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Droni, Antitrust avvia istruttoria nei confronti di DJI e Nital per presunta intesa verticale nella vendita

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Secondo l’Autorità, il leader mondiale nella produzione di droni civili, DJI, e il suo importatore in Italia, Nital S.p.A., avrebbero imposto i prezzi di rivendita e ammonito i rivenditori che si discostavano.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un’istruttoria nei confronti di DJI Europe B.V. e Nital S.p.A. per verificare una potenziale intesa verticale in violazione dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).

Secondo l’Autorità, DJI (leader mondiale nella produzione di droni civili, in particolare professionali) e Nital (suo importatore/distributore per l’Italia) avrebbero fissato in Italia i prezzi di rivendita per i modelli enterprise della marca DJI nei confronti dei rivenditori (strumento noto come resale price maintenance, RPM).

Dalle segnalazioni pervenute all’AGCM emerge che DJI e Nital monitorerebbero eventuali scostamenti rispetto ai prezzi pubblicati sul sito di Nital ([www.hobbyhobby.it](http://www.hobbyhobby.it)) e che i rivenditori che si discostano sarebbero stati ammoniti mediante diffide all’impiego dei segni distintivi DJI e con minacce di interruzione delle forniture.

In aggiunta, risulta che per garantire l’efficacia del sistema di RPM in Italia, le parti avrebbero ostacolato anche le importazioni parallele da parte dei rivenditori — rendendo così più difficile proporre sconti scaturenti da prezzi praticati all’estero. L’AGCM ritiene che tale sistema potrebbe integrare una “restrizione fondamentale” ai sensi dell’articolo 4, lettera a) del Regolamento (UE) n. 720/2022 della Commissione europea.

Il 23 ottobre scorso gli uffici dell’AGCM, con il supporto del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza, hanno eseguito ispezioni presso le sedi di Nital S.p.A. e presso diversi rivenditori italiani dei droni DJI enterprise.

DJI e il caso ROMO: tra innovazione e geopolitica

DJI ha lanciato in Europa il suo nuovo robot aspirapolvere ROMO, segnando l’ingresso del colosso cinese dei droni nel mercato della smart home. Il prodotto è già disponibile in Italia, Francia, Germania e Spagna, ma non negli Stati Uniti, dove il debutto resta avvolto nell’incertezza. Le ragioni non sembrano commerciali, bensì geopolitiche.

L’assenza del ROMO dal mercato americano si inserisce in un contesto di forti tensioni tra Washington e Pechino. Il Dipartimento del Commercio USA ha infatti avviato un’indagine formale — basata sulla Section 232 — per verificare se i droni cinesi, in particolare quelli di DJI e Autel, possano minacciare la sicurezza nazionale o danneggiare l’industria locale. Si tratta dello stesso strumento già usato in passato per imporre dazi su acciaio e semiconduttori.

DJI, che detiene oltre il 70% del mercato statunitense dei droni civili, è da anni nel mirino di Washington per presunti legami con il governo cinese, sospetti sussidi e possibili rischi nella gestione dei dati. L’indagine si aggiunge a una fase di consultazione pubblica avviata dal governo americano, che sembra orientata a introdurre nuove restrizioni.

Il clima politico non aiuta. Nonostante le recenti dichiarazioni distensive del presidente Donald Trump su un presunto “riavvicinamento” con Pechino, le nuove direttive sembrano andare nella direzione opposta: maggiori limiti alle importazioni di prodotti tecnologici cinesi, compresi i droni.

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