Convenzione

ilprincipenudo. Concessione Stato-Rai: il bilancio sociale diventa obbligatorio

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Siamo alla fase finale, martedì 11 aprile la Commissione Vigilanza vota. Introdotto l’obbligo di “bilancio sociale” per Viale Mazzini, su iniziativa di Pino Pisicchio (Capo Gruppo Misto).

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Ieri pomeriggio (giovedì), con un tempismo record, la Commissione Parlamentare bicamerale di Vigilanza sulla Rai, in tre quarti d’ora (!), in relazione allo “schema di convenzione” tra Stato e Rai, ha deciso quali emendamenti, dei 184 presentati entro le ore 12 di mercoledì 5 aprile, fossero “ricevibili” e quali “irricevibili”, quali “ammissibili” e quali “inammissibili”, ed ha quindi dato la parola al relatore di maggioranza, il deputato del Partito Democratico Vinicio Peluffo, il quale ha illustrato la propria proposta di parere, che ha tenuto conto di alcune proposte emendative.

Si era vociferato che gli emendamenti proposti fossero 240 (vedi “Key4biz” di mercoledì, “Concessione Stato-Rai: dopo il letargo, finalmente accelera l’iter”), ma, alla fin fine, son stati “soltanto” 184: di questi, son stati bollati come “irricevibili” ovvero “inammissibili” 46, mentre il Relatore ha dichiarato, nel redigere il “parere riformulato”, di aver tenuto conto di 25 emendamenti (la calcolatrice ci consente di comprendere che i residui 113 emendamenti son stati ignorati…). La proposta di “parere alternativo”, elaborata da Maurizio Rossi (il relatore di minoranza, già Scelta Civica, editore dell’emittente televisiva ligure Primocanale), è stata bollata come “irricevibile”, ma era – come dire?! – prevedibile, nel gioco delle parti.

Il tutto è avvenuto, certifica il resoconto (sommario) reso disponibile questa mattina sul sito della Camera, dalle ore 17.45 alle ore 18.20. Cinque minuti dopo, si è riunito l’Ufficio di Presidenza che, in dieci minuti, ha convocato per martedì prossimo alle ore 10 la discussione finale e votazione: martedì è l’11 aprile, e la Commissione sarebbe in ritardo di 1 giorno uno soltanto, rispetto ai 30 giorni previsti dalla legge (il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato lo schema di convenzione Rai il 10 marzo).

Tre sono le modificazioni più significative emerse dalla metabolizzazione dell’onorevole Vinicio Peluffo, ovvero dalle trattative “dietro le quinte”.

Tralasciamo qui le modificazioni relative a questioni “di principio”, comunque afferenti alla sfera teorica (ideologica) del documento, sulle quali pure si potrà tornare: ci limitiamo a segnalare che è stata recepita un’istanza manifestata dai grillini in materia di indipendenza e pluralismo (emendamento n. 1.24 a firma del Presidente della Vigilanza Roberto Fico ed altri), e che è stata accolta la richiesta di Maurizio Gasparri (Forza Italia) ed altri affinché il “piano editoriale” e la “rimodulazione dei canali” siano sottoposti “all’esame ed all’approvazione” delle “competenti sedi parlamentari” (emendamento n. 1.22).

Prima modificazione rilevante: il costo della messa a disposizione all’utente, da parte della Rai, di decoder e scheda e finanche parabola, dovrà essere oggetto di una specifica quantificazione da parte Rai nei confronti del Ministero dello Sviluppo Economico. Recita un emendamento all’articolo 3 comma 1 lettera a): “La società concessionaria, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente convenzione, presenta al Ministero dello Sviluppo economico un piano recante un’analisi dettagliata dei costi relativi all’obbligo di assicurare la ricezione del segnale al 100 per cento della popolazione”.

In effetti, secondo alcune stime, l’introduzione di questo obbligo di assicurare alla totalità della popolazione “il segnale” Rai potrebbe determinare oneri per Viale Mazzini nell’ordine finanche di centinaia di milioni di euro (!), e, a quel punto, il Ministero dovrà assumersi la responsabilità del rischio che questi budget vengano sottratti ad attività per alcuni aspetti più strategiche per Rai (per esempio, gli investimenti in produzione). Il proponente dell’emendamento numero 3.9 è stato il piddino Francesco Verducci.

Seconda modificazione importante: il Relatore ha recepito una proposta che sembra “minima”, ma tale non è. “All’articolo 3, comma 1, lettera b), le parole: «potrà definire», siano sostituite con la seguente: «definisce»”. La differenza tra un “potrà definire” (opzione facoltativa…) ed un “definisce” (un obbligo, per quanto tenue) non è cosa da poco, dato che il riferimento è al passaggio che recita “Il contratto nazionale di servizio potrà definire durata e ambito dei diritti di sfruttamento radiofonico, televisivo e multimediale negoziabili dalla società concessionaria”. Ci si riferisce alla dialettica tra “diritti primari” e “diritti secondari”, che è questione nodale nel rapporto tra broadcaster e produttori indipendenti. Una questione veramente rilevante, nell’economia complessiva del sistema audiovisivo nazionale, anche in relazione alla nuova legge Franceschini di riforma del sostegno pubblico al cinema ed all’audiovisivo. La si può anche interpretare come una vittoria dei produttori indipendenti, che siano associati all’Anica (produttori cinematografici prevalentemente) ovvero all’Apt (produttori televisivi prevalentemente) o meno. Anche in questo caso, Peluffo ha recepito una istanza di Francesco Verducci. Va segnalato che, in altro punto del parere “riformulato”, è stata accolta un’istanza dei produttori di documentari e di animazione, affinché anche questi generi siano oggetto di esplicito obbligo (ovvero “impegno”) produttivo da parte della Rai.

Terza modificazione importante: forse la più stimolante, perché riguarda il rapporto tra Rai ed i suoi “stakeholder”, che sono (dovrebbero essere) anzitutto i telespettatori, oltre che gli abbonati. L’emendamento approvato è rilevante assai (all’articolo 12, dopo il comma 1, inserire il seguente): «2. La società concessionaria redige annualmente, entro quattro mesi dalla conclusione dell’esercizio precedente, un bilancio sociale, che rechi un elenco dettagliato delle attività svolte in ambito socio-culturale, con particolare attenzione al rispetto del pluralismo informativo e politico, dei diritti delle minoranze, della tutela dei minori, della rappresentazione dell’immagine femminile, della promozione della cultura nazionale. Il bilancio sociale dà conto anche dei risultati di indagini demoscopiche sulla qualità dell’offerta proposta così come percepita dall’utenza». L’autore del lungimirante emendamento è Pino Pisicchio, Capo Gruppo alla Camera del Gruppo Misto, studioso di sistemi elettorali (ha appena pubblicato il manualetto “Come funzionano le leggi elettorali”, Giubilei Regnani Editore, facendo seguito al provocatorio “I dilettanti. Splendori e miserie della nuova classe politica”, Guerini e Associati), ma anche docente di mediologia, e certamente sensibile alla materia Rai.

La decisione è apprezzabile anche dal punto di vista di “Key4biz”, dato che – tante volte – su queste colonne, abbiamo lamentato come sia incredibile che la Rai, dopo l’esperienza del “numero zero” voluto nell’estate del 2015 dagli allora Presidente e Direttore generale Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi (vedi “Key4biz” del 29 luglio 2015, “Il numero zero del ‘bilancio sociale’ Rai: più ombre che luci), non abbia più pensato a curare un proprio “bilancio sociale”.

È opportuno riportare il testo integrale dell’emendamento Pisicchio (è il n. 12.4), che, nella versione del proponente era ancora più… ficcante: “il bilancio sociale propone un’analisi accurata e dettagliata delle attività della società concessionaria soprattutto in ambito socio-culturale, con particolare attenzione a tematiche sensibili come il rispetto del pluralismo informativo e politico, dei diritti delle minoranze, della tutela dei minori, della rappresentazione dell’immagine femminile, della promozione della cultura nazionale; b) il bilancio sociale, anche in riferimento alle previsioni del contratto di servizio, è integrato da specifiche ricerche demoscopiche focalizzate sulla verifica dei livelli di qualità dell’offerta proposta così come percepiti dall’utenza, ottimizzando l’esperienza storica della rilevazione Qualitel alla luce delle migliori pratiche di analisi quali-quantitativa di altri servizi pubblici radiotelevisivi europei; c) un estratto del bilancio sociale viene inviato per via postale o telematica a tutti gli abbonati al servizio radiotelevisivo, mentre il rapporto nella sua interezza verrà messo a disposizione sul sito web della società concessionaria; d) il bilancio sociale, caratterizzato da una impostazione redazionale di agevole leggibilità anche attraverso infografica evoluta, è realizzato avvalendosi di almeno due enti di ricerca indipendenti».

 

Se fosse stata approvata integralmente nella versione originaria del proponente, la disposizione avrebbe avuto maggiore efficacia, ma riteniamo comunque significativo che sia stato recepito un emendamento che “costringe” Rai a relazionarsi in modo trasparente e dialogico con la comunità dei telespettatori”.

 

E ci piace riprodurre altri due emendamenti dovuti alla penna dello stesso Pino Pisicchio, che purtroppo non sono stati recepiti dal Relatore Peluffo: l’emendamento 3.58 prevedeva una rigenerazione del “Segretariato Sociale” della Rai (attualmente sonnolento), così come la creazione di un “Ufficio Studi” (che oggi esiste soltanto sulla carta) che consentisse a Rai di liberarsi dalla attuale eccessiva dipendenza dalle logiche “marketing oriented”.

Pisicchio ha chiesto: “una adeguata interazione con gli abbonati ed in generale con gli utenti e la società civile, attraverso una struttura permanente di dialogo e consultazione, recuperando e sviluppando l’esperienza del Segretariato Sociale Rai, luogo e strumento rappresentativo delle varie espressioni socio-culturali-civili-religiose della comunità nazionale, che contribuisca anche alle elaborazioni strategiche del consiglio di amministrazione della società concessionaria”, così come “una verifica accurata dell’offerta proposta, anche alla luce delle migliori esperienze di altri servizi pubblici radiotelevisivi europei, attraverso un Ufficio Studi e Strategie, struttura interna che coadiuvi il consiglio di amministrazione della società concessionaria nella elaborazione di scenari predittivi, di valutazioni di impatto, di analisi critiche di verifica della qualità, e che sviluppi interazioni con le scuole e le università, anche attraverso iniziative editoriali e multimediali”. Eccellenti istanze.

Non si comprende perché le due lungimiranti istanze non siano state accolte: in particolare la seconda, che pure è stata oggetto in passato di lamentazioni ed esternazioni anche da parte di Verducci, come riportato anche su queste stesse colonne (vedi “Key4biz” del 3 agosto 2016, “Dossier Rai: l’unica Tv pubblica europea senza ufficio studi”).

La Rai resta infatti l’unico “public service broadcaster” (anzi “public service media”) in Europa a non disporre di una struttura interna adeguata ai fabbisogni di knowhow strategico del Gruppo, e lo stesso Consiglio di Amministrazione è di fatto costretto a “elaborare” a fronte di un evidente deficit tecnico-cognitivo.

Apprezzabile, nella stessa direzione, quanto proposto dal socialista Enrico Buemi (attualmente iscritto al GruppoPer le Autonomie” alias Svp-Uv-Patt-Upt) Psi – Maie”, sic!), che ha chiesto la creazione di un “Consiglio degli Utenti” o “degli Abbonati”. L’emendamento 3.62 recita: “l’istituzione di un consiglio degli utenti o degli abbonati che sia di supporto ai controllori istituzionali e che dia voce alla società civile, agli esperti di settore e al mondo accademico e delle arti. Il consiglio, che suggeriamo anche essere espressione delle Regioni, dovrebbe costantemente confrontarsi con Azienda Rai, istituzioni ed opinione pubblica sul rispetto del contratto di servizio ma anche su come il canone viene utilizzato per lo svolgimento del servizio pubblico, segnalando con report trimestrali alle autorità competenti, all’Anac e Corte dei Conti il mancato rispetto delle procedure di acquisizione”. Eccellente istanza. E Buemi ha proposto, come Pisicchio, un “obbligo per la concessionaria di pubblicazione annuale del bilancio sociale”. Il Relatore Peluffo ha dichiarato di aver “tenuto conto” di questo emendamento, ma in verità di ciò non si ha traccia nella “proposta di parere riformulata”, se non giustappunto in relazione al benedetto “bilancio sociale” Rai (richiesto peraltro anche da Verducci).

In sostanza, la nuova versione del testo Peluffo è senza dubbio migliore della precedente.

Si poteva osare di più, ma va apprezzato che la volontà evolutiva ha prodotto un risultato concreto, che rende certamente meno evanescente lo “schema” approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 marzo 2017.

Attendiamo di vedere cosa accadrà martedì 11 aprile.

[ Ha collaborato Martina Paliani. ]

Clicca qui, per leggere le proposte di emendamenti allo “schema di convenzione” Stato-Rai presentate mercoledì 5 aprile, e la proposta di “parere riformulato” a firma del Relatore Vinicio Peluffo presentata giovedì 6 aprile 2017