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Google Tax, dietrofront degli editori. A Bruxelles scoppia il caos

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Si scaldano gli animi sulla riapertura del caso Google News. A distanza di due giorni dalla presentazione delle proposte della Commissione Ue per la riforma del diritto d’autore, a far discutere sono le misure di Bruxelles riguardo agli aggregatori di notizie online.

In campo sono scesi alcune associazioni e degli editori per chiedere alla Ue di non introdurre nessuna Google Tax, perché danneggerebbe il settore, riducendo il traffico internet verso i siti dei giornali.

Il problema è annoso. Si tratta di una vecchia querelle che contrappone editori ad aggregatori di notizie.

Questi ultimi devono o no pagare le royalties ai giornali per gli articoli che vengono indicizzati sulle loro pagine?

Per i quattrocento editori che hanno scritto alla Ue un anno fa, decisamente sì.

Ma nel frattempo sono cambiate tante cose. Andiamo con ordine.

La Spagna è già intervenuta nel 2014 con una rigida disciplina che consente agli editori di riscuotere una “compensazione equitativa” dagli aggregatori di contenuti e Google (usato in Europa dal 90% degli utenti), come risposta, ha deciso di chiudere il suo servizio di News.

La Francia ha preferito un accordo con l’istituzione di un Fondo.

Anche la Germania dopo un muro contro muro ha adottato una legge che prevedeva il pagamento delle royalties agli editori per gli articoli indicizzati dagli aggregatori di contenuti.

Anche in questo caso Google ha reagito bruscamente, tagliando fuori dalla piattaforma circa 200 siti che avevano chiesto i pagamenti. Una misura che ha penalizzato gravemente gli editori, al punto che Axel Springer, a capo di questa battaglia, ha successivamente dovuto rivedere le proprie posizioni e concesso a Google una licenza per essere reintegrato gratuitamente su Google News.

Anche l’Italia ha preso posizione e la primavera scorsa la FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) ha lanciato un appello al Governo per chiedere di “tassare i motori di ricerca per sostenere l’editoria”. Sulla stessa linea anche la FIEG (Federazione Italia Editori Giornali) che ha più volte chiesto un confronto con Google su questo tema.

La situazione si era però placata quando ad aprile, alla FT Media Conference, Google ha annunciato la Digital News Initiative, istituendo un fondo da 150 milioni di euro a sostegno del giornalismo digitale.

Ma il Commissario Ue alla Digital Economy, Günther Oettinger, la pensa diversamente.

A più riprese ha detto chiaramente di stare lavorando a una Google Tax nell’ambito della riforma del diritto d’autore.

L’intenzione è appunto quella di tassare i motori di ricerca che indicizzano articoli protetti da copyright.

Questa volta però si è trovato davanti il fuoco di sbarramento degli editori.

La Computer and Communications Industry Association (CCIA), di cui fanno parte membri come Google, Yahoo o Microsoft, ha definito la proposta Ue: “Infondata, controversa e dannosa per tutti i player”.

Dodici editori, tra cui il quotidiano francese Les Echos, hanno scritto alla Commissione la scorsa settimana per chiedere di non introdurre alcuna Google Tax per evitare che si riapra un nuovo fronte di discussione con l’azienda americana e che se ripetano casi come quello tedesco, col rischio per i giornali di perdere traffico internet.

Oettinger ha preso tempo. Una decisione sarà presa solo entro la prossima estate.

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