Fake news

Facebook, Google e Twitter: Mariya Gabriel (Ue), “Persiste la disinformazione automatizzata”

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Pubblicata dalla Commissione europea la prima Relazione annuale di autovalutazione di Facebook, Google, Microsoft, Mozilla, Twitter e 7 associazioni europee del settore in conformità del codice di buone pratiche sulla disinformazione. I rilievi dei Commissari Ue sul lavoro svolto e su quello che è ancora da fare.

Presentata dalla Commissione europea la prima Relazione annuale di autovalutazione di Facebook, Google, Microsoft, Mozilla, Twitter e 7 associazioni europee del settore in conformità del codice di buone pratiche sulla disinformazione e la propaganda online.

Bruxelles valuta complessivamente come positivo il lavoro svolto dalle grandi corporation di internet, ma è solo un primo passo verso una maggiore trasparenza e soprattutto una più aperta collaborazione con gli enti verificatori terzi, le Istituzioni europee e gli Stati dell’Unione.
Inoltre, non tutte le piattaforme si sono impegnate allo stesso modo nell’attuazione degli impegni presi sul codice di buone pratiche e sulle autovalutazioni, lavorando in maniera frammentata e su base locale.

Sebbene gli sforzi delle piattaforme online e dei verificatori dei fatti possano ridurre la viralità dannosa dei contenuti tramite i servizi delle piattaforme, rimane l’urgenza che le piattaforme online instaurino una cooperazione significativa con una gamma più ampia di organizzazioni indipendenti e affidabili. L’accesso fornito finora ai dati non risponde ancora alle esigenze dei ricercatori indipendenti”, si legge in un comunicato stampa firmato congiuntamente da Vĕra Jourová, Commissaria per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere, Julian King, commissario responsabile per l’Unione della sicurezza, e Mariya Gabriel, commissaria per l’Economia e la società digitali.

Già lo scorso aprile, a ridosso praticamente delle elezioni europee, la Commissione indicava alle piattaforme come “necessari ulteriori miglioramenti tecnici“, tra cui “la condivisione della metodologia e dei set di dati per i profili falsi, in modo da consentire agli esperti di terze parti, ai verificatori di fatti e ai ricercatori di condurre valutazioni autonome”.

Riguardo alle elezioni dei nuovi membri del Parlamento europeo svoltesi a maggio, i Commissari europei hanno affermato: “Le azioni e le relazioni redatte mensilmente in vista delle elezioni hanno contribuito a limitare il margine disponibile per le interferenze e a migliorare l’integrità dei servizi, neutralizzare gli incentivi economici che favoriscono la disinformazione e garantire una maggiore trasparenza della pubblicità di carattere politico e sociale. Tuttavia, la propaganda e la disinformazione automatizzate su vasta scala persistono e occorre fare di più in tutti i settori contemplati dal codice. Non possiamo accettare che tali pratiche siano considerate normali”.

Oltre al miglioramento del livello di trasparenza, è stato avviato un dialogo più intenso con le piattaforme sulle loro politiche di lotta alla disinformazione e sui piani di attuazione del codice.
Il problema, fanno sapere dalla Commissione, è che coerenza e livello di dettaglio variano tra un’organizzazione e l’altra, mentre i parametri forniti sono principalmente indicatori di risultato.

I firmatari del codice, inoltre, tendono ancora a fornire minori informazioni sull’attuazione degli impegni rivolti a fornire ai consumatori e alla comunità dei ricercatori gli strumenti per agire. La messa a disposizione di dati e strumenti di ricerca è ancora episodica e arbitraria e non risponde alle esigenze dei ricercatori ai fini di un controllo indipendente.

Per l’inizio del 2020 è attesa una valutazione complessiva da parte della Commissione europea sul lavoro svolto dalle piattaforme sul tema della disinformazione online e sull’efficacia del codice di buone pratiche. Contribuiranno a tale documento, oltre le autovalutazioni di Facebook, Google, Twitter, Microsoft e gli altri, anche le indicazioni provenienti dal Gruppo dei regolatori europei per i servizi audiovisivi (European regulators group for audiovisual media services), da un organismo terzo selezionato dalle piattaforme e da un consulente indipendente ingaggiato dalla Commissione stessa.

Nei prossimi mesi, infine, la Commissione presenterà al Parlamento europeo una relazione sulle elezioni del 2019 che darà conto anche del livello di disinformazione e dell’impatto delle fake news sull’orientamento dell’elettorato europeo.