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I no-vax valgono 1,1 miliardi di dollari per Facebook e Instagram. L’indagine

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Attraverso l’advertising online e gli influencer, i gruppi antiscientisti che non riconoscono l’emergenza pandemica o si oppongono ad essa, soprattutto che si schierano apertamente contro le vaccinazioni di massa, riescono a guadagnare più di 36 milioni di dollari l’anno. I follower della disinformazione superano i 60 milioni nel mondo.

La vaccinazione contro il Covid-19 prosegue a gonfie vele nel nostro Paese, solo nell’ultimo fine settimana sono state somministrate più di 1,2 milioni di dosi. Non sembra così lontano l’obiettivo posto dal Governo Draghi di vaccinare più del 70% della popolazione entro settembre prossimo.

Un percorso però non privo di ostacoli, perché il fronte sociale, civile e politico che si oppone alla somministrazione dei vaccini contro il Coronavirus, i cosiddetti “no vax”, è ancora ampio e ramificato sul territorio regionale, anche grazie ad una diffusa campagna di disinformazione e costruita su vere e proprie notizie false che trova ampia eco sui social network e sulla stampa nazionale.

L’indagine americana sui no-vax e e i social

Secondo un nuovo Rapporto del Center for Countering Digital Hate (CCDH), ad oggi sono oltre 62 milioni gli utenti che in tutto il mondo seguono le pagine “no vax sui principali social network globali come Facebook, Instagram, Youtube e Twitter.

La stessa Amazon tende a favorire l’ascesa dell’universo antiscientisca seguendo l’onda della disinformazione e cercando anche di cavalcarla.

Non solo, sempre stando ai dati dello studio, il giro di affari legato alla disinformazione online dei no vax si aggira attorno a 1,1 miliardi di dollari annui per i giganti dei social, frutto del mercato degli annunci pubblicitari. La stessa industria dei contenuti anti-vaccinazione (o anti-vax) si porta a casa guadagni per 36 milioni di dollari l’anno.

L’amministratore delegato del CCDH, Imran Ahmed, ha dichiarato che la stima dei ricavi è sempre molto prudente, in generale sottostimata, perché è probabile che sia molto più alta. I social in questione sono stati più volte invitati a prendere provvedimenti contro questi gruppi, ma senza risposta.

Le responsabilità e i limiti del contrasto alla disinformazione

A marzo 2021 il Centro ha individuato 12 profili social da cui partivano il 70% dei contenuti anti-vax condivisi nei due mesi precedenti, ma le piattaforme che avrebbero dovuto reprimere tali account tossici non hanno preso provvedimenti.

Facebook, attraverso un suo portavoce, ha fatto sapere che non ritiene affidabile il Report, contestandone le stime e aggiungendo che l’azienda sta facendo di tutto per combattere la disinformazione online, soprattutto relativa ai vaccini e i piani di vaccinazione, rimuovendo account, pagine e contenuti non in linea con questa sua policy e collaborando con oltre 80 organizzazioni nel mondo.

Secondo Ahmed, però, “il successo dei no-vax è legato fortemente all’incapacità dei giganti di internet di contrastare le loro campagne di disinformazione, ma anche alla lentezza con cui le Istituzioni, i Governi, le autorità regolatorie agiscono contro questi soggetti”.

Influencer e marketing a sostegno dei no-vax

Lo studio, inoltre, ha messo in evidenza come influencer molto popolari abbiano più volte spinto i propri follower ad interessarsi a certe pagine di sostegno alle campagne no-vax. Due imprenditori dell’antiscientismo, come Ty e Charlene Bollinger hanno dichiarato pubblicamente di aver pagato circa 14 milioni di dollari a diversi influencer per promuovere i loro prodotti online e offline.

La rete di marketing a supporto di questo mercato “no vax” è estesa e ramificata nel mondo dell’economia digitale e delle piattaforme, sia negli Stati Uniti, sia nel resto del mondo.