Convenzione

ilprincipenudo. Concessione Stato-Rai: parere ‘bipartisan’ in Vigilanza

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Approvato un parere bipartisan (Pd+M5S) sullo schema di convenzione per il decennio 2017-2026, in versione evoluta ma non rivoluzionaria, duramente osteggiato dal centro-destra. Contratto di servizio entro fine ottobre?!

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Ieri (martedì), rispettando l’agenda temporale che si era imposta, la Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi ha approvato, in una lunga riunione dai toni vivaci, il parere – obbligatorio ma non vincolante – sullo “schema di convenzione” tra Stato e Rai, che dovrà regolare il futuro di Viale Mazzini per un decennio, dal 2017 al 2026.

Rispettando anche le previsioni di tempistica, ieri pomeriggio, nell’arco di tre ore (dalle 10.20 alle 13.50), la Commissione Parlamentare Bicamerale di Vigilanza ha approvato il parere, rispetto allo schema di convenzione che il Consiglio dei Ministri ha varato il 10 marzo scorso.

Di fatto, la Vigilanza ha rispettato il previsto termine di 30 giorni (chiedendo una piccola deroga, concordata con il Mise).

Si ricordi che la norma primaria di riferimento è ormai, insieme al “Tusmar” (il “Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici”), anche la legge di mini-riforma della Rai (la n. 220/2015, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 2015), tanto voluta dall’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi, e da molti contestata perché ha rafforzato l’influenza (se non il potere) del Governo sul servizio pubblico radiotelevisivo.

Si apre ora (rectius: tra qualche mese, dato che si dovrà attendere il “contratto di servizio”) una partita nuova, ancora molto aleatoria, ma certamente – almeno in prospettiva – il Direttore Generale Antonio Campo Dall’Orto (che da un paio d’anni ha potuto condurre la Rai con un potere senza precedenti) sarà soggetto a novelli obblighi e vincoli. Immaginiamo che li possa percepire come… lacci e lacciuoli, se li interpreterà in una visione soltanto “marketing oriented”.

Lo Stato interviene finalmente, dopo anni, per proporre (imporre?!) alla Rai la propria visione di “servizio pubblico” radiotelevisivo.

In questi ultimi anni, è infatti incredibilmente rimasto in vigore un evanescente “contratto di servizio” risalente al triennio 2000-2002, contratto che – anche a causa delle sue caratteristiche di “prorogatio”– non ha avuto alcuna efficacia.

La Commissione di Vigilanza ha approvato ieri un nuovo testo di parere, nella versione elaborata dal Relatore di maggioranza Vinicio Peluffo (deputato del Partito Democratico), che ha poco recepito – come prevedibile – delle proposte emendative delle opposizioni.

Il Presidente della Commissione, Roberto Fico (Movimento 5 Stelle), dopo l’approvazione, ha subito diramato un “dispaccio web”, rivendicando i meriti di un testo innovativo.

La minoranza di centro-destra ha addirittura convocato una conferenza stampa, accusando i grillini di “prove tecniche di inciucio” con i democratici ovvero di essere stati “narcotizzati” dal Pd, e gridando allo scandalo per l’“assenza di trasparenza” (così Renato Brunetta per Forza Italia) e per la “cambiale in bianco, 20 miliardi di euro in 10 anni” che Pd e M5S avrebbero consegnato alla Rai (così il leghista Jonny Crosio). Il centro-destra, in una ritrovata compattezza, non ha partecipato al voto.

Oltre a Brunetta e Crosio, hanno animato la conferenza stampa Maurizio Gasparri ed Augusto Minzolini per Forza Italia, Fabio Rampelli per Fratelli d’Italia, Luigi D’Ambrosio per Direzione Italia, oltre al relatore di minoranza Rossi di Liguria Civica. Secondo Gasparri, la sintonia Pd-M5S sarebbe stata determinata dalla benedizione congiunta rispetto alla contestata nomina di Milena Gabanelli, nominata “direttrice di una testata che ancora non esiste, RaiWeb”.

Le deputate grilline Mirella Liuzzi e Dalila Nesci hanno sostenuto invece che si è trattato di un “ottimo lavoro bipartisan”.

Come abbiamo già segnalato su queste stesse colonne (vedi “Key4biz” di giovedì 7 aprile: “Concessione Stato-Rai: il bilancio sociale diventa obbligatorio”), il giudizio nei confronti dello schema di convenzione può essere discretamente positivo, anche se non si tratta di un atto… rivoluzionario: insomma, abbiamo a che fare con un’apprezzabile piccola evoluzione.

Molto di più – con maggiore coraggio – si sarebbe potuto fare, se anzitutto il Governo avesse voluto interpretare correttamente e recepire al meglio le indicazioni della tanto decantata, ma sostanzialmente tradita, consultazione nazionale “CambieRai”…

Le fasi successive, prima di arrivare al documento concretamente operativo, ovvero il “contratto di servizio” quinquennale, sono non esattamente univoche.

Il testo approvato dalla Vigilanza è tornato, da oggi, al Consiglio dei Ministri, che dovrà procedere all’approvazione definitiva dello schema di convenzione. Lo farà nella prima riunione del Cdm utile, o si prenderà un po’ di tempo ancora?!

Si ricordi che la validità dell’attuale convenzione è stata fissata, di proroga in proroga, al 30 aprile 2017 (domenica), e quindi mancano meno di tre settimane alla scadenza.

Le previste “linee guida”, che la legge assegna all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (vedi l’articolo 6 della “convenzione”), verranno elaborate nelle prossime settimane, e saranno quindi determinanti nella prima bozza di “contratto di servizio”?

Oppure l’Agcom riterrà concluso il suo ruolo con l’aver trasmesso al Governo, ovvero al Ministero dell’Economia e Finanza (Mef), la lettera di fine febbraio peraltro assai poco recepita, nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 marzo scorso?

L’articolo 6 della convenzione prevede che, “con deliberazione adottata d’intesa dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e dal Ministero dello Sviluppo Economico, prima del rinnovo quinquennale del contratto nazionale di servizio, siano fissate le linee-guida sul contenuto degli eventuali ulteriori obblighi” del servizio pubblico. Queste “linee-guida” verranno elaborate nelle prossime settimane, o ci si sarà limitati al succitato parere?!

Non è ben chiaro. Ed a quali “eventuali ulteriori obblighi” ci si riferisce?!

Si segnala che, peraltro, la lettera che Agcom ha trasmesso al Mef non è stata resa di dominio pubblico (anche se il Presidente Angelo Marcello Cardani vi ha fatto riferimento in audizioni pubbliche), e naturale sorge l’istanza di pubblicarla sul sito web dell’Autorità: essa ha oggettiva rilevanza pubblica, e non può essere classificata come riservata. Insomma, non rientra – suvvia – tra gli “interna corporis” dello Stato.

Va segnalato che la proposta di parere del Relatore Peluffo, nella sua versione presentata ieri martedì, denominata “ulteriore riformulazione”, è stata oggetto di accese polemiche, al punto tale che il relatore di minoranza, il senatore Maurizio Rossi (già Scelta Civica oggi LiguriaCivica, editore dell’emittente televisiva ligure Primocanale), si è rivolto ai Presidenti di Camera e Senato, con una lettera di protesta, chiedendo loro di intervenire affinché gli emendamenti da lui proposti venissero “rivalutati”.

Il Presidente della Vigilanza, il grillino Roberto Fico, rispondeva precisando che le proposte emendative di Rossi erano state classificate come “inammissibili” e non “irricevibili”.

Sofismi procedurali o meno, è un dato di fatto che Peluffo ha sostanzialmente ignorato le istanze di Rossi, ma ciò è finanche comprensibile, nella dialettica tra maggioranza e minoranza. Alcune proposte emendative dei grillini sono state accolte dal Relatore di maggioranza. In verità, forse Peluffo avrebbe potuto sforzarsi di più, per accogliere anche alcune esigenze di Brunetta in materia di “trasparenza”, tematica che resta senza dubbio uno dei punti deboli di Viale Mazzini (Rai si trincera sempre sulla riservatezza di alcune informazioni, che sarebbero sensibili dal punto di vista commerciale, e così riconosce una qual certa contraddizione interna del proprio status giuridico), così come in relazione ai dubbi relativi alle ipotizzate pratiche di “dumping” nella vendita di pubblicità (ma su queste tematiche, forse potrebbe avviare un’indagine anche l’Autorità Garante per la Concorrenza e per il Mercato, ove ve ne fossero i presupposti).

Quel che è sicuro è che una grande occasione di riflessione seria ed accurata sui futuri possibili della Rai è stata vanificata dalla estrema lentezza con cui il Governo Renzi ha affrontato la delicata tematica, costringendo Viale Mazzini ad una stagnazione dalla quale ancora non esce.

Si intravede… luce in fondo al tunnel, ma non resta da augurarci che la stesura del contratto di servizio rappresenti l’occasione (l’ultima, veramente), per stimolare la indispensabile rigenerazione della Rai…

Va apprezzato che, questa volta con eccellente tempismo, nella mattinata di oggi mercoledì la Commissione di Vigilanza ha messo a disposizione sul sito web della Camera dei Deputati il resoconto delle tre ore di dibattito di ieri: la Commissione ha forse recepito le critiche e lamentazioni manifestate su “Key4biz” per i ritardi nella rendicontazione?! Bene, quale che sia la motivazione di questa accelerazione. Anche se si tratta, una volta ancora, ahinoi, di un resoconto “sommario”, e si legge la solita formula “il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte” (ad oggi non ancora online).

Rimandiamo i lettori più attenti alla lettura di questo documento.

Il testo definitivo dello “schema di convenzione”, integrato dagli emendamenti, non è comunque stato ancora collazionato.

In sintesi, queste le innovazioni più significative introdotte ieri dalla Vigilanza, rispetto al testo approvato dal Cdm il 10 marzo:

  • obbligo Rai affinché il segnale possa essere ricevuto gratuitamente dal 100 per cento della popolazione (divenuto, nella vulgata, “parabola gratis”), ma con quantificazione dei costi di questa prestazione accessoria (…) attraverso un piano dettagliato da sottoporre all’attenzione del Mise;
  • impegno verso un maggiore sostegno dell’industria nazionale di produzione di contenuti audiovisivi, con particolare attenzione alla produzione indipendente, e specificamente di documentari e di animazione;
  • impegno per il superamento di un’immagine stereotipata della donna, maggiore attenzione verso le persone con disabilità, e – certamente importante – divieto assoluto di messaggi pubblicitari sul gioco d’azzardo;
  • previsione di una predisposizione di un “piano triennale”, da parte del Mise, per “la determinazione annuale delle quote di canone da destinare alla società concessionaria”;
  • rafforzamento della “contabilità separata”, che viene prospettata “anche in vista di una possibile separazione funzionale”;
  • introduzione dell’obbligo di “bilancio sociale”, ovvero di un documento accurato di rendicontazione del proprio operato verso gli “stakeholder” (abbonati, spettatori, cittadini); riteniamo questa una delle innovazioni più importanti, perché obbliga Rai a confrontarsi con il proprio pubblico, non soltanto attraverso la strumentazione meccanica e riduttiva dell’Auditel; particolare apprezzamento, quindi, per l’emendamento voluto da Pino Pisicchio (Capo Gruppo del Gruppo Misto alla Camera);
  • divieto di pubblicità sui canali “per bambini”, e, a questo punto, ci si riferisce verosimilmente anche a Rai Gulp (almeno in parte), dato che, “motu proprio”, il Dg Antonio Campo Dall’Orto ha deciso di eliminare, dal maggio 2016 (e ben prima di questo dibattito), la pubblicità da Rai Yoyo;
  • introduzione di una penale nel caso che il perfezionamento del contratto di servizio andasse oltre i termini temporali previsti…

L’utilizzazione di alcuni termini, in particolare “anche” (per esempio, rispetto alla “produzione indipendente” ovvero alla “possibile separazione funzionale”) attenua la forza degli obblighi imposti, ma – come dire?! – la dichiarazione di principio ha anch’essa una sua valenza significativa.

Una rivoluzione?

Certamente no, ma un tentativo, apprezzabile, di migliore definizione del sinallagma, ovvero del “do ut des” tra Stato e concessionaria.

A questo punto, che tempi si prevedono? La legge n. 202/2015, prevedeva (al comma 6 dell’articolo 5, “disposizioni transitorie e finali”): “In sede  di  prima  applicazione,  lo schema  di  contratto  di  servizio  è  trasmesso  entro  sei   mesi dall’affidamento della concessione successivo alla  scadenza”. E quindi, dalla novella scadenza definita da ultimo (il 30 aprile 2017), il termine sarebbe il 30 ottobre 2017 (sei mesi, appunto, dal 30 aprile).

Purtroppo non brevissimi, se è vero che il parere della Vigilanza ha introdotto una “norma transitoria” (art. 17-bis), che prevede che, “qualora entro il 15 gennaio 2018 il Ministero dello Sviluppo Economico e la società concessionaria non abbiano ancora stipulato il contratto di servizio, il Ministero stesso e la società concessionaria, nei successivi cinque giorni riferiscono congiuntamente alla Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi. Trascorsi inutilmente sette giorni da tale comunicazione, la società concessionaria, qualora l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni accerti, dopo la debita contestazione, che essa è responsabile del ritardo o della mancata stipula del contratto nazionale di servizio, è tenuta al pagamento di una penale pari all’ammontare del canone annuo del diritto d’uso delle frequenze”.

Conoscendo le dinamiche italiche, in sostanza, si sta prospettando una gestazione del “contratto di servizio” che potrebbe protrarsi per quasi altri… 9 mesi (da fine aprile 2017 a metà gennaio 2018), se la scadenza-limite viene definita al 15 gennaio 2018. A fronte dei surreali ritardi accumulati negli ultimi anni, un commento soltanto: da non crederci.

[ Ha collaborato Martina Paliani. ]

Clicca qui, per leggere il resoconto sommario della riunione della Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi di martedì 11 aprile 2017, che ha approvato il “parere sullo schema di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri concernente l’affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, con l’annesso schema di convenzione, Atto n. 399” (si veda, in particolare l’Allegato 3).