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Il cinema italiano va davvero benissimo?

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La Sottosegretaria Borgonzoni ribadisce: Il cinema italiano va benissimo. Presentato un report intitolato “Tutti i numeri del cinema italiano”, che non proprio “tutto” rivela.

Esattamente come prevedevamo su queste colonne nell’articolo pubblicato ieri (vedi “Key4biz” del 9 ottobre 2023, “Parte il Mia (Mercato Internazionale dell’Audiovisivo), ma resta il deficit di dati”), è partito nel solito “mood” il Mia – Mercato Interazionale Audiovisivo (edizione n° 9), che ha riproposto una puntata di una “telenovela” che va avanti da molto tempo, e la nuova stagione della serie (politica) è stata inaugurata un anno fa con il re-insediamento della Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni al Ministero della Cultura, con il Governo guidato da Giorgia Meloni.

In verità, eravamo restii a partecipare alla presentazione, prevista per le ore 18 nel confusamente affollato calendario del Mia, ma abbiamo superato le resistenze (infra-psichiche oltre che politiche), ed abbiamo avuto il piacere di essere seduti proprio di fronte alla gentile Sottosegretaria. Purtroppo il moderatore dell’incontro, il giornalista Pedro Armocida (che è uno dei 15 “saggi” ovvero degli esperti nominati dal Ministro Dario Franceschini chiamati ad esprimere pareri su molti dei processi selettivi del Ministero; si ricordi che è anche Direttore Artistico della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, Vice Presidente del Sindacato Critici Cinematografici Italiani – Sncci, nonché dell’Associazione Festival Italiani di Cinema – Afic) ha chiuso presto il timing per le domande, e quindi le nostre parole sono rimaste chiuse nel nero taccuino del cronista (Moleskine, ovviamente).

Avremmo proposto alla Sottosegretaria le domande che andiamo ponendo, da molto tempo, anche su queste colonne (ed anche nell’intervento di ieri): perché inneggiare sempre al bicchiere “mezzo pieno”, se c’è il rischio che esso sia – mezzo pieno piuttosto che mezzo vuoto – come… avvelenato?!

L’aggettivo non è stato scelto a caso: l’attuale assetto del sistema normativo e regolamentativo del cinema e dell’audiovisivo italiano è avvelenato, è malato, e sta producendo patologie diffuse.

Semmai lo Stato staccasse la spina, la “bolla” emergerebbe in tutta la sua cruenta verità.

Ci siamo in verità risparmiati la presentazione, un paio di ore prima, dei risultati della campagna “Cinema Revolution” ovvero di “Cinema in Festa”: anche rispetto a questa iniziativa – assai fragile – l’entusiasmo della Sottosegretaria permane irrefrenabile. Quanto incomprensibile, anche perché più di un osservatore (indipendente) ha evidenziato la debolezza degli effetti di questi interventi (peraltro Cinetel ieri ha evidenziato alcuni numeri: dall’11 giugno al 21 settembre 2022, i biglietti staccati sono stati in totale 19,1 milioni, di cui soltanto 1,4 milioni a favore del cinema italiano il 7 % dicesi sette per cento!). Ciò basti (dovrebbe bastare) a far raffreddare i bollenti spiriti. Eppure, secondo la Sottosegretaria, la campagna avrebbe risolto uno dei punti di debolezza dell’intervento pubblico nel settore, ovvero la modesta fruizione di cinema in sala (dimenticando la bassa quota di mercato dei film italiani).

La Sottosegretaria non dice il vero, strumentalizza a suo beneficio il dataset, ovvero, ancora una volta, vede soltanto il bicchiere mezzo pieno: perché ancora così ostinatamente?!

Ieri, di fronte ad un Sala 1 del Cinema Barberini (86 posti, è dedicata a Carlo Verdone), affollata di operatori del settore e giornalisti, è stata ri-messa in scena la stessa recita: “quanto siamo bravi… va tutto per il meglio… se c’è qualche problema è irrilevante”.

Anzi, precisiamo: “quanto sono brava”, perché Borgonzoni non ha mai nemmeno citato il Ministro Gennaro Sangiuliano, titolare del suo dicastero. Come se non esistesse.

È vero che il Ministro le ha assegnato ampia delega su cinema e audiovisivo, ma si tratta di una delega… proprio assoluta e totale?!

A questo punto, così parrebbe.

Si tratterà di… accordi inter-partitici, di… equilibri politici, insomma… “realpolitik”, all’interno della maggioranza. Comunque difficile da comprendere, per chi non lavora nel Palazzo.

Ha detto ieri Lucia Borgonzoni (e ci è sembrata convinta): “quelli di oggi sono numeri che ci mostrano un sistema sano, l’unica criticità era quella delle sale che questa estate siamo riusciti a sanare e ora stiamo proseguendo su questo trend”. Ascoltandola, non credevamo alle nostre orecchie, ma non dubitiamo della sua buona fede. Riteniamo che “il sistema” sia in verità tutt’altro che… “sano”!!!

Lucia Borgonzoni, la Sottosegretaria alla Cultura più longeva d’Italia?

Con un conato di narcisismo autoreferenziale (suvvia, non il massimo dell’eleganza), la Sottosegretaria ha rivendicato di essere stata lei, negli ultimi anni, l’artefice e la regista della “politica culturale” del Ministero, almeno per quanto riguarda il settore cinema & audiovisivo.

Ha ironizzato su quelli che prevedevano che un governo destrorso o comunque con componente leghista al Collegio Romano avrebbe rappresentato l’arrivo dei “barbari”…

Effettivamente – le va riconosciuto – così non è stato, e “barbara” non si è rivelata, anche perché di fatto la molto appassionata Sottosegretaria ha sviluppato esattamente quel che il Ministro “dem” Dario Franceschini aveva disegnato nel 2016, con la legge che porta il suo nome.

Ricordiamo che la attualmente senatrice della Repubblica ha fatto parte del Governo Conte, sempre con delega alla cultura e del governo Draghi, con lo stesso incarico. Quindi ha “governato” una parte del sistema culturale italico dal giugno 2018 all’agosto 2019 (“Conte I”, alleanza leghista-grillina, Ministro Alberto Bonisoli) e dal febbraio 2021 al luglio 2022 (“Draghi”, governo di quasi “unità nazionale”, con Fratelli d’Italia all’opposizione; Dario Franceschini Ministro). Col “Conte 2” (alleanza Pd-M5s), il Mic è stato guidato da Dario Franceschini, con Lorenza Bonaccorsi (Pd) e Anna Laura Orrico (M5s) Sottosegretarie: ma anche in questo periodo (dal settembre 2019 al gennaio 2021), la Borgonzoni ha rivendicato ieri di essere stata iper-attiva, seppure dai banchi dell’opposizione. Insomma, una Sottosegretaria che ha attraversato maggioranze differenziate, ma sempre molto sensibile alla materia “cultura”, in generale non proprio ai primi posti nella agenda politica della Lega (come da input del leader della Lega Matteo Salvini, che pure la volle candidata – senza successo – alla presidenza della Regione Emilia Romagna). E dal settembre 2022 Borgonzoni si è re-insediata al Collegio Romano.

Forse Borgonzoni punta a detenere il record di “Sottosegretaria alla Cultura” più longeva d’Italia (non abbiamo approfondito, forse l’ha già ottenuto questo primato…), così come Dario Franceschini può vantare di essere stato il più longevo “Ministro della Cultura” della storia repubblicana.

Torniamo a palla: questa “legge Franceschini” del 2016 e le decine di decreti di attuazione prodotti negli anni successivi hanno sostanzialmente assegnato al cinema e soprattutto all’audiovisivo non cinematografico enormi risorse pubbliche, in gran parte assorbite dallo strumento del “tax credit”.

Risultato?!

Tutto il sostegno pubblico al cinema e all’audiovisivo è squilibrato a vantaggio della “produzione” soltanto

Tutta o quasi l’attenzione del Ministero è concentrata sulla “produzione”, evidenziandosi grande disattenzione e diffusa insensibilità rispetto a tutte le altre fasi della filiera dell’industria audiovisiva.

E, all’interno della produzione, parte significativa delle risorse pubbliche è andata a tutto vantaggio della produzione “audiovisiva” (non “cinematografica”), la quale beneficia non soltanto della “stampella” del Mic ma anche di quella (sempre pubblica) di RaiCinema ovvero della Rai.

Patologie diffuse ed intrecciate.

Capitali di rischio? Se ci sono, non si sa dove siano ed a quanto ammontino.

A denti stretti, ieri, onestamente, lo stesso Direttore Generale del Ministero l’ha riconosciuto, senza però rimarcare che questo è il problema essenziale: l’esigenza di riallocare in modo più ragionevole le risorse del Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo, che ormai veleggiano su 800 milioni di euro l’anno.

Riallocare queste risorse anzitutto a favore del settore delle sale cinematografiche… Riallocare a favore della produzione indipendente, di ricerca, sperimentale, a favore della fase creativa e pre-progettuale… Riallocare le risorse a favore della promozione: dalla ricerca ai festival, passando per i cineclub…

Anche un “mercante di carni all’ingrosso” – ha detto scherzosamente Nicola Borrelli (amara ironia) – si è gettato nel mirabolante “business” del cinema, tanto… alla fin fine non deve rischiare 1 euro (uno) di capitale proprio: incredibile, ma vero!

Ed il Ministero della Cultura lo sa. Il Dg ha fatto riferimento a report interni che preferisce non rivelare perché probabilmente qualcuno al Ministero dell’Economia e Finanze – ma forse anche alla Ragioneria Generale dello Stato e finanche alla Corte dei Conti – sbiancherebbe e magari… impallinerebbe chi guida il Mic!

Eppure il Mic ancora non si decide ad agire.

Da mesi, si sviluppano “tavoli” (senza alcuna evidenza pubblica e senza occasioni di dibattito pubblico…), anzitutto al Mic ma anche col Mef, però non si capisce quale sia la rotta intrapresa.

Sono state presentate alcune slide del rapporto 2022, curato da Bruno Zambardino (ResponsabileEuropean Affairs, Italy for Movies, Film Education di Cinecittà “prestato” da anni alla Direzione Generale Cinema e Audiovisivo Ministero della Cultura), pubblicato ieri sul sito web della Dgca del Mic.

Come abbiamo già segnalato ieri, il rapporto – al di là del titolo fuorviante (infatti non propone realmente “Tutti i numeri del cinema e dell’audiovisivo italiano 2022”) – rappresenta senza dubbio un utile strumento di conoscenza, ma omette di fare luce su molti aspetti: ne richiamiamo due soltanto: “che fine hanno fatto?” i 355 film prodotti nel 2022?! A quanto ammonta il capitale proprio investito dai produttori?!

Queste due informazioni (essenziali, anzi indispensabili, per comprendere la vera verità dell’economia – e della politica – del settore) non ci sono.

Eppure sappiamo che al Ministero queste informazioni sono disponibili: perché vengono celate?!

E queste sono soltanto due delle domande che restano senza risposta, nella messe di dati copiosa ma sfuggente…

Numerologie un po’ confuse e scivolose, insomma.

Estrapoliamo alcuni risultati del report: sono stati 355 i film italiani prodotti nel 2022, un numero superiore rispetto ai 252 nel 2020 ed ai 313 nel 2021. Dei 355 film, 106 sono documentari, con 147 film “di finzione” (compresi quelli di animazione) “italiani al 100 %”, 41 in coproduzione maggioritaria, 22 in coproduzione minoritaria, nessuno in coproduzione paritaria, 39 cosiddetti “non ammissibili” (i produttori non hanno bussato alla porta del Ministero, il quale sostiene di non sapere nulla o quasi di queste opere). I costi totali sono saliti da 458 a 581 milioni di euro. Si registra un predominio assoluto del ruolo della Rai, 107 titoli nei quali è intervenuta lo scorso anno, seguita da Sky con 33, da Netflix con 14, da Chili con 13, da Amazon con 12, da Rti-Mediaset con 7, da Discovery e da A&B Networks con 6, da ItsArt con 3, da Disneye Red Bull Media con 2…

Va anche segnalato che, qualche ora prima, in occasione della presentazione dei dati Cinetel su “Cinema Revolution” e “Cinema in Festa”, Nicola Borrelli aveva dichiarato: “non si possono produrre opere solo per beneficiare del tax credit. Bisogna produrre opere che abbiano un senso a livello culturale e industriale. In questo momento il sistema tratta tutti allo stesso modo e non va bene”. Giusto, anzi giustissimo: ed allora si proceda alle correzioni.

Gaetano Blandini (Fondazione Copia Privata Italia): “troppi film”. Giampaolo Letta (Medusa Mediaset): “privilegiato l’audiovisivo non cinematografico”. Benedetto Habid (Indiana ora Vuelta): “siamo un grande settore industriale, l’occupazione è totale”

Curiosamente è intervenuto alla presentazione un pimpante Gaetano Blandini, non nella veste di già Direttore Generale della Società Italiana degli Autori e Editori (Siae) né di Presidente, dal gennaio scorso, della Fondazione Copia Privata Italia (che della Siae è di fatto emanazione): quando ha letto di 355 film prodotti nell’anno 2022, è sbottato dalla platea con un… “troppi!”. Così interpretando un sentire comune della maggior parte dei presenti, che però non hanno manifestato obiezioni sul tema, tutti silenti, anzi applaudenti la Sottosegretaria. Eppure Blandini ha semplicemente riprodotto il pensiero espresso più volte dallo stesso Ministro: troppi film, se ne debbono produrre meno, e serve migliore qualità. Si ricordi che Gaetano Blandini è uno dei massimi conoscitori della “macchina cinema” italica, avendo guidato per decenni la Direzione Cinema e Audiovisivo (attraverso maggioranze di governo differenziate), e si ricordi anche che l’attuale Dg Nicola Borrelli è cresciuto nel suo staff. Blandini ha ricordato che attualmente la quota italiana del cinema in sala è sul 18 %, ovvero la metà del livello raggiunto nei migliori anni dell’ultimo periodo…

Dopo l’effervescente Blandini, è intervenuto Giampaolo Letta, Amministratore Delegato (da oltre vent’anni) di Medusa Film, il braccio operativo del Gruppo Mediaset nella produzione cinematografica, evidenziando in modo delicato (con elegante stile… “democristiano”) che forse i fondi pubblici sono un po’ (soltanto un po’?!) squilibrati a favore della produzione audiovisiva non cinematografica… Il riferimento era senza dubbio alla consorella (fratelli-coltelli, però, in fondo) Apa, l’associazione dei produttori televisivi, presieduta da Chiara Sbarigia (che è anche Presidente di Cinecittà, ma questa è un’altra storia, “tipicamente” italiana), anche lei seduta in prima fila, e notoriamente in sintonia (assoluta) con il “Borgonzoni-pensiero”.

Ultimo tra i presenti cui è stata concessa la parola per una domanda… un rappresentante dell’Anica, ovvero dell’associazione dei produttori più specificamente “cinematografici” (anche se la sala cinematografica – va detto – è un miraggio per la quasi totalità dei film prodotti in Italia, ed il paradosso dovrebbe stimolare sani processi di autocritica), il quale ha rilanciato la tesi “tutto il settore è ai massimi livelli produttivi e di occupazione della forza-lavoro, siamo un grande settore industriale”: di grazia, gentile Benedetto Habid, produttore della Indiana Production, e dal novembre 2021 Presidente dell’Unione Produttori dell’Anica (ieri Francesco Rutelli, Presidente dell’Anica, era stranamente assente), dovrebbe piuttosto sostenere – ci consenta – “un grande settore assistito”!

Ed è naturale che l’occupazione nel settore sia ai massimi livelli storici (come ha peraltro rivendicato con orgoglio anche la Sottosegretaria, proprio in apertura del suo intervento): è ovvio, con tutta questa iniezione (overdose) di danaro pubblico, non potrebbe essere altrimenti.

Siamo tutti lieti, naturalmente, per chi lavora nel settore, ma… quanto potrà durare questa euforia?!

Si sta alimentando un rischio di “crash” che pochi sembrano voler vedere.

Ed intanto un’altra società italiana di produzione viene acquisita da un gruppo straniero: Indiana Production acquisita al 100 % dalla francese Vuelta Group

Un dettaglio (che tale in verità non è), che riguarda personalmente Benedetto Habid come imprenditore: Indiana Production è stata acquista qualche settimana fa da Vuelta Group, sede legale ed operativa a Parigi. Vuelta è un gruppo con a capo l’ex dirigente di Canal+ Jerome Levy (ed il suo amico e lontano compagno di scuola David Atlan-Jackson), e si sta sviluppando in Europa attraverso variegate acquisizioni (sostenute anche da un fondo Usa nell’ordine 100 milioni di dollari, apportato da una società di “private equity”): le precedenti attività di “shopping” hanno interessato Francia, con la Playtime e Pan, e la Germania, con SquareOne Entertainment, e la Scandinavia, con l’acquisizione di Scanbox… con l’obiettivo di diventare un riferimento in Europa nel “cinema indipendente”. Si ricordi che Indiana nasce come casa di produzione per il cinema, la tv e l’“advertising”, fondata nel 2005 a Milano da Fabrizio Donvito e Marco Cohen, cui si è associato nel 2008 Benedetto Habib, nel 2015 Karim Bartoletti, e nel 2019 Daniel Campos Pavoncelli. Nel 2022, ha registrato un fatturato di 41,4 milioni di euro, in crescita di circa il 30 % rispetto ai 31,9 milioni del 2021. Anche questa società è stata senza dubbio beneficiata dalla “manna” del “tax credit”.

Ci si domanda: Benedetto Habid è intervenuto ieri… a nome dei produttori italiani o dei nuovi padroni francesi?!

Come soltanto pochi analisti italiani onesti hanno osservato: molte delle migliori e più grosse società di produzione italiane negli ultimi anni sono state acquistate da gruppi stranieri. Basti ricordare i casi di Lux Vide in Fremantle, di Groenlandia in Banijay, di Cattleya in Itv Studios, di Palomar in Mediawan

Come mai di fatto nessuna società italiana ha acquisito società straniere?!

Altro che “sovranismo culturale” evocato più o meno retoricamente!

Uno degli effetti perversi della Legge Franceschini è stata la trasformazione del mercato italiano in territorio di conquista di gruppi stranieri.

Gruppi stranieri che traggono beneficio grande dalla normativa italiana.

Se il Mef imponesse al Mic una riduzione consistente del “Fondo Cinema e Audiovisivo”, tutto il grandioso “castello di carte” crollerebbe nell’arco di pochi mesi, anzi poche settimane, rivelando la “vera verità”: è stato costruito un meccanismo patologico.

Non bastano 3 dinamiche inquietanti, per stimolare il Ministero verso un radicale cambio di rotta? Urge una radicale revisione di tutto l’impianto della Legge Franceschini

La sempre più insignificante quota di mercato dei film italiani in sala… la quasi totalità dei film prodotti che non vengono nemmeno acquistati dalle emittenti televisive o dalle piattaforme… il saccheggio delle società italiane da parte di gruppi mediali stranieri…

Non basterebbero soltanto queste 3 dinamiche tre, a dover stimolare il Governo verso una radicale correzione di rotta?!

No, la Sottosegretaria Borgonzoni pensa ad alcune piccole correzioni di rotta, non ad una riflessione autocritica profonda, che scardini l’assetto attuale del sistema.

Ed il Ministro Gennaro Sangiuliano che ne pensa? Per ora, continua a ripetere “meno film prodotti” e “migliore qualità” (lo ha ribadito anche venerdì scorso 6 ottobre, come abbiamo segnalato ieri su queste colonne), ma sembra che la sua “delegata” non la pensi esattamente così.

Ieri, se avessimo avuto chance di porre una semplice domanda (vedi “supra”), sarebbe riemerso – ancora una volta – come “il principe è nudo” (sia consentita la battuta autoreferenziale, a partire dal titolo di questa rubrica IsICult per Key4biz): questa nudità va riconosciuta, va rimarcata, va denunciata.

Con onestà.

Servono dati completi, trasparenti, accurati. Altrimenti continuerà a prevalere la nasometria.

E è ora di farla finita con questa “compagnia di giro” che si alimenta di un simpatico gioco di specchi autoreferenziali – la Sottosegretaria delegata, il Presidente dell’Anica, il Presidente dell’Apa e finanche il Presidente dell’Anec (l’associazione certamente meno sostenuta dalla Legge Franceschini) – alla quale si associano soggetti minori, beneficiari anch’essi della generosa mano dello Stato (dall’Accademia del Cinema Italiano alias il “David di Donatello”, ciliegina scintillante sulla torta gonfiata della conservazione dello “status quo”, ad alcune testate giornalistiche non proprio indipendenti schierate a difesa dell’esistente, forse perché vivono grazie alle pagine di pubblicità dei maggiori “player” del settore): il cinema italiano sta male.

È un sistema imprenditoriale drogato.

È una “industria” in overdose di assistenzialismo.

Il “tax credit” è ormai un fattore patogeno, anzi cancerogeno.

L’orchestrina continua a suonare, ma il rischio Titanic è dietro l’angolo.

E – ahinoi – la gran kermesse del Mia (anch’essa finanziata generosamente dallo Stato, senza che nessuno chieda conto delle sue effettive ricadute – le ricadute reali, non quelle vantate – sul mercato audiovisivo nazionale e soprattutto internazionale) si conferma così – una volta ancora – la grancassa di coloro che hanno tutto l’interesse a riprodurre l’esistente. Un megafono dei “poteri forti” che governano il sistema… E non a caso sono proprio Anica e Apa i due partner della joint-venture del Mia.

Ribadiamo, a chiare lettere: l’impianto normativo della “Legge Franceschini” (che peraltro secondo i suoi detrattori era stata scritta “sotto dettatura” giustappunto di Anica ed Apa) richiede una revisione radicale.

Revisione radicale: non dei ritocchi, non dei maquillage.

Di grazia, l’ha denunciato a chiare lettere – in un parere trasmesso al Mic ad agosto – anche l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom).

Eppure al Ministero prevale ancora un… andamento lento, un approccio mediterraneo. E l’entusiasmo sembra rimuovere la preoccupazione (che pure abbiamo letto nelle parole del Direttore Generale Nicola Borrelli).

Parafrasando il grande Franco Battiato: “sono anni che non cambia niente”… ed “il cinema muore” (rif. “La musica muore”, brano del 2008, tratto dall’album “Fleurs 2”).

Addenda. Ed il policentrismo dello Stato?! È di ieri anche una notizia che merita attenzione, perché conferma come lo Stato italico, nel suo policentrismo, allochi risorse su più fronti, ma ancora in assenza di una ottica “di sistema”. Mentre a Roma al Mia si teorizzava… la Regione Marche presentava ad Ancona il piano del proprio concreto intervento a favore di cinema e audiovisivo. La Regione ha infatti varato, attraverso la Fondazione Marche Cultura, un finanziamento complessivo di ben 16 milioni di euro, con fondi del “Pr Fesr” 2021-2027, per incrementare la competitività di imprese e professionisti dell’industria audiovisiva regionale, ma anche per incentivare produzioni cinematografiche di vario tipo nelle Marche, al fine di promuovere il territorio, anche dal punto di vista turistico, e sostenere la crescita economica. La prima tranche del bando è di 5 milioni di euro, hanno spiegato durante una conferenza stampa l’Assessora regionale alla Cultura la leghista Chiara Biondi (insediatasi nell’ottobre 2022, ha ricevuto l’incarico nel nuovo esecutivo della Giunta guidata da Francesco Acquaroli di Fratelli d’Italia, subentrando a Giorgia Latini), la Dirigente regionale Daniela Tisi, il Presidente e il Direttore della Fondazione Marche Cultura, Andrea Agostini e Francesco Gesualdi (già Direttore Generale per molti anni di Cinecittà). Ci si domanda: le politiche “centrali” del Ministero prendono in adeguata considerazione le iniziative “locali” ovvero quelle delle Regioni (ormai tante, e ben dotate budgetariamente, questa delle Marche è soltanto l’ultima in ordine di tempo), e degli enti locali?! Esistono criteri di auspicabile sinergia e premialità, od ogni soggetto procede per conto suo, con l’evidente rischio di dispersione di risorse e di frammentazione di energie?! Anche su questo aspetto, riteniamo dovrebbe intervenire la auspicata radicale riforma della “Legge Franceschini”.

Clicca qui, per il report “Tutti i numeri del cinema italiano 2022”, curato dalla Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura (Dgca Mic), presentato a Roma nell’economia della edizione n° 9 del Mercato Internazionale Audiovisivo (Mia), Cinema Barberini, 9 ottobre 2023.   

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.