Data center affamati di energia anche in Italia, i dati Terna
L’Italia sta diventando sempre più un Paese per data center. Secondo gli ultimi dati forniti da Terna e riportato nell’articolo di Angela Zoppo per Milano Finanza, nel nostro Paese le connessioni alla rete elettrica da parte dei data center è aumentata del 40% dal 2001 ad oggi.
A maggio, le richieste hanno raggiunto i 44 gigawatt (GW), in aumento del 10% circa sul mese precedente (40GW ad aprile, 30 GW al 31 dicembre 2024). Una crescita straordinaria che non potrà che continuare, considerando che nel 2021 superava di poco 1 GW.
La fame di energia al momento si concentra soprattutto nelle regioni del Nord Italia, che rappresentano l’85% delle richieste di connessione alla rete. La Lombardia da sola segna poco più di 23 GW, Milano 12 GW.
La mappa dei territori più energivori, in questo settore, secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, vede anche l’emergere del Piemonte, con 8,66GW, e della Puglia, con 4,41GW, secondo le rilevazioni di marzo 2025.
Come spiegato dalla stessa Giuseppina Di Foggia, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Terna, in occasione della presentazione del Piano di Sviluppo 2025-2034 della rete elettrica nazionale: “Le richieste di connessione di impianti rinnovabili, di sistemi di accumulo e, sempre più negli ultimi mesi, di data center, sono in costante aumento. Per far fronte al rischio di saturazione virtuale della rete e per contribuire a mantenere l’attrattività del Paese per gli investitori, anche internazionali, abbiamo adottato – a seguito dell’approvazione del cosiddetto Decreto-legge Sicurezza Energetica – un nuovo processo di programmazione territoriale delle nostre infrastrutture. Questo processo assicura efficienza nella realizzazione delle opere abilitanti la connessione di nuove risorse, consentendo di ridurre le congestioni amministrative, e di minimizzare i costi per il sistema”.
Il mercato italiano cresce velocemente in Europa
A marzo di quest’anno, si legge nel Piano, la potenza media standard associata ai data center superava i 100 MW, anche a seguito dello sviluppo del cloud computing e, negli ultimi due anni, delle applicazioni dedicate all’intelligenza artificiale (AI). Il Documento degli Scenari 2024 prevede al 2030, e negli anni successivi, un incremento consistente della domanda elettrica dovuto anche al consumo da parte dei data center, che alla fine del primo trimestre 2025 già sfiorava i 39 GW.
In Italia, comunque, ad oggi, non c’è un “problema” data center, ne tanto meno un allarme. La situazione è di normale crescita, anche se abbastanza sostenuta, come visto. In tutto il mondo ci si pone il dilemma di come alimentare questo incremento di domanda di energia da parte di infrastrutture giustamente definite strategiche.
Il nostro Paese si sta rapidamente affermando come uno degli attori principali nel panorama europeo dei data center. Secondo l’ultimo Report di Arizton, il mercato italiano dei data center crescerà con un tasso annuo composto (CAGR) del 12,12% tra il 2024 e il 2030, raggiungendo 6,22 miliardi di dollari di investimenti entro la fine del decennio. In termini di dimensioni, si stima un’espansione fino a 71 mila metri quadrati di superficie e una capacità energetica di 206 MW.
L’Italia che rappresenta il 13% delle infrastrutture continentali, con una crescita annua dell’8%, superiore ai principali hub come Germania e Olanda.
Questa crescita esponenziale è trainata da diversi fattori chiave, alcuni li abbiamo già menzionati: l’adozione massiva del cloud, l’espansione della connettività 5G, l’AI e anche le iniziative governative come il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e la posizione strategica dell’Italia come crocevia tra Europa, Medio Oriente e Africa.
Serve più energia, servono più rinnovabili per i data center
Secondo l’Agenzia internazionale dell’Energia (IEA), entro il 2030 (tra pochi anni quindi) il consumo di energia elettrica a livello mondiale tenderà a raddoppiare, passando da 416 a 945TWH.
Il nucleare è un’opzione da molti sostenuta nel nostro Paese, ma è evidente ormai, anche considerando gli annunci dei ministeri competenti, che da noi prima di 15 anni non si avranno a disposizione i celebri reattori modulari di piccole dimensioni, sia per i tempi necessari di sviluppo e realizzazione (c’è chi dice 15 anni, c’è chi dice 20 anni), ma ogni anno fa la differenza in un contesto di crescita costante della domanda di energia, sia per gli elevati costi (chi ci mette i soldi?), sia per i problemi amministrativi e autorizzativi (dove saranno realizzati, in quali territori, che ne penseranno le popolazioni coinvolte?).
Ovvio, allora, che non abbiamo altra strada che accelerare la crescita della capacità energetica delle fonti rinnovabili e pulite. Un percorso che già sapevamo essere obbligatorio, ma che questo Governo ha rallentato se non osteggiato in più di un’occasione, mettendo sul tavolo critiche ideologiche che ci hanno solo fatto perdere tempo, investimenti e la possibilità di creare nuovi posti di lavoro.
Fortunatamente, il mercato spinge ormai nella direzione delle rinnovabili da tempo e, nonostante i ritardi, oggi il nostro Paese vede le rinnovabili coprire il 50% circa della domanda elettrica (dati di aprile 2025). Nei primi quattro mesi del 2025 la capacità rinnovabile in esercizio è aumentata di 2.084 MW.
I sistemi di accumulo in funzione sono quasi 790 mila, per una capacità di accumulo pari a 14.317 MWh, in aumento del 70% su base annua.
La carica dei green data center
Molte aziende in Italia si sono già organizzate, investendo in fonti rinnovabili per alimentare le proprie infrastrutture tecnologiche, come nel caso dei data center di Aruba a Bergamo e Roma, ad alta decarbonizzazione, o il Green Data Center di Eni a Ferrara, solo per fare qualche esempio.
Sempre secondo il report dell’IEA, entro il 2035 le emissioni annuali prodotte dai data center legati all’AI potrebbero raggiungere i 500 milioni di tonnellate di CO2. Una cifra impressionante, ma ancora contenuta: meno dell’1,5% delle emissioni del settore energetico globale.
Paradossalmente, però, questa crescita potrebbe essere compensata da una riduzione ben più ampia di gas climalteranti se l’AI fosse impiegata su larga scala per ottimizzare i consumi, ridurre gli sprechi e accelerare l’adozione di energie rinnovabili. La tecnologia, se ben impiegata, è uno strumento formidabile per risolvere i problemi, al contrario, come ben sappiamo, diventa un moltiplicatore di criticità.
Per questo motivo si moltiplicano i progetti dedicati a questo problema, che vedono nascere nuove sinergie tra mondo delle imprese, centri di ricerca e atenei italiani, come nel caso del progetto avviato da Aruba e Università di Pisa con l’obiettivo di integrare machine learning, intelligenza artificiale e tecnologie predittive per ottimizzare consumi, costi e prestazioni delle infrastrutture cloud.