Il voto

Democrazia Futura. Il ritorno della dialettica politica e della centralità del Parlamento

di Bruno Somalvico, Direttore editoriale di Democrazia futura |

Le sorprese del maggioritario a doppio turno in Francia: uno scenario quadripolare" sinistra centro destra repubblicana estrema destra", ma la maggioranza relativa va al partito degli astenuti.

Bruno Somalvico

Il ritorno della dialettica politica e della centralità del Parlamento. Le sorprese del maggioritario a doppio turno. Questo il titolo del commento al secondo turno delle elezioni politiche francesi che hanno confermato il quadro tripolare assegnando alla maggioranza presidenziale solo la maggioranza relativa dei seggi. Una vittoria dal gusto amaro per l’inquilino dell’Eliseo ma non certo una debacle come imprudentemente commentato da certa stampa in Italia.

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Come avevamo sottolineato all’indomani della sua vittoria alle presidenziali del 24 aprile, mentre la vittoria di Macron nella corsa all’Eliseo era del tutto scontata, rimaneva – così intitolavamo il nostro commento –  “L’incognita delle legislative sul nuovo quinquennio di Macron all’Eliseo”. E così si è puntualmente verificato il che apre una nuova fase della vita politica transalpina.

Detto questo se da un lato il risultato al primo turno di queste legislative ha significato una sorta di “rivincita di Mélenchon” rimasto fuori dal ballottaggio per poche centinaia di migliaia di voti, questo secondo turno, rappresenta un riscatto per la sfidante di allora Marine Le Pen, le cui liste, sebbene rimaste escluse da un gran numero di ballottaggi, ottengono nei ballottaggi e persino in alcune triangolari un risultato insperato facendo del Rassemblement National la seconda formazione politica rappresentata in Parlamento.   Sinora – fatta eccezione per le elezioni del 1986, l’anno in cui l’allora presidente Francois Mitterrand decise che si andasse a votare con la proporzionale, – l’estrema destra non era mai riuscita a costituire un proprio gruppo parlamentare al Palais Bourbon.

Le conferme delle maggioranze presidenziali alle elezioni legislative dopo la riduzione nell’ultimo ventennio del mandato presidenziale a cinque anni

Dopo la riduzione a cinque anni del mandato presidenziale voluta da Jacques Chirac per il suo secondo mandato, l’ex sindaco di Parigi e i suoi successori Nicolas Sarkozy nel 2007, Francois Hollande nel 2012 ed Emmanuel Macron nel 2017, avevano conquistato una maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento alle elezioni legislative succedutesi alle loro vittorie nella corsa all’Eliseo.  Chirac faceva approvare un’ulteriore modifica che gli avrebbe impedito di correre una terza volta consecutivamente. Sarkozy falliva la  propria riconferma per un secondo mandato al quale poi chi lo aveva sconfitto, Hollande, saggiamente avrebbe poi rinunciato, spalancando le porte alla candidatura del suo ex ministro dell’economia Macron alla sua successione. Quest’ultimo, privo di avversari competitivi a causa della crisi profonda inflitta con la sua discesa in campo sia al centro destra sia ai socialisti, poteva dunque ripresentarsi praticamente sicuro di essere riconfermato all’Eliseo. E così è avvenuto nel corso di una campagna elettorale in cui l’inquilino all’Eliseo Macron nei panni del candidato ha mantenuto un profilo e un impegno piuttosto bassi. Un atteggiamento che avrebbe riconfermato due mesi dopo nel sostegno alla prorpia maggioranza in occasione delle elezioni legislative per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale.

Questo scarso impegno di Macron ha certamente pesato sull’esito delle elezioni legislative del 12 e soprattutto del 19 giugno. Senza tener conto del risultato del primo turno delle presidenziali e di un nascente quadro politico tripolare in seguito alle affermazioni sulle proprie ali di Marine Le Pen e di Jean-Luc Mélenchon e alla disfatta  dei candidati delle forze moderate, ovvero di Valérie Pécresse dei Républicains e soprattutto della socialista Anne Hidalgo.

Il contesto politico del 2022 molto diverso da quello del 2017 ha impedito al presidente francese di disporre anche questa seconda volta – nonostante la sua agile riconferma all’Eliseo – di una seconda ondata di deputati macroniani a Palais Bourbon.

Le ragioni della scarsa mobilitazione degli elettori

Alla falsa partenza al primo turno Ensemble e il Presidente Macron non hanno saputo e probabilmente potuto reagire con profitto. Unitamente al fenomeno dell’astensione e alle condizioni meteorologiche con un’ondata di caldo,  ovvero una “canicule” che ha colpito molte aree dell’Esagono nel corso della settimana fra i due round delle consultazioni, ha pesato su questo secondo turno un terzo fattore. E’ mancata a Ensemble la mobilitazione che aveva assicurato il soccorso rosso a Macron contro la Le Pen alle presidenziali. Ciò spiega le ragioni del passo falso del centro macroniano e del successo invece delle liste di estrema destra e di quello relativo delle liste dell’unione delle sinistre ma anche di alcuni candidati socialisti dissidenti riconfermati nelle proprie circoscrizioni pur non avendo derito alla coalizione di Jean-Luc Mélenchon.

Tuttavia pur non replicando il successo del 2017, la coalizione presidenziale ha peraltro conquistato la maggioranza relativa dei seggi in Parlamento e la République en Marche rimane la prima formazione politica all’Assemblea Nazionale. Pertanto è del tutto errato parlare di una débâcle per Macron.

La necessità di stringere accordi al di fuori della propria maggioranza e il fantasma dell’ingovernabilità della Quarta Repubblica.

Una cosa è certa: il contesto politico francese dopo questo voto è profondamente cambiato e per questo secondo quinquennio l’inqulino dell’Eliseo dovrà fare i conti con una nuova centralità del Parlamento. Una tradizione praticamente scomparsa dalla Quinta Repubblica che in nome della governabilità voleva cancellare le vecchie pratiche compromissorie fra i partiti nella Quarta Repubblica che rendevano spesso breve la durata dei governi e precari gli accordi fra i partiti e le coalizioni necessarie per assicurare loro una maggioranza in parlamento.

Un secondo elemento va chiarito subito. La mancata piena affermazione della maggioranza presidenziale non può essere certo attribuita al sistema elettorale maggioritario che suddivide la Francia e i suoi Dipartimenti e territori d’oltre mare in 577 circoscrizioni. Al contrario, il sistema elettorale maggioritario a doppio turno ha evitato anche in questo caso un’ulteriore frammentazione politica che avrebbe penalizzato anche i principali competitor di Macron, in primis Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon qualora fosse stato reintrodotto un sistema di tipo proporzionale. Se in questa occasione vi è stato un errore da parte dell’inquilino all’Eliseo, esso va attribuito allo scarso impegno profuso da Macron fra i due turni che si è andato ad aggiungersi alla falsa partenza della domenica precedente, lasciando tutto sulle spalle della sua neo prima ministra e dei suoi ministri candidati nei ballottaggi. Alcuni dei quali usciti sonoramente sconfitti e costretti secondo la tradizione politica della Quinta Repubblica ad  abbandonare il proprio dicastero.

Cosa emerge di nuovo dal secondo turno delle elezioni legislative: dal quadro triangolare delle elezioni presidenziali al quadro tendenzialmente quadrangolare del nuovo parlamento con il mantenimento di un relativamente nutrito gruppo parlamentare per la destra repubblicana

Il secondo turno è stato caratterizzato da un’astensione del 53,8 per cento comunque inferiore a quella del 2017. Ensemble, la coalizione  rimane la forza principale dell’Assemblea nazionale con 245 seggi, ma perde la maggioranza assoluta. La coalizione delle sinistre ottiene 131 seggi, raddoppiando la sua rappresentanza, in particolare grazie ai risultati ottenuti nelle metropoli. La sorpresa arriva dal Rassemblement National che, nonostante un metodo di voto storicamente sfavorevole all’estrema destra, conosce una vera e propria svolta elettorale con 89 deputati, con un incremento di oltre 80 seggi, in particolare nei dipartimenti rurali.

Con 64 seggi il centro destra moderatore di Les Républicains (LR) pur perdendo metà della sua rappresentanza e diventando la terza forza dell’opposizione, risale la china rispetto al disastroso risultato conseguito dalla propria candidata al primo turno delle presidenziali. Mentre l’Union des Démocrates et Indépendents (UDI) scompare quasi completamente dal Palais Bourbon, in virtù di questa ritrovata centralità del parlamento I Républicains ovvero gli eredi dei gollisti e della  successiva alleanza fra neogollisti e giscardiani che fatti salvi i quattordici anni mitterrandiani all’Eliseo e la parentesi di Hollande hanno dominato la scena politica francese della Quinta Repubblica, potrebbero esercitare almeno potenzialmente un ruolo di arbitro in questa legislatura.  Proprio perché – fatti salvi i casi dei due governi di coabitazione con maggioranze di segno avverso a quelle del presidente in carica, per la prima volta dopo le elezioni legislative del 1988, il presidente eletto ottiene solamente la maggioranza relativa sulla scia delle elezioni presidenziali.

 Un’Assemblea Nazionale divisa in quattro

Centro. Ensemble, la coalizione della maggioranza presidenziale che aveva raccolto 5,856 milioni al primo turno pari al 25,75 per cento, sale a 8,003 milioni raccogliendo al secondo turno il 38,57 per cento dei voti espressi, il che le consente di conquistare complessivamente 245 seggi perdendone 105 rispetto alle elezioni precedenti. Grazie al sistema maggioritario conquista il 42,46 per cento dei seggi. Al suo interno La République en marche conquista 168 seggi perdendone 140, mentre il MoDem di Francois Bayrou conquista 48 seggi guadagnandone 6 e Horizons, la nuova formazione dell’ex premier Gérard Philippe, fa il suo ingresso in parlamento conquistando 27 seggi. Altre liste di centro mantengono 4 seggi in parlamento.

Complessivamente il centro ottiene 249 seggi. Per raggiungere la maggioranza assoluta Macron necessita di un’altra quarantina di seggi

Sinistre. Anche la Nouvelle Union Populaire écologiste et sociale (Nuppes), la coalizione delle sinistre di Mélenchon, conosce una crescita (peraltro inferiore) dei consensi  al secondo turno passando da 5,836 milioni, pari al 25,55 per cento a 6,556 milioni pari al 31,60 per cento sei suffragi espressi, conquistando complessivamente 131 seggi ovvero guadagnandone 79 rispetto alle elezioni del 2017. Otterrebbe dunque il 22,70 per cento dei seggi in. Parlamento Al suo interno La France Insoumise conquista 72 seggi guadagnandone 55 mentre i verdi ne ottengono 27 (ne avevano uno solo) i socialisti 26 seggi perdendone 4 e i comunisti 12 guadagnandone 2.   

Al di fuori della Nupes secondo il Ministero dell’interno, altre liste di sinistra  pur scendendo dal 3,14 per cento al 2,14 per cento conquisterebbero complessivamente 22 seggi guadagnandone 10. Mentre il partito radicale di sinistra con soli 126 mila voti perde i 3 seggi che possedeva in parlamento e le liste di estrema sinistra che con 266 mila voti e l’1,17 per cento dei suffragi al primo turno e 11 mila voti e solo lo 0,05 per cento al secondo turno anche questa volta non entrano a Palais Bourbon.

Complessivamente le liste di sinistra otterrebbero 153 seggi in parlamento

Estrema destra. Il Rassemblement National di Marine Le Pen, pur scendendo dai 4,248 milioni di voti ottenuti al primo turno pari al 18,68 per cento, a 3,589 milioni pari a 17,30 al secondo turno diventa la seconda forza politica francese con 89 seggi pari al 15,42 per cento dei seggi in parlamento, conquistandone ben 81.  Beneficiando di larga parte degli elettori di Reconquête l’altra formazione di estrema destra sotto la guida di Eric Zemmour le cui liste avevano conquistato al primo turno  964 mila voti pari al 4,24 per cento. A questi risultati va aggiunto 1 seggio conquistato da una lista della destra sovranista mentre perde l’unico seggio di cui disponeva l’altra lista di estrema destra presente in parlamento che non va oltre i 6457 voti  al primo turno pari allo 0,03 per cento.

L’estrema destra raccoglie complessivamente 90 seggi in parlamento

Destra repubblicana. Les Républicains, sebbene perdano ben 51 seggi rispetto alle elezioni del 2017 rispetto al primo turno delle presidenziali risultano in forte recupero al primo turno con 2,370 milioni di voti e il 10,42 per cento dei suffragi. Seppur in calo a 1,447 milioni, pari al 6,98 per cento dei suffragi al secondo turno, mantengono 61 seggi in parlamento al quarto posto fra le formazioni politiche. L’altra formazione di destra UDI con soli 198 mila voti al primo turno pari allo 0,87 per cento e 64 mila al secondo turno con lo 0,31 per cento dei suffragi ottiene solo 3 seggi perdendone ben 15. Altre liste di destra invece, con 530 mila voti al primo turno pari al 2,33 per cento e 231 mila al secondo turno con l’1,11 per cento dei suffragi conquistando 10 seggi guadagnandone 4.

Complessivamente la destra moderata conquista 74 seggi

Altre liste ecologiste. Altre liste ecologiste con 608 mila suffragi al primo turno pari al 2,67 per cento perdono l’unico seggio che possedevano

Regionalisti. Liste regionaliste con 291 mila voti al primo turno pari all’1,28 per cento e 264 mila al secondo turno con la stessa percentuale crescono conquistando complessivamente dieci seggi, ovvero l’1,73 per cento del totale, guadagnando 5 seggi.

Altre liste. Con 192 mila voti al primo turno pari allo 0,85 per cento e 18 mila al secondo turno, pari allo 0,09 per cento altre lite senza etichetta mantengono un solo seggio perdendone 2.

Rimangono fuori dal Parlamento oltre agli esponenti del Partito radicale di sinistra anche i rappresentanti di Reconquête all’estrema destra e quelli delle liste di estrema sinistra.

Le Monde contestando anche questa volta la classificazione del ministero dell’interno attribuisce 246 seggi a Ensemble e altri 5 seggi a formazioni di centro, 142 alla Nupes e 13 seggi ad altre formazioni di sinistra ovvero ai socialisti dissidenti, 89 al Rassemblement National e altri due seggi all’estrema destra, 64 seggi alla destra repubblicana e altri 9 seggi a formazioni di destra, 6 seggi a liste regionaliste e un solo seggio ad altre liste.

Conclusioni

Per assicurare una maggioranza parlamentare a Macron mancano una quarantina di deputati che potrebbe raccogliere fra i socialisti dissidenti eletti al difuori della coalizione delle sinistre, gli esponenti delle liste regionaliste, e soprattutto fra rappresentanti di altre liste moderate ed esponenti del centro destra moderato in dissenso con la linea ufficiale dei Républicains, formazione che al di fuori di Jean Francois Copé non sembrerebbe peraltro orientata a portare un sostegno al governo di Emmanuel Macron avendo ribadito di voler rimanere all’opposizione.

In questo quadro politico dove il parlamento francese torna ad assumere una propria centralità, Macron potrebbe anche puntare su un governo di minoranza che di volta in volta ricerchi il sostegno  fra esponenti della destra o della sinistra moderata.

Poco probabile invece un governo di coalizione con altre forze o perlomeno con la non sfiducia e la loro astensione in occasione di eventuali mozioni di sfiducia. Altrimenti a Macron non toccherà che procedere ad una dissoluzione e a convocare nuove elezioni legislative.