La bozza

Crowd4Fund. Luci e ombre del nuovo regolamento Consob su Equity Crowdfunding

di Fabio Allegreni |

Cosa si può migliorare nella bozza del nuovo regolamento dell’equity crowdfunding pubblicata dalla Consob che resta in consultazione fino al 21 agosto.

Crowd4Fund è una rubrica in collaborazione con Crowdfunding Buzz e a cura di Fabio Allegreni. Novità e approfondimenti sul Crowdfunding nelle sue diverse forme. Il focus principale è sull’Italia, senza dimenticare i trend internazionali più significativi. Clicca qui per leggere tutti i contributi.

All’inizio di luglio, Consob ha pubblicato la bozza del nuovo regolamento dell’equity crowdfunding, sottoponendola a una consultazione pubblica che sarà aperta fino al 21 agosto.

Le modifiche proposte da Consob derivano soprattutto dall’esigenza di adeguare il regolamento alla recente apertura dell’equity crowdfunding a tutte le PMI. Peraltro, Consob ha dovuto anche tener conto della Mifid 2 che a breve sarà recepita nel TUF.

Alla luce del bilanciamento da un lato della missione di Consob di tutelare l’investitore e, dall’altro, della necessità di non imbrigliare troppo il crescente mercato dell’equity crowdfunding, riteniamo che le norme proposte siano in gran parte accettabili, ma che forse sia necessario fare qualche ulteriore modifica o specificazione per renderle realmente efficaci ed efficienti.

Di seguito, proponiamo alcune riflessioni critiche e le relative proposte per superarle.

Apertura a tutte le PMI

Ovviamente è un atto dovuto. Ma c’è qualche implicazione importante di cui tener conto. In particolare relativamente al 5% del finanziamento che, come da ultimo regolamento, deve essere sottoscritto da banche o SIM oppure anche da investitori qualificati come “a supporto di piccole e medie imprese”, che sono di fatto i “business angels”.

Il business angel investe tipicamente in startup innovative e non in normali PMI quali catene di ristoranti, prodotti agro-alimentari, prodotti di design, moda, strutture turistiche, immobili, o anche progetti di efficientamento energetico. Quindi chi potrebbe coprire questo 5% senza il quale la campagna non si può chiudere? Alcune possibili soluzioni:

  • Per le PMI non innovative si potrebbe dare l’opzione di scegliere tra il famoso 5% e presentare almeno un bilancio certificato come accade per PMI innovative.
  • In generale, ma per tutti i tipi di società, si potrebbe abbassare il vincolo al 2-3% o, in subordine, ridurre i criteri che identificano il business angel; per esempio abbassare il limite minimo di investimenti fatti in passato e l’arco di tempo in cui lo si è fatto.

Auto-collocamento

Consob intende evitare che le piattaforme possano lanciare campagne di equity crowdfunding su se stesse. La ragione risiede nel fatto che, secondo Consob, le piattaforme non sono in grado di assicurare una gestione sufficiente del conflitto d’interesse. A supporto della sua tesi Consob fa riferimento a complesse spiegazioni tecnico-giuridiche relative alla Mifid 2, ma non spiega che cosa intende per conflitti di interesse relativamente al caso specifico delle piattaforme che auto-collocano le proprie quote.

Al di là dei tecnicismi io vorrei andare al sodo e considerare il merito della questione. Suppongo che, in sintesi, il conflitto di interessi si possa manifestare in due modi: da un lato verso le altre campagne, in corso parallelamente, che potrebbero essere penalizzate in termini di visibilità sulla piattaforma; dall’altro, verso gli investitori che potrebbero essere male o non completamente informati visto che la piattaforma presentando se stessa potrebbe essere più indulgente rispetto a quanto lo sia normalmente con le altre società.

Nel primo caso è semplice: la piattaforma dimostra, dati alla mano, alle altre società che il trattamento in termini di posizione e comunicazione è e sarà esattamente paritetico.

Nel secondo caso, in effetti il rischio potrebbe esserci, ma basterebbe che la due diligence della piattaforma che vuole lanciare la propria raccolta venga effettuata da un terzo indipendente “di chiara fama” e il problema sarebbe perfettamente risolto.

Perché negare agli investitori la possibilità di investire in una società fintech, innovativa e ad alta potenzialità di crescita, e che, per di più, magari già conoscono per aver sottoscritto campagne presentate su di essa? E non si dica, di grazia, che la piattaforma in questione potrebbe sempre finanziarsi attraverso un’altra piattaforma; quale senso avrebbe mettere il proprio destino nelle mani di un concorrente?

Infine, non è chiaro cosa succede se la piattaforma è partecipata o controllata da altre società; queste ultime possono lanciare una campagna di ECF sulla piattaforma partecipata, o Consob ritiene che ci sia un conflitto di interessi come sopra? A mio parere e a maggior ragione il conflitto, se esiste, è ancora più lieve e dunque ancora più gestibile.

Gestori di diritto

Una proposta di Consob, molto positiva, consiste nell’estendere a Sicav, Sicaf ed SGR di esercitare come “gestori di diritto” (cioè senza bisogno di autorizzazione Consob) una piattaforma di equity crowdfunding.

La natura di questi soggetti è quella di raccogliere fondi a fronte di propri titoli o quote che possono però essere collocati solo presso investitori professionali. Dunque la grande opportunità per loro sarebbe quella di aprire una piattaforma di equity crowdfunding per collocarli anche presso gli investitori retail (le persone normali). Il che potrebbe aprire scenari e opportunità davvero interessanti.

Peraltro, piattaforme siffatte godrebbero di un vantaggio competitivo molto forte rispetto alle normali piattaforme, in quanto, per quanto detto sopra, queste non possono auto-collocare i propri titoli, mentre quelle sì.