Partiti e movimenti

Democrazia Futura. La Lega tra vecchio misticismo e nuova incoerenza

di Roberto Amen, giornalista, scrittore e conduttore televisivo, già vicedirettore di Rai Parlamento |

Dall’humus instabile e precario dell’antipolitica all’ora delle grandi scelte, la riflessione di Roberto Amen a meno di un anno circa dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento italiano.

Roberto Amen
Roberto Amen

A meno di un anno dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento italiano Roberto Amen inizia per Democrazia futura un viaggio fra quel che rimane dei partiti e dei movimenti politici in Italia. La prima analisi riguarda “La Lega tra vecchio misticismo e nuova incoerenza” nella quale l’ex conduttore del TG2 ripercorre la storia del movimento politico dalla Festa dei Popoli Padani alla rottamazione della vecchia classe dirigente del Carroccio e alle contraddizioni emerse in quest’ultima legislatura.

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Buona parte della storiografia su cui i nostri discendenti si eserciteranno per decriptare questa era politica, sarà dedicata a spiegare come qualsiasi incoerenza possa essere rapidamente dimenticata e talvolta possa anche rappresentare una risorsa per quei partiti politici che si sono generati nell’humus instabile e precario dell’antipolitica. I riferimenti sono inequivocabilmente alla Lega e ai Cinque stelle.  

Eppure, tutti dovremmo ricordare le fiammate di misticismo che avevano scaldato all’origine questi due fenomeni epocali.

Delle due pulsioni mistiche, quella leghista è stata sicuramente la più sgangherata forse perché ha avuto un  retroterra particolarmente ruspante.

Mentre quella pentastellata aveva in sé i germi di una sottocultura certamente più nobile come quella di Gianroberto Casaleggio che coltivò l’idea di trascrivere in politica le sue suggestioni esoteriche.   

Massimo Introvigne, fondatore del Cesnur, l’istituto per lo studio delle nuove religioni, e autorità in materia, ha osservato come Casaleggio senior sia stato un discepolo, forse inconsapevole, dell’esoterista del diciannovesimo secolo, Alexandre Saint-Yves d’Alveydre, «che fu il primo a elaborare un modello di redenzione dell’umanità attraverso la tecnocrazia degli ingegneri».

Una delle componenti dei Cinque stelle è appunto quella mistica, sapienziale, iniziatica, di “nuovo movimento magico”. Anni fa a Ivrea, agli stati generali pentastellati c’era una libreria che esponeva testi di Georges Ivanovic Gurdjieff, Aldous Huxley, Ernst Juenger, libri di ecologia new age.

I riti leghisti del misticismo delle origini. La Festa dei Popoli Padani

Ma torniamo al misticismo leghista delle origini.

Il senatore di Cassano Magnago aveva intuito che per plasmare l’identità collettiva dei militanti c’era bisogno di riti e miti comuni che dessero al partito quell’aura mistica che si potesse sostituire alle culture e alle radici storiche e filosofiche che stavano alla base dei vecchi partiti tradizionali.   

La prima volta che Umberto Bossi salì al Pian del Re era il 13 settembre 1996. In seguito all’esperienza fallita del primo governo Berlusconi la Lega Nord passò una politica secessionista, abbandonando il progetto federalista portato avanti nei suoi primi anni di esistenza nell’agone politico. Espressione di quel processo, pochi mesi dopo, il cambio di nomenclatura: da “Lega Nord – Italia federale” a “Lega Nord per l’indipendenza della Padania”.  

Il prelievo dell’acqua alle sorgenti del Po, raccolta per essere poi versata nell’Adriatico, alla riva dei Sette Martiri (poi degli Schiavoni) di Venezia, era il rito di apertura della Festa dei Popoli Padani, uno dei due eventi annuali più popolari per la Lega con il raduno di Pontida.

Fu in quel contesto che, due giorni dopo aver riempito per la prima volta l’ampolla preparata per l’occasione dal vetraio di Murano Massimo D’Este, Umberto Bossi pronunciò la dichiarazione d’indipendenza della Padania:

“Noi, popoli della Padania, solennemente proclamiamo: la Padania è una Repubblica federale indipendente e sovrana. Noi offriamo, gli uni agli altri, a scambievole pegno, le nostre vite, le nostre fortune e il nostro sacro onore”. 

L’organizzazione del referendum per l’indipendenza della Padania e la nascita del Parlamento ombra

In quel contesto la Lega arrivò alla formazione di un governo provvisorio, di una Costituzione e della ‘Carta dei diritti dei cittadini padani’. Nel maggio 1997 il partito organizzò il Referendum per l’Indipendenza della Padania, nell’ottobre dello stesso anno vennero organizzate le prime elezioni per un parlamento ombra.

 In quegli anni nacque il quotidiano La Padania, di cui il giornalista Gianluigi Paragone, oggi senatore grillino fu direttore dal 2005 al 2006.

Un’emittente locale, Radio Varese, diventò Radio Padania Libera, diffusa in Lombardia, in Veneto, Liguria, Piemonte ed Emilia. Nel 1998 Sara Venturi divenne la prima Miss Padania.

Qualche mese dopo nasceranno Telepadania e la scuola della Lega, mentre il senatur menava fendenti contro il Papa Karol Woyjtila e Silvio Berlusconi definito ‘mafioso’, ma fu un fuoco di paglia.

Il rientro nel centro destra, la fine della secessione e il progetto di devolution

Negli anni successivi il Carroccio rientrò tra le fila del centrodestra e il progetto secessionista fu abbandonato in favore di un progetto di devoluzione (‘devolution’), vale a dire il trasferimento di importanti competenze legislative e amministrative alle Regioni e l’attuazione del federalismo fiscale, rimasto incompiuto con la bocciatura al referendum del 2006.

Il Sole delle Alpi e Alberto da Giussano rimasero nella simbologia leghista per molti anni, così come per molti anni restò nella base l’idea secessionista ma anche forme di ostilità nei confronti dei migranti.

Anche il rito dell’ampolla e la Festa dei Popoli Padani si svolse ancora per molto tempo, fino al 2015. Saltarono le edizioni del 2004, per la malattia che colpì il segretario Umberto Bossi e quella del 2013, quando le pagine dei quotidiani nazionali si occupavano della laurea albanese del figlio Renzo Bossi detto ‘Il Trota’, dei celebri diamanti e del tesoriere genovese Franco Belsito.

Nel 2015 ci fu l’ultima festa dei Popoli Padani: per il rito dell’ampolla e per il ritrovo di Pian del Re fu un lento declino. Già nel 2016 i big nazionali disertarono l’evento.

La rottamazione della vecchia classe dirigente leghista voluta da Matteo Salvini

Ho citato questa origine mistica per mettere in evidenza la più macroscopica delle incongruenze: l’aver coniugato la natura vagamente spiritualista con quella violentemente razzista.

Matteo Salvini, assolutamente consapevole della valenza simbolica delle sorgenti del Po per la base leghista, decise di abbandonare il Monviso per preparare la trasformazione del suo soggetto politico, portandolo dal 4 al 34 per cento, “rottamando” in parte la vecchia classe dirigente e facendone crescere di una nuova.

Oggi il fondatore e segretario della Lega Nord, Umberto Bossi, assiste mestamente alla politica dai banchi del Senato, indebolito dagli scandali del 2012, ma comunque sempre “presidente federale a vita”.

Un partito che oramai ha poco da spartire con quello che era il progetto dell’ideologo della Lega Gianfranco Miglio, scomparso nel 2001 dopo essersi allontanato da quella che, per molti versi, era stata anche una sua creatura.

E tuttavia quella politica in canottiera venata di un improbabile misticismo aveva una sua coerenza, pur nella ricerca di un centro di gravità, strattonata da pulsioni di ribellismo secessionista, con punte di intollerabile razzismo. 

Molto più ondivaga è stata la gestione Salviniana che aveva levigato le asperità intollerabili della prima ora “El leòn che magna el teròn”, portando la Lega ad essere un partito nazionale capace di raccogliere significative fette di elettorato anche al sud.

Tuttavia, la ricerca di una identità che potesse sostituire quelle parole d’ordine così dure ma anche così perentorie, non poteva che passare ad una forma di movimentismo frenetico, capace di prendere posizione su qualsiasi questione, spesso senza ragionarci, ma coniando slogan ad effetto di veloce assimilazione.

L’esperienza del governo giallo-verde all’inizio della Diciottesima legislatura

Durante il governo giallo-verde Salvini lanciò la Lega in una corsa frenetica a prendere posizione su tutto, indipendentemente dalle scelte del governo, che pure sosteneva. Fu l’apoteosi del partito di lotta e di governo. Salvini girava il paese a rotta di collo. E anche Luigi Di Maio si fece prendere da questa frenesia.

Le scalette dei telegiornali erano rigidamente legate al seguente schema: un servizio sul governo con le dichiarazioni del presidente Giuseppe Conte, un servizio ciascuno sui due vicepresidenti. Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che spesso si trovavano in contesti lontani e si esprimevano su temi a piacere. 

La santificazione di Vladimir Putin non sembra far perdere voti alla nostra destra sovranista

Fino ad arrivare all’apoteosi della santificazione di Vladimir Putin, in solido con Giorgia Meloni, che dopo l’aggressione all’Ucraina avrebbe distrutto la credibilità di chiunque.

Eppure, l’endorsement al dittatore che è riuscito a conquistarsi il titolo planetario di “male assoluto”, che dovunque sarebbe suonato come un de profundis irreversibile, non sembra aver scalfito la nostra destra sovranista. Che, almeno nei sondaggi continua ad essere solidamente in ottima posizione. E in Europa tende a rafforzarsi come dimostrano i successi di Viktor Orban, e di Marine Le Pen, per lo meno al primo turno delle elezioni presidenziali in Francia.  

L’aporia sovranista. Sostegno al putinismo  condanna dell’aggressione all’Ucraina

D’altra parte, la tendenza ad una involuzione sovranista sembra essere diffusa nell’opinione pubblica europea, sicuramente in gran parte ostile alla politica aggressiva di Putin.

L’insanabile e incomprensibile offesa ad ogni coerenza sta proprio nel conciliare l’inconciliabile: l’adesione entusiastica dei sovranisti al “putinismo” e la contestuale condanna dell’aggressione all’Ucraina.

Un mistero che nessuno, nemmeno i più attrezzati analisti psico-politici, sanno spiegare con un barlume di coerenza.