Rete unica Dossier

‘Gli attacchi scomposti contro Open Fiber lasciano sconcertati gli analisti europei’. Intervista a F. De Leo (Kauffman & Partners)

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È sorprendente e inusuale, a livello istituzionale, che in un momento in cui il nostro Paese, il Governo e le stesse opposizioni devono impegnarsi a proiettare un’immagine di compattezza ed unità, si assista a queste “baruffe chiozzotte” sul tema della rete unica.

Una nuova intervista per il nostro consueto appuntamento del lunedì con Francesco De Leo, Presidente esecutivo di Kauffman & Partners (con sede a Madrid) e con un passato di Direttore generale di Telecom Italia, tra i suoi numerosi incarichi di prestigio internazionale.

Una intervista ancora una volta sul tema della rete unica, con una particolare focalizzazione sulle dure polemiche di questi giorni e manifestatesi con gli attacchi irrituali da parte di soggetti pubblici contro Open Fiber, anch’essa pubblica e operante nell’interesse del Paese. Interessante quanto emerso in corso di intervista a proposito del confronto di numeri tra ENEL e Telecom Italia, impietoso a sfavore di quest’ultima, i due contendenti della polemica di questi giorni.

Key4Biz.   Il titolo TIM ha registrato negli ultimi giorni un significativo recupero in Borsa, dai minimi storici di 29 centesimi di due settimane fa ai 40 centesimi della chiusura di venerdì scorso. Qualcosa è cambiato?

Francesco De Leo.   È ancora presto per dirlo. Chi non auspica che TIM ritorni ad essere un’azienda “normale”, con minore volatilità dei corsi di Borsa. La scorsa settimana si sono registrati una serie di “rumors” la cui attendibilità è ancora tutta da verificare. Ma si sa: i mercati comprano sui rumors e vendono sulle notizie (“buy on rumors and sell on news”). In genere, nell’ultimo mese dell’anno, e anche in questo, le Borse tendono a recuperare con dei rally ma poi nel gennaio 2021 si faranno i conti. I mercati non si lasciano facilmente impressionare e gli investitori non sono solo “flash traders”, ma guardano agli sviluppi di medio termine. Guardare le oscillazioni del titolo TIM in Borsa è un po’ come seguire l’andamento del prezzo del Bitcoin: occorre abituarsi alle sorprese.

Key4Biz.   Le notizie riportate dai maggiori organi di stampa, in Italia, sembrano confermare che il mese di dicembre dovrebbe vedere il closing dell’operazione “Rete Unica”. Sarà così?

Francesco De Leo.   È possibile, ma potrebbe anche accadere che i tempi si dilatino e che i mercati nel primo trimestre (Q1 2021) del prossimo anno avranno un brusco risveglio. Il passaggio dalla commedia alla tragedia shakespeariana potrebbe essere improvviso: da “Molto Rumore per Nulla” a “Le Idi di Marzo”, considerato che in primavere si terrà anche l’Assemblea degli Azionisti di TIM. Nulla è scontato da qui in avanti.

Key4Biz.   In che senso nulla è scontato? Quali sono le preoccupazioni dei mercati?

Francesco De Leo.   I mercati e gli investitori hanno ben presente che, per realizzare un progetto della complessità della Rete Unica, occorre che si verifichino tre condizioni.

La prima è la continuità del Governo nella propria azione. Ma nei palazzi del Governo si parla insistentemente di un possibile rimpasto nei primi mesi del 2021.

La seconda è la stabilità del management. Ma i mercati riconoscono che l’attuale management di TIM è sotto esame.

Infine, la terza è uno stabile assetto di governance. Ma qui si potrebbe dire che Vivendi, principale azionista di TIM con il 23,9% del capitale, che negli ultimi 3 anni è stata ridotta a un ruolo da attore di seconda fila, con un ruolo minoritario in CdA, sia questa volta determinata ad imprimere un cambio di passo, per riconquistare la maggioranza del CdA e accelerare il rilancio di TIM nel proprio core business, cosa che fino ad oggi non è stato possibile.

Key4Biz.   Ma il titolo ha dato segno di una ripresa di vitalità. Secondo molti c’è grande aspettativa per le risorse in arrivo con il Recovery Fund. Perché non dovrebbe essere così?

Francesco De Leo.   Immettere liquidità nell’economia nei tempi più stretti è di fondamentale importanza per il nostro Paese. Non vi sono dubbi che il Governo si stia muovendo in questa direzione. Ma i tempi, da quello che è dato di capire potrebbero essere inaspettatamente lunghi, si parla di fine 2021/inizio 2022. Se dovesse essere così, i 41,7 miliardi di euro facenti parte del piano di transizione digitale del Paese arriveranno forse troppo tardi. E questo vuol dire che anche nelle migliori intenzioni, il tema della Rete Unica si sposta al 2022, ovvero un anno prima del nuovo ciclo elettorale che inizia con le elezioni politiche a marzo del 2023. E se dalle urne dovesse uscire una maggioranza di governo diversa da quella attuale, non è detto che le decisioni prese oggi siano rispettate da chi subentrerà. Il pattern di questi ultimi 20 anni, nelle varie stagioni politiche che si sono avvicendate, dimostra esattamente il contrario: i governi che si insediano tendono a “smontare” il lavoro fatto dai precedenti. È un dato ampiamente registrato dai mercati finanziari.

Key4Biz.   I 41,7 miliardi di euro del Recovery Fund destinati alla transizione digitale sono di per sé una cifra importante. Come potrebbero essere impiegati?

Francesco De Leo.   In primo luogo, teniamo presente che non si tratta, almeno in parte, di risorse a “fondo perduto”, ovvero sovvenzioni. In una misura rilevante andranno ad aumentare il debito complessivo del nostro Paese. È per questo che occorre avere una roadmap puntuale e trasparente che dia il segno che non ci sarà un mero trasferimento di debito dal privato al pubblico con una realizzazione della Rete Unica che si scontra con l’incertezza crescente dei tempi di realizzazione. Ed è questo, ciò di cui in larga parte si preoccupa l’Europa. In secondo luogo, si dovrebbe auspicare che non sia soltanto l’elemento infrastrutturale ad essere prevalente, ma che gli attori coinvolti si impegnino nell’accelerare lo sviluppo di nuovi settori industriali e nuovi servizi. E su questo, fino ad oggi, né i mercati né gli analisti hanno registrato un progresso.

Key4Biz.   Si ha l’impressione che lei sottolinei ancora una volta che il tema della Rete Unica non la appassioni. Ma perché questo?

Francesco De Leo.   Perché una Rete Unica, in fibra e al passo con i tempi, esiste già ed è quella di Open Fiber. Questo i mercati lo hanno ben chiaro ed è il motivo per cui in pochi anni, ENEL, come azionista di riferimento, è stata in grado di creare un player che, stando alle valutazioni riportate dalla stampa, ha un valore complessivo che è prossimo a quello di TIM: 6/7 miliardi di euro. Una rete all’avanguardia e totalmente in fibra: un passo fondamentale per il Paese.

Key4Biz.   Ma solo lo scorso venerdì, sono trapelate indiscrezioni di stampa di un attacco di Infratel ad Open Fiber, sui tempi di realizzazione della rete FTTH. C’è del vero in tutto questo?

Francesco De Leo.   È interessante che Infratel prenda posizione solo ora, attaccando un’azienda, che rientra nel perimetro di un gruppo come ENEL, che ha dato grandi soddisfazioni ai propri azionisti, e fra questi al MEF. Posto, che nessun analista si è preoccupato, almeno fino ad oggi, di seguire le vicende di Infratel, in quanto espressione diretta della politica, è evidente che da questo momento in avanti finirà sotto i riflettori dei mercati e degli investitori e forse non solo di questi. Certo stupisce che si addebitino i ritardi, ancora da verificare, allo sviluppo della rete in fibra ad un’azienda che ha solo pochi anni di vita (Open Fiber): molti analisti e osservatori si sono chiesti se non sia una polemica strumentale. Detto questo, se non ci fosse stata l’iniziativa del Governo di Matteo Renzi di lanciare con ENEL un programma di dispiegamento della fibra sul territorio nazionale, oggi non saremmo qui a parlare di Rete Unica e il Paese si troverebbe ad avere accumulato un pericoloso ritardo. Personalmente, trovo sorprendente e inusuale, a livello istituzionale, che in un momento in cui il nostro Paese, Governo e opposizione devono impegnarsi a proiettare un’immagine di compattezza ed unità, si assista a queste “baruffe chiozzotte”. Un indicatore del nervosismo crescente sul tema. Ma anche questo è segno dei tempi, dell’incertezza che aleggia sulla tenuta dell’attuale Governo e sugli interessi di parte che minacciano il progetto della Rete Unica: e non è un bello spettacolo.

Key4Biz.   Perché si dovrebbe andare oltre il dibattito attuale sulla Rete Unica?

Francesco De Leo.   La Rete Unica è una questione di sicurezza nazionale: insieme con l’evoluzione del 5G avrà un impatto decisivo sulla competitività del nostro sistema industriale. Come ha sottolineato Franco Bernabè in un suo recente intervento, le reti IoT sono strutturalmente deboli, perché non sono state pensate con la cyber security al centro. Sarebbe auspicabile che le informazioni e i dati delle nostre imprese impegnate nella transizione digitale grazie al programma lanciato dall’allora Ministro dell’Industria Carlo Calenda con Industry 4.0 transitino su reti controllate da un grande gruppo saldamente in mani italiane. Ci si chiede perché il Governo sia disponibile ad avvallare un progetto che vede come primario beneficiario del Recovery Fund un’azienda che è in mano ad investitori privati esteri, e non si avvalga del know-how e delle competenze di punta di un’azienda italiana ENEL, che oggi è uno dei principali player a livello mondiale. Open Fiber, grazie al “parenting advantage” di ENEL, è riconosciuta come un caso di successo agli occhi della Commissione Europea: purtroppo, è un peccato che ancora una volta gli italiani si dimostrino agli occhi del mondo come i peggiori critici di sé stessi. In due parole: sicurezza nazionale e caso di successo da esportare nel mondo. Non è immediato comprendere perché vi siano soggetti politici (e non) così pervicacemente in posizione antitetica rispetto agli interessi del Paese.

Key4Biz.   Lei continua a parlare di “parenting advantage”. Ci può spiegare meglio?

Francesco De Leo.   Michael Goold and Andrew Campbell, all’Ashridge Institute, sostengono che il successo di un’azienda o business unit sia dovuto in parte anche all’influenza positiva esercitata dalla sua holding di controllo ed individuano differenti “stili manageriali”. Mi limito solo ad alcuni numeri: ENEL capitalizza in Borsa 85,97 miliardi di euro, ovvero quasi 10 volte TIM (che capitalizza alla chiusura dei mercati venerdì scorso 8,83 miliardi). Da novembre 2015 ad oggi ENEL ha raddoppiato il proprio valore di borsa, TIM è passata da 1,27 euro per azione ai 40 centesimi dello scorso venerdì. ENEL opera su 32 Paesi, TIM solo in 2, Italia e Brasile, tra l’altro in condizioni di contesto economico difficili e di cui non si prevede un miglioramento nel prossimo anno. ENEL è all’avanguardia in cinque aree di innovazione chiave nel processo di trasformazione attualmente in corso dell’economia mondiale: sostenibilità, energy storage, elettrificazione del settore automotive, blockchain e intelligenza artificiale. Non è un caso che Tesla ed Elon Musk trovino in ENEL, e non in altri soggetti, un punto di riferimento. Con Open Fiber sono stati creati 6/7 miliardi di euro di valore in pochi anni, e l’intenzione del top management è quella di esportarne il modello nel mondo, fatto non trascurabile agli occhi degli investitori. ENEL ha inanellato una serie di riconoscimenti internazionali, che l’hanno portata ad essere riconosciuta come uno dei leader nell’Open Innovation, conquistando il Corporate Startup Stars Award 2019, come aveva già fatto in California nel 2017, conquistando  Industry Awards 2017 attribuiti dal Garwood Center for Corporate Innovation della Haas School of Business presso la University of California, Berkeley. I mercati premiano il track-record e la continuità in termini di performance: un segnale importante per il nostro Paese, che dimostra come si possa legittimamente ambire ad essere leader anche in settori ad alta tecnologia.

Key4Biz.   Ma se è così, come potrebbe allora evolvere il tema della Rete Unica?

Francesco De Leo.   In primo luogo, occorre sottolineare che TIM è un’azienda controllata da Vivendi, azionista di maggioranza relativa con il 23,9% del capitale, che ad oggi e negli ultimi tre anni si è trovato ad essere minoranza in CdA, con solo 5 consiglieri su 15 e quindi senza la possibilità di incidere sulla governance della società. I francesi hanno sempre ribadito di essere azionisti di lungo periodo e la loro storia ci dice che non ci sono dubbi che sia così. Avevo già sottolineato in passato, proprio su queste pagine, come non fosse buona prassi imporre operazioni “contro qualcuno e che era fondamentale per il top management di TIM avviare un’operazione di ricucitura con i vertici di Vivendi. Sono certo che sollecitata in proposito, Vivendi si dimostrerà disponibile a dare il proprio contributo. Pare che fino ad oggi non sia stato così e che questa capacità di ascolto non si sia palesata: e anche questo è un punto che deve essere risolto con l’Assemblea degli azionisti in primavera, che porterà all’insediamento di un nuovo CdA. In secondo luogo, non si comprende perché Open Fiber debba essere ostacolata e rallentata nel dispiegamento della propria rete a fibra ottica nel Paese: un accanimento che ha destato sorpresa in Europa, dove non ci si riesce a spiegare questa battaglia di retroguardia, che minaccia la competitività del nostro tessuto industriale. Infine, come si dice a Madrid, ci si attenderebbe, in uno scenario così incerto per gli effetti del COVID-19, che tutti i soggetti coinvolti dal Governo all’opposizione, da TIM a ENEL si dimostrino capaci di “sumar” di portare armonia e identità di vedute: il Paese si trova già in condizioni di difficoltà senza precedenti. Si eviti uno spettacolo indecoroso di lotte fra “guelfi e ghibellini”: si guardi avanti, pensando in grande mettendo in gioco le migliori risorse e non solo su scala domestica. Ne va del futuro delle prossime generazioni. Per dirla con una battuta da cinefili: sarebbe il caso di dare il segno di un cambio di registro, passando da “L’allenatore nel Pallone”, a “Momenti di Gloria”.