Il caso

eJournalism. Storify, ecco com’è stato usato per gli attentati al Charlie Hebdo

di Redazione |

Il software Storify può diventare di fondamentale importanza per un giornalista nei lavori di curation. Permette di ricostruire una storia prendendo spunto da tutto o quasi quello che è possibile reperire sul web.

Storify è uno strumento di narrazione. Un software che permette di ricostruire una storia prendendo spunto da tutto o quasi quello che è possibile reperire sul web, creando un nuovo prodotto di informazione.

#eJournalism è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e LSDI (Libertà di stampa, diritto all’informazione).

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Storify è un software online gratuito che può essere utilizzato da qualsiasi utente, per un giornalista può diventare di fondamentale importanza nei lavori di curation: quando si intende ripercorrere le vicende di un fatto appena avvenuto o in corso di realizzazione – ricostruendo gli avvenimenti o semplicemente raccontandoli attraverso i post pubblicati dagli utenti sui social: Tweet, Facebook, Flickr, Pinterest, Instagram etc.etc. Oppure quando si vuole ricostruire un evento passato da tempo, per vedere come era stato trattato.

Nel caso che pubblichiamo e che rappresenta la tesina finale di un alunno di un master dell’Università di Siena, l’autore ha scelto di ripercorrere la vicenda di “Charlie Hebdo” filtrandola anche attraverso la sua personale esperienza nella redazione di Repubblica Firenze, dove, all’epoca dei fatti stava svolgendo uno stage.

L’elaborato pertanto si compone di una parte descrittiva in cui si ricostruisce l’avvenimento in generale, poi come è stato vissuto in Toscana e, quindi, in redazione; per finire con uno spunto di riflessione personale.

 

Storify by Fabrizio Cardoni

 

Siamo tutti “Charlie Hebdo”?

 

Una riflessione su uno degli avvenimenti più importanti della società contemporanea, filtrato dalla mia personale esperienza a contatto con il mondo dell’informazione, nella redazione di “Repubblica” Firenze.

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All’interno di un giornale, qualsiasi tipo di tradizione, spessore o popolarità esso abbia, ci sono dei momenti in cui eventi considerevoli e coinvolgenti, richiamano l’attenzione di tutti. Momenti in cui l’interesse viene attirato intorno all’orbita gravitazionale di questi episodi rimescolando le carte in tavola, le priorità e l’organizzazione standard di un lavoro. Contesti che non solo interessano l’ambito lavorativo del giornalista in sé, che in tali situazioni diventa il responsabile divulgatore della notizia, ma che, in un modo o nell’altro, impressionano tutti. Circostanze che fanno parlare, riflettere, litigare, che esasperano posizioni personali spaventose o che semplicemente ci sconvolgono.

Ripercorrerò la vicenda di “Charlie Hebdo” descrivendo inizialmente l’episodio in sé. Poi come è stato affrontato all’interno della redazione fiorentina di “La Repubblica”, nella quale ho avuto la fortuna di svolgere uno stage formativo di circa tre mesi e infine riportando alcune considerazioni generali e personali che ritengo utili per una migliore comprensione dell’accaduto.

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“Charlie Hebdo”: i fatti, la paura e il frastuono di opinoni

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L’assalto: dopo i morti e la rabbia, cresce l’inquietudine

“E’ terrorismo!”, gridano François Hollande, il presidente della Repubblica francese, e i giornali di tutto il mondo, dopo i 5 minuti di panico che hanno gelato la Francia il 7 gennaio 2015. Trecento secondi circa che hanno minato la stabilità e la sicurezza mentali dietro le quali si nascondeva il mondo occidentale. Colpendo uno dei simboli della “libertà” della società moderna: la stampa. Nella fattispecie il giornale satirico “Charlie Hebdo”.

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