GIOCHI ON LINE

Digital Crime. Disturbo da gioco d’azzardo on line ed imputabilità

di Paolo Galdieri, Avvocato, Docente di Informatica giuridica, LUISS di Roma |

L’Unione europea ha intrapreso diverse iniziative, tra le quali merita di essere menzionata la Raccomandazione n. 2014/478 UESui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d’azzardo online e per la prevenzione dell’accesso dei minori ai giochi d’azzardo online”.

Gli sviluppi tecnologici, il crescente impiego di internet e le opportunità offerte dai telefonini di ultima generazione, hanno favorito l’accessibilità e la crescita del gioco d’azzardo online. Se è vero che tale modalità di divertimento rappresenta un importante business in Europa, avendo raddoppiato i profitti negli ultimi sei anni, è altrettanto vero che la stessa riproduce, aumentandole, le questioni già poste dal gioco d’azzardo off line. Per tali ragioni l’Unione europea ha intrapreso diverse iniziative, tra le quali merita di essere menzionata la Raccomandazione n. 2014/478 UESui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d’azzardo online e per la prevenzione dell’accesso dei minori ai giochi d’azzardo online”, il cui obiettivo è soprattutto la  salvaguardia della salute dei consumatori e dei giocatori.

La rubrica #DigitalCrime, a cura di Paolo Galdieri, Avvocato e Docente di Informatica giuridica, alla LUISS di Roma, si occupa del cybercrime dal punto di vista normativo e legale. Clicca qui per leggere tutti i contributi.

Quanto ai problemi di salute, si segnala come l’accesso ad attività ludiche, caratterizzate dalla possibilità di guadagni aleatori, favorisca, in alcuni, un “disturbo”  definito, secondo il  Ministero della Salute,  “gioco d’azzardo patologico” o “ludopatia”, consistente “nell’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse, nonostante la consapevolezza che questo possa portare a gravi conseguenze.”

Tale fenomeno è al centro dell’attenzione degli organismi internazionali e dei singoli Stati per le diverse implicazioni che lo stesso pone. L’incapacità di controllare i propri impulsi rispetto a qualsiasi tipo di attività ludica collegata alla vincita aleatoria di denaro, comporta, infatti, non solo danni per lo “scommettitore”, ma anche per l’intera collettività, poiché spesso vengono coinvolte intere famiglie e, talvolta, il giocatore può essere anche spinto, per il desiderio di procacciarsi denaro, a perpetrare delitti di vario genere.

Nell’ambito della rete poi il rischio di derive comportamentali è maggiore considerato  che il giocatore, agendo a distanza, non ha freni, né inibitori né di tipo pratico ed, inoltre, muovendosi in solitudine, non usufruisce neanche della funzione socializzante del gioco, che potrebbe, in qualche modo fungere da deterrente rispetto a modalità compulsive.

L’aumento esponenziale, dovuto anche all’impiego di tecnologie, di casi in cui vengono riscontrate forme di ludopatia ha portato ad interrogarsi se la stessa possa essere suscettibile di valutazione, sotto il profilo dell’imputabilità, allorquando il soggetto che ne risulti affetto commetta reati.

La questione si è posta, considerato che ormai, anche in ambito clinico-forense, il gioco d’azzardo patologico (G.A.P.) viene ritenuto disturbo che potenzialmente, da solo o congiunto ad altre patologie, può avere valore di infermità e, come tale, essere in grado di incidere sulle capacità intellettive e/o volitive del soggetto al momento della commissione del fatto.

Sull’argomento si rinvengono allo stato poche pronunce, che consentono, tuttavia, di individuare alcuni precisi orientamenti.

In alcuni casi, la giurisprudenza, dopo aver evidenziato l’astratta idoneità del disturbo da gioco d’azzardo patologico ad incidere sulle capacità intellettive e volitive del soggetto, rilevando l’attitudine ad influire sull’imputabilità, ha ribadito che tale riconoscimento non può avvenire in assenza di un concreto collegamento eziologico tra il disturbo patologico diagnosticato e la condotta criminosa perpetrata (Cassazione, Sezione II, sentenza n.24535/2012).

In altre circostanze,  si è precisato  che tale correlazione eziologica deve essere verificata  in concreto, dovendosi l’imputabilità valutare di volta in volta, rispetto al momento dello specifico fatto commesso, sottolineando come, talvolta, la dipendenza da gioco d’azzardo può costituire l’occasione per la commissione di reati, ma non necessariamente la causa della realizzazione degli stessi (Cassazione, Sez.I, sentenza n.16689/07; Cassazione, Sez.IV, sentenza n.4658/2008; Cassazione, Sezione III,  sentenza  n.19984/2011).

Solo in pochi casi, invece, vi è stato il concreto riconoscimento dell’incidenza del disturbo in questione sulle effettive capacità di autodeterminazione del soggetto, con la conseguente applicazione della diminuente del vizio parziale di mente (Tribunale di Venezia, sentenza del 19 maggio 2005; Tribunale di Bologna, sentenza del 17 maggio 2010; Corte di Assise di Appello di Bologna, Sez.I, sentenza del 9 febbraio 2011).

Al di là del loro contenuto, le decisioni riportate rivestono peculiare importanza atteso che, a differenza del passato, anche nelle aule di giustizia si inizia a porre il problema delle ripercussioni del gioco d’azzardo patologico sulle dinamiche del reato. Da qui a breve è agevole immaginare che le pronunce giurisprudenziali si arricchiranno di contenuti nuovi allorquando si troveranno a confrontarsi con casi, sinora non affrontati, di ludopatie maturate esclusivamente in contesti on line.  Sarà interessante, a tal riguardo, verificare se gli organi giudicanti saranno in grado di cogliere lo specifico delle patologie da gioco digitale, considerato che il gioco d’azzardo on line riproduce alcuni aspetti delle dipendenze da internet o Internet Addiction Disorder (alterazioni dello stato di coscienza, perdita del senso d’identità, depersonalizzazione) ed altri tipici del gioco d’azzardo classico.

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