foco tra gli “outsider”).

 

Il pasticcio del romano svanito Museo dell’Emigrazione

Il 28 luglio, il “Corriere della Sera” assegna grande spazio ad uno sconcertante articolo di Gian Antonio Stella, dedicato all’“incredibile pasticcio del Museo degli Emigranti”, con un titolo inquietante “Il sito web del museo nazionale che dà accesso ai siti porno”, con eloquente occhiello “L’Italia del degrado”. In effetti, da qualche tempo il Museo Nazionale dell’Emigrazione, allocato presso il Vittoriano a Roma (l’Altare della Patria), è stato chiuso. Era stato fortemente voluto dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano, che lo affidò ad uno dei boss dell’organizzazione di mostre d’arte in Italia, Alessandro Nicosia (titolare di Comunicare Organizzando), aperto nel 2009 con Sandro Bondi allora Ministro della Cultura. La sede era provvisoria e l’allocazione frutto di continue proroghe, fino a quando, nel 2015, il Ministro Franceschini ha deciso che l’esposizione in verità mai decollata venisse chiusa, e che la sede definitiva del Museo Emigrazione Italiana sarà a Genova, organizzato dal Museo del Mare (Muma), con la benedizione del Governatore della Liguria Giovanni Toti e del Sindaco di Genova Marco Doria. C’è chi lamenta, giustamente, dispersione di energie e risorse, e la gravità che nella Capitale non vi sia più un luogo per stimolare quella memoria del nostro Paese, che peraltro mantiene attualità ancora oggi (sono sempre più gli italiani che vanno a cercare fortuna all’estero: circa 100mila all’anno).

 

 

Lo scontro Milano vs Torino sulle “fiere del libro”

Ad agosto, continuano le polemiche sullo scontro sul “Salone del Libro”, che contrappone Milano a Torino, e ricorda in qualche modo lo scontro Roma “contro” Venezia rispetto al Festival / Festa del Cinema. La vicenda è complicata, e meriterà approfondimenti.

Qui ci limitiamo a ricordare che gli “attentatori” sono rappresentati dalla confindustriale Associazione Italiana Editori (Aie), guidata da Federico Motta, e dalla Fiera di Milano che vorrebbero in maggio e contemporaneamente al Salone torinese, organizzare una “Fiera del Libro”, nell’area Expo, con la benedizione dell’Assessore alla Cultura del Comune, il compositore Filippo del Corno (riconfermato dal Sindaco Giuseppe Sala, dopo l’esperienza nella Giunta Giuliano Pisapia).

A naso, sembrerebbe che i grandi editori preferirebbero “Milano” (c’è chi li accusa di voler promuovere una… “Librolandia”), mentre i piccoli e gli indipendenti “Torino”, anche se i meneghini sostengono che il loro progetto sarebbe in sintonia con la romana fiera della piccola e media editoria “Più libri più liberi”.

Candidato alla presidenza del Salone di Torino è Massimo Bray (già Ministro – al dicastero poi retto da Franceschini – durante il Governo Enrico Letta), e sostenuto dalla Sindaca grillina Chiara Appendino. Il Ministro Franceschini si sta adoprando per promuovere una “differenziazione” tra le due iniziative.

Intanto, un gruppo di editori sono usciti dall’Aie: da Lindau a MinimumFax da Nutrimenti ad Iperborea… Anche in questo caso, sarebbero auspicabili strumenti conoscitivi adeguati: analisi di scenario, ricerche di mercato, finanche indagini demoscopiche, per comprendere il senso e l’utilità di queste iniziative, per comprendere la ricaduta nell’economia reale dei settori. Ma il Ministero non sembra granché interessato a questo tipo di studi, e finiscono per prevalere spesso l’approssimazione nasometrica e la discrezionalità soggettiva.

Fondazioni liriche ed ancora il “decreto Nastasi” ovvero l’“algoritmo della rottamazione”

Il 2 agosto, il Senato ha approvato in via definitiva una norma relativa alle fondazioni liriche, all’interno del cosiddetto decreto “enti locali” (come dire… “cavoli a merenda”), che prevede che entro il 31 dicembre 2018 questi enti dovranno dimostrare di avere le carte in regola, in materia di autofinanziamento e realizzazione di produzioni e coproduzioni, capacità di internazionalizzazione…

In quel decreto, come abbiamo già notato (vedi “Balletto Fus: Consiglio di Stato proroga a ottobre lo ‘sblocco’ dei fondi allo spettacolo” su “Key4biz” del 22 luglio 2016), è stato reso costituzionale – almeno per il pregresso – ciò che secondo una sentenza del Tar era incostituzionale, rispetto alla vicenda complessa e surreale del “decreto Nastasi” e del famigerato “algoritmo della rottamazione” sui finanziamenti pubblici allo spettacolo…

En passant, si segnala che il 1° agosto il Tribunale di Napoli ha bocciato, con esultanza del Sindaco Luigi De Magistris, l’istanza dell’ex Dg Spettacolo dal Vivo del Mibact e da un anno Commissario Straordinario del Governo per Bagnoli Salvo Nastasi, che chiedeva il dissequestro dei suoli ed il permesso di accesso permanente nell’ex area industriale, per avviare studi propedeutici e correlati appalti. Lo stesso Nastasi è stato nominato il 16 agosto, dalla titolare del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica, Stefania Giannini, nuovo Presidente dell’Accademia Nazionale di Arte Drammatica “Silvio D’Amico”.

Nastasi (che succede a Caterina D’Amico), dall’anno scorso – ovvero da quando era stato nominato da Renzi Vice Segretario Generale della Presidenza del Consiglio – dichiarava di non interessarsi “più” di spettacolo e cultura: ora rientra in campo, anche formalmente. Si segnala – en passant – che la più prestigiosa scuola italiana di arti teatrali è stata in passato presieduta da Giovanni Minoli (sposato con Matilde Bernabei, figlia dell’Ettore scomparso pochi giorni fa; la figlia di Minoli e Bernabei, Giulia, ha sposato nel 2010 Salvo Nastasi), dal 2002 al 2013.

Tutela del patrimonio naturale: si chiede la testa del Ministro Galletti

Il 3 agosto, su questione limitrofa alla cultura (la tutela naturalistica), il Comitato etico-scientifico dell’associazione ambientalista Mountain Wilderness Italia (che conta tra i suoi componenti personaggi del calibro di Stefano Rodotà, Salvatore Settis, Erri De Luca) ha inviato una clamorosa lettera aperta al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Capigruppo e alle Commissioni Ambiente del Senato e della Camera, per sollevare il problema dell’inadeguatezza dell’attuale Ministro dell’Ambiente, l’onorevole Gian Luca Galletti, e per chiederne la sostituzione.

La lettera è stata sottoscritta anche da altri numerosi e autorevoli esponenti del mondo scientifico e della cultura, tra i quali Adriano La Regina, Paolo Matthiae, Luciana Castellina, Tomaso Montanari, Piero Craveri

L’occasione è data da alcune recenti esternazioni del Ministro in merito alla “biodiversità” italiana, da lui vista come un mero patrimonio da sfruttare economicamente, ed alla legge-quadro sulle aree protette (la n. 394 del 1991) che a suo avviso è oramai irrimediabilmente “invecchiata”, e deve essere modificata per consentire alle imprese che operano nel settore “green” di svilupparsi a spese del territorio protetto (questa la tesi degli oppositori).

Queste prese di posizione – sottolineano i firmatari – “confermano l’estraneità del Ministro rispetto alla grande questione della conservazione della natura di cui egli non è in grado di cogliere né il valore ideale né i problemi concreti. Così non si rende conto che la rilevanza economica della biodiversità non risiede nel suo “sfruttamento”, ma negli eco-servizi che essa è in grado di offrire solo qualora venga pienamente tutelata; che la legge-quadro non è una vecchia e inadeguata legge di conservazione, da rottamare, ma è una delle migliori leggi degli ultimi decenni, come dimostrano i risultati straordinari ottenuti sia sul piano dell’estensione della superficie protetta sia su quello delle nuove professionalità e delle nuove occasioni di lavoro…”. Anche in questo caso, ci sembra di assistere ad una deriva di governo troppo “economico” dei beni pubblici.

 

Quasi 8 milioni di euro per la “promozione” del cinema (a pioggia)

L’8 agosto, sul sito della Direzione Cinema del Mibact, retta da Nicola Borrelli, è stato pubblicato in tempo reale l’elenco dei contributi assegnati per l’anno 2016 per le attività di “promozione cinematografica” in Italia, come da deliberazione della Commissione consultiva Cinema in stessa data: si tratta di ben 7,7 milioni di euro, assegnati a centinaia di soggetti, storici e grandi e piccoli.

Se della qualità delle attività di alcuni beneficiari, non si nutrono dubbi (1,1 milioni di euro al Museo Nazionale del Cinema di Torino, 700mila euro alla Cineteca di Bologna…), una qualche perplessità emerge rispetto alla congruità del sostegno a soggetti come la Fondazione Ente dello Spettacolo (organismo pastorale della Cei – Conferenza Episcopale Italiana) che beneficia di sovvenzioni per quasi mezzo milione di euro: per l’esattezza, ben 459.000 euro (di cui ben 345.000 euro per il non famosissimo “Festival Tertio Millennio”).

E che dire dell’Istituto Capri nel Mondo, finanziato con 150.000 euro per la rassegna “Capri – Hollywood”, passerella festivaliera italo-americana condotta da Pascal Vicedomini, cui si affianca il sempre suo “Ischia Global Film & Music Fest”, sostenuto con euro per 75.000 euro?! Da segnalare – en passant – che le “Giornate degli Autori” di Venezia (vedi supra) son sostenute con 215.000 euro…

Le sovvenzioni sono state assegnate da una commissione di esperti di nomina ministeriale, ma non risulta esistere alcuna analisi di impatto – magari degna di una metodologia minimamente scientifica – per la valutazione degli effetti concreti di questi interventi della mano pubblica. Prevale ancora, sostanzialmente, la logica “a pioggia”, con interventi che si teme siano determinati soprattutto dalla forza del “capitale relazionale” dei proponenti.

 

La Corte dei Conti bacchetta il Mibact sulla sponsorizzazione Tod’s del Colosseo

Il 9 agosto si ha notizia delle critiche aspre della Corte dei Conti sull’operazione “Colosseo” ovvero rispetto alla tanto decantata sponsorizzazione della Tod’s per il restauro (“La Stampa” titola in modo netto: “La Corte dei Conti boccia il restauro della Valle”): si tratta di 25 milioni di euro, una somma significativa ma forse non adeguata all’enorme ritorno d’immagine che può determinare per il gruppo di Diego Della Valle. La Corte richiede al Parlamento una legge “che tenga conto delle peculiarità delle sponsorizzazioni culturali, soprattutto con la determinazione di un contenuto contrattuale minimo e inderogabile”. Sic. Perché, finora come è stata impostata e gestita l’operazione?! Per una lettura (iper)critica della dinamica, si rimanda a quanto scrive l’appassionato Pietro Acquafredda sul suo blog “Il Menestrello”.

Piove cash: 500 milioni di euro dal Cipe per i “cantieri della cultura” nel Mezzogiorno

 

Il 10 agosto, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (Cipe) ha dato il suo placet per un incremento a ben 500 milioni di euro l’intervento per i “cantieri della cultura” nel Mezzogiorno.

Più precisamente, il Cipe ha approvato il “Piano di Azione e Coesione Complementare” (cosiddetto “Pac 2014-2020”) che costituisce l’ultima tranche del Piano operativo nazionale “Cultura e sviluppo” (il cosiddetto “Pon Cultura”) del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.

Presentato nel marzo 2016, per un valore di 134 milioni di euro, il Pac appena approvato completa un intervento strategico di circa mezzo miliardo di euro (i 133 milioni del “Pac” si sommano infatti ai circa 360 milioni del “Pon Cultura”), con cui si finanziano, nel 2016, 88 “cantieri”, subito operativi, nelle 5 regioni del Sud: Basilicata Campania, Calabria, Puglia e Sicilia.

Un fiume di danaro, rispetto al quale ci si augura siano chiari sia gli obiettivi strategici e ci si attende peraltro una rendicontazione accurata: il che – ahinoi – non sempre avviene rispetto alla gestione dei fondi europei, come nel caso del confuso progetto “Sensi Contemporanei”, che ha assorbito non pochi milioni di euro, senza che sia mai stato reso disponibile un resoconto organico e dettagliato (vedi “Key4biz” del 26 gennaio 2015).

Da segnalare anche che agosto sta vedendo sicuramente all’opera coloro che hanno avuto notizia del programma di incentivi “Cultura Crea” (sempre nell’economia del “Pon Cultura e Sviluppo Fesr 2014-2020”), presentato a Matera il 19 luglio scorso, che prevede 3 linee di intervento, per complessivi 107 milioni di euro, a favore di piccole e medie imprese e del terzo settore della “filiera culturale e creativa”:

– creazione di nuove imprese dell’industria culturale e creativa che promuovano l’innovazione, lo sviluppo tecnologico e la creatività, a cui sono destinati 41,7 milioni;

– sviluppo delle imprese dell’industria culturale, turistica e manifatturiera, a cui sono destinati 37,8 milioni;

– sostegno alle imprese del terzo settore attive nell’industria culturale turistica e manifatturiera, a cui sono destinati 27,4 milioni.

Da segnalare che le domande vanno presentate entro il 15 settembre 2016 (tempi piuttosto ristretti, per bandi così impegnativi…), sempre per interventi nelle cinque Regioni del Sud: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia.

 

L’imminente “app” per il “bonus cultura” per i 18enni

Ancora chiuso nelle stanze di Palazzo Chigi (ed affidato alle cure del Sottosegretario bocconiano Tommaso Nannicini) il decreto che dovrebbe determinare la concreta operatività del “bonus cultura 18enni”, previsto dal comma 979 dell’articolo 1 della Legge di Stabilità 2016. L’applicazione è in fase di test.

Si ricorderà che la legge n. 208 del 28 dicembre 2015 assegna un beneficio nominale di 500 euro ai cittadini residenti nel territorio nazionale (esteso anche agli stranieri – come da correzione in corso d’opera – ovvero in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno in corso di validità) che compiono i diciotto anni di età nell’anno 2016. L’assegnazione del “bonus” avverrà fino al raggiungimento del limite di spesa di 290 milioni di euro. La gestione del beneficio (“bonus”) si concretizza tramite un’applicazione informatica, utilizzabile attraverso accesso alla rete internet sia da parte dei 18enni che da parte dei titolari degli esercizi commerciali.

Lo specifico Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri è ancora in corso di definizione, ma andrà a disciplinare le regole attuative della “carta elettronica 18enni”, elencando le categorie di prodotti acquistabili con il beneficio in oggetto: biglietti (uno alla volta) o abbonamento per rappresentazioni teatrali e cinematografiche; biglietti per spettacoli dal vivo (anche concerti pop-rock, ma non le discoteche…); libri; titoli di accesso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche e parchi naturali (anche comprensivi di guida); fiere (sulla base di un elenco fornito dal Mibact).

Sono esclusi dvd, videogames, e cd musicali e finanche giornali e riviste, incomprensibilmente: si può capire la priorità assegnata allo “spettacolo dal vivo”, ma perché precludere altre forme di consumo culturale? Insomma, i libri “dentro”, i giornali ed i dvd “fuori”?!

Si prevede che l’accreditamento – attraverso il Sistema Pubblico di Identità Digitale (Spid), curato dall’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid) – debba avvenire tra il settembre 2016 ed il gennaio 2017. Queste le informazioni richieste al 18enne per l’… accreditamento: dati anagrafici (cognome, nome, sesso, data-Comune-Provincia di nascita); dati residenza (Comune, Provincia, cap ed indirizzo); cellulare e/o email (almeno uno obbligatorio, per eventuali contatti con il 18enne); eventuali riferimenti a piattaforme di comunicazione (Facebook, Twitter, altro opzionale).

Il lettore si renderà conto dell’enorme potenziale anche… elettoralistico dell’indirizzario di coloro che si andranno ad iscrivere, attraverso la generazione di questo “borsellino” concesso dallo Stato.

Si segnala che è stato girato a Milazzo uno spot promozionale dell’iniziativa, che sarà “on air” sulle tre reti generaliste Rai e su RaiNews dal 12 settembre 2016: iniziativa a cura dell’Ufficio per le Attività di Informazione e Comunicazione Istituzionale del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria (Die) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, coordinato da Alessandra De Marco, dell’agenzia Flp Comunicazione srl, per la regia del messinese Massimo Coglitore.

Inquieti concorsi per funzionari del Mibact e restauratori

Il 12 agosto, scoppia – su alcune testate – il “pasticcio” del concorso Mibact per restauratori: un “concorso impossibile per una qualifica fantasma”, scrive Thomas Mackinson su “il Fatto Quotidiano”, che spiega: “alla prima sessione di prove 6mila candidati, per 80 posti, finiscono in un limbo. Vengono ammessi, ma con “riserva”, perché in 12 anni nessuno s’è preso la briga di dire chi ha “titolo” per metter mano al patrimonio d’arte italiano. La pezza si rivela anche peggiore del buco: una commissione doveva verificare i requisiti, ma a prove avviate è ancora in alto mare e si prende 597 giorni per verificare un elenco. Fioccano ricorsi, appelli, interrogazioni. L’elenco provvisorio congelato dal Tar”…

La polemica si affianca a quella già in atto per il decantato concorso Mibact per 500 posti ovvero “500 professionisti per la cultura”, cui hanno partecipato 20.000 candidati. Si tratta di 500 posti di “funzionario tecnico-scientifico”, con varie figure professionali: 5 posti per antropologo, 90 per archeologo, 130 per architetto, 95 per archivista, 25 per bibliotecario, 5 per demoantropologo, 30 per promozione e comunicazione, 80 per restauratore, 40 per storico dell’arte.

Un concorso atteso da oltre dieci anni, ma impostato in modo non adeguato. Andrea Carandini ha scritto “quel che lascia più stupiti è la qualità di molte domande: talvolta ridicole (“Come si chiama la Cappella Vaticana ove Michelangelo dipinse il Giudizio Universale?”), talvolta inutilmente difficili”. E spiega: “la critica più generale al concorso è però la seguente. Bisognerebbe fare concorsi limitati tutti gli anni, e non concorsi di massa per 1.000 o 500 posti ogni decennio o ventennio (cara grazia, comunque, che Franceschini abbia deciso di farne finalmente uno!). Bisognerebbe poi dividere i quiz per la preselezione in base alle specializzazioni del Ministero, in modo che per l’archeologia – ad esempio – le domande possano riguardare non solo oggetti d’arte o luoghi, ma oggetti utili di uso comune essenziali per datare, e procedure di classificazione, scavo e ricognizione. Solo le domande di inglese e di diritto potrebbero essere uguali per tutti. Il rischio è che vengano selezionati i maniaci delle nozioni, mentre i giovani studiosi davvero capaci di operare sul campo, di cui tanto vi è bisogno nell’amministrazione, vengano scartati. L’attenzione non dovrebbe essere concentrata solo su cose singole, ma sui contesti e sul modo per ricostruirli, ignorati come al solito. Quasi tutte le domande sono di storia dell’arte, con poche per archeologi e archivisti”. E così conclude, il famoso archeologo e culturologo italiano, attualmente Presidente del Fai: “è il solito mondo vetusto che si riproduce e che rischia di far fallire qualsivoglia riforma”. Il giudizio di Carandini può essere “riprodotto” in molti altri contesti italici: le belle intenzioni riformatrici (quando emergono, e va dato atto a Renzi e Franceschini che questa volontà c’è) vengono di fatto spesso tradite da procedure pressappochiste e confuse, ovvero da un’approssimazione anni-luce lontana dall’“evidence-based policy making”.

Potremmo continuare per pagine e pagine (riportando altre piccole e grandi iniziative di policentrica e frammentaria “politica culturale”), ma non vogliamo tediare i nostri affezionati lettori.

Insomma, il Governo Renzi non lesina danari alla cultura (e di ciò va dato merito, dopo anni ed anni di insulse politiche di contrazione della spesa pubblica in materia), ma si nutre il convincimento che permane un grosso deficit di strategia e di operatività (così come di conoscenze di base), e quindi il rischio di dispersione delle risorse è sempre in agguato.

Chiudiamo questo dossier di Ferragosto su un caso che riteniamo “sintomatico” giustappunto della frammentazione di interventi e dell’assenza di una regia strategica ed organica.

Lo strano caso del 10% da “copia privata” Siae per la creatività giovanile

Vogliamo qui segnalare quel che riteniamo veramente un “caso sintomatico” di gestione curiosa della “res publica” in materia di cultura. Un caso che sembra essere sfuggito all’attenzione dei più: è vero, siamo ad agosto, ma quel che è veramente incredibile è che nessuno ne abbia scritto, nemmeno nelle settimane precedenti. Eppure la notizia è pubblica, e prospetta nuove risorse a favore della cultura…

Riveliamo ai nostri lettori che pochi (i frequentatori degli ovattati corridoi del “potere culturale” romano, lobbisti inclusi) sembrano infatti aver avuto notizia di quel che s’è concretizzato nelle settimane scorse, coerentemente con la previsione del comma 335 dell’articolo 1 della Legge di Stabilità 2016: un 10% di tutti i compensi incassati per la cosiddetta “copia privata” deve essere destinato ad un nuovo fondo “per favorire la creatività giovanile”, gestito dalla Società Italiana Autori Editori (Siae), sulla base di un apposito “atto di indirizzo” annuale del Mibact, per attività di promozione culturale nazionale e internazionale.

Si ricorda che convenzionalmente con “copia privata” si intende il compenso che si applica sui supporti vergini, apparecchi di registrazione e memorie, in cambio della possibilità di effettuare registrazioni di opere protette dal diritto d’autore.

La questione della “copia privata” è complessa delicata e controversa, e questa testata le ha dedicato molta attenzione (vedi “Equo compenso: Nokia Italia vs Mibact, il caso alla Corte Ue” su “Key4biz” del 24 febbraio, e, più recentemente, “Copia privata, decreto Bondi incompatibile con diritto Ue?” del 4 maggio 2016). La sentenza della Corte Europea per la causa C-110/15, che vede contrapposti Nokia Italia, Hewlett Packard Italia, Telecom Italia, Samsung  Italia, Fastweb, Sony, Wind… contro Mibact, Siae, Imaie, Anica, Apt… è attesa per l’autunno, e potrebbe determinare conseguenze critiche rilevanti per l’intero sistema del diritto d’autore italiano, ed ovviamente anche per la Siae, sempre più sottoposta ad un fuoco incrociato di critiche per il suo perdurante “monopolio”.

Un’interessante descrizione della posizione del Mibact sulla “copia privata” è contenuta nella risposta della Sottosegretaria Ilaria Borletti Buitoni, il 10 febbraio 2016, all’interrogazione n. 4-04584del senatore leghista Gian Marco Centinaio, presentata il 29 settembre 2015.

Ma, nelle more della sentenza della Corte Europea, il 10 % della “copia privata” previsto per il 2016 dovrà pur essere assegnato: e come verrà assegnato?!

Nel silenzio dei più, il 13 giugno 2016 sul sito web della Direzione Generale Biblioteche ed Istituti Culturali (Dgbic) del Mibact, retta da Rossana Rummo, è stato pubblicato il previsto “Atto di indirizzo per la promozione culturale nazionale e internazionale dei giovani autori” ai sensi dell’articolo 1, comma 335, della legge 28 dicembre 2015, n.208”, decreto a firma del Ministro Dario Franceschini in data 28 maggio 2016.

Il decreto n. 266 è prodromico al regolamento operativo che la Siae sta elaborando, pur con una qualche difficoltà, anche perché l’atto di indirizzo ministeriale impone dei vincoli piuttosto rigidi (la cui genesi logica è peraltro di ardua comprensibilità):

– il 30% delle risorse deve essere allocato a progetti culturali “nelle periferie urbane”;

– il 20% al “sostegno, creazione, produzione, edizione e fissazione” di “opere prime” in settori come “arti visive, performative e multimediali”, “teatro e danza”, “libro e lettura”, “musica”, con incomprensibile esclusione del “cinema”, e peraltro nessuna traccia dell’audiovisivo non cinematografico: perché la fiction o i videoclip musicali o la documentaristica televisiva sono esclusi, così le web serie?! Non sono anch’essi possibili strumenti di espressione della “creatività giovanile”?!

– il 20% alla creazione di “residenze artistiche” ed alla “formazione”, anche attraverso borse di studio e tirocini;

– il 20% all’“esecuzione pubblica di repertori originali in contesti “live” nazionali e internazionali” ed alla “promozione internazionale” dei giovani autori, artisti, interpreti ed esecutori;

– il 10% alla “traduzione di opere nazionali di giovani autori in altre lingue” ed alla “distribuzione all’estero delle opere nazionali di giovani autori”.

Complessivamente, si ha ragione di stimare che questo novello fondo per la creatività giovanile possa assegnare per il 2016 risorse nell’ordine di 15 milioni di euro, ovvero giustappunto un 10% del flusso a Siae derivante da “copia privata”.

Anche in questo caso, naturale sorge il quesito: ma questa rigida ripartizione è il risultato di adeguati quanto opportuni studi scenaristici ed analisi di mercato sui bisogni e le criticità dei vari settori, oppure semplicemente il frutto di una discrezionale valutazione da parte della pubblica amministrazione con la benedizione del ministro pro tempore?!

Risulta che la Siae si stia avvalendo – nel rapporto con il Mibact e per la stesura degli avvisi che dovranno presto essere pubblicati sulla base del regolamento in gestazione – della consulenza specialistica del Cles srl (Centro di ricerche e studi sui problemi del lavoro, dell’economia e dello sviluppo, fondato da Paolo Leon, recentemente scomparso), qualificata società di consulenza specializzata presieduta da Alessandro Leon. Cles presta consulenza di “supporto per allocazione del 10 % della copia privata ad attività promozionali culturali”. Ma questo incarico riguarda la “allocazione” delle risorse, ovvero il regolamento per la loro gestione, non la strategia di fondo.

Potenzialmente, su questa vicenda potrebbero presto scatenarsi infuocate polemiche.

Diverte osservare che, digitando su GoogleAtto di indirizzo per la promozione culturale nazionale e internazionale dei giovani autori” emergono soltanto 4 risultati 4, tutti riconducibili al Mibact. Dopo quest’articolo su “Key4biz”, crediamo che la quantità di “risultati” andrà aumentando…

Buon prosieguo di vacanze a tutti.