Il quadro

Crowd4Fund. Il futuro del crowdfunding in Italia come opportunità per le imprese

di Fabio Allegreni |

I dati sul crowdfunding in Italia relativi all’anno appena trascorso sono incoraggianti ma non entusiasmanti

Crowd4Fund è una rubrica in collaborazione con Crowdfunding Buzz e a cura di Fabio Allegreni. Novità e approfondimenti sul Crowdfunding nelle sue diverse forme. Il focus principale è sull’Italia, senza dimenticare i trend internazionali più significativi. Clicca qui per leggere tutti i contributi.

I dati sul crowdfunding in Italia relativi all’anno appena trascorso sono incoraggianti ma non entusiasmanti.

Per quanto riguarda l’equity crowdfunding nel corso dell’anno sono state finanziate 7 società per complessivi €1,747 milioni su 6 piattaforme di cui peraltro 3 attive solo a partire dall’autunno. Nel 2014 erano state finanziate 4 società per €1,307 milioni da 3 piattaforme. Gli investitori sono passati da 134 nel 2014 a 252 nel 2015, ciascuno dei quali ha investito in media circa €7.000 (9.750 nel 2014). Numeri molto bassi rispetto al resto d’Europa.

Per quanto riguarda le altre forme di crowdfunding, donation, reward e lending, l’Università Cattolica ha appena rilasciato i risultati di una ricerca annuale (riferita però al 2014) a cura di Ivana Pais. Come in tutto il mondo, è il social lending a raccogliere di più (22 milioni con 3 piattaforme). Il reward crowdfunding ha consentito di raccogliere 7,1 milioni (10,7 se consideriamo anche le piattaforme miste reward/donation). Fanalino di coda il donation che ha raccolto 1,3 milioni, peraltro non molto meno dell’equity.

Cosa ci riserva il futuro?

L’ottica che vogliamo inquadrare è quella delle imprese e, quindi, escluderemo la forma del donation crowdfunding e le piattaforme di lending per prestiti ai privati (Smartika e Prestiamoci).

Dal punto di vista imprenditoriale, le tre forme di crowdfunding (reward, equity e lending) possono anche essere rappresentate come modalità di raccolta specifiche per fasi diverse della vita di un’impresa.

In una fase iniziale, soprattutto se si vuole lanciare un nuovo prodotto “fisico”, il reward crowdfunding consente di lanciarne la pre-vendita in modo da testare l’accoglienza del prodotto e, nel contempo, di raccogliere dai 10 ai 50k, fondi utili, per esempio, a industrializzarlo.

Quando si tratta di un servizio o di un prodotto già sul mercato, o prossimo ad esserlo, può essere necessario investire nel lancio sul mercato o nel consolidamento. L’equity crowdfunding consente, in cambio di quote, di raccogliere tra i 100 e i 500k e quindi di finanziare tali investimenti.

Il lending crowdfunding (o social lending o lending peer-to-per), invece, può essere lo strumento adatto quando l’impresa è già avviata, produce un cash flow consolidato, ed ha bisogno di liquidità per un ulteriore sviluppo o per il lancio di un nuovo prodotto. Il lending crowdfunding consente infatti di ottenere prestiti a medio termine o sconti di fatture, evitando i tempi, i costi e la ritrosia delle banche.

Vediamo quindi, per ogni tipologia, come crediamo si evolverà la situazione.

Reward Crowdfunding

 

Per iniziative di respiro internazionale i giganti Kickstarter e Indiegogo rimangono ancora le piattaforme privilegiate. La loro evoluzione (soprattutto per Indiegogo) sta andando sempre di più verso il supporto all’imprenditore anche dopo la chiusura della campagna, con la possibilità di continuare a vendere o di essere inseriti in programmi che coinvolgono partner distributivi ad alta visibilità.

In Italia, le piattaforme storiche (Produzioni Dal Basso, DeRev ed Eppela) stanno crescendo molto ed hanno sempre più visibilità in due direzioni: grandi imprese e crowdfunding civico. Come possono queste due direzioni essere utili all’imprenditore? Nel primo caso, le grandi imprese vedono le iniziative promosse con il crowdfunding come un modo per “coltivare” nuove idee che potranno essere loro utili in futuro e così, sempre più spesso, ne co-finanziano le campagne.

Nel secondo caso, si stanno moltiplicando i casi di iniziative territoriali volte a promuovere iniziative, anche imprenditoriali, che abbiano un impatto sociale o civico. Il caso del comune di Milano, di cui abbiamo parlato con Lucia Scopelliti in questa rubrica, è emblematico e crediamo farà scuola.

Equity Crowdfunding

L’Equity Crowdfunding in Italia ha chiuso il 2015 con un’importante novità: il nuovo regolamento Consob.

Perché “importante”?

Principalmente perché Consob rimuove (o riduce) due limiti che gli addetti ai lavori – noi inclusi – avevano più volte sottolineato: la farraginosità del processo per chi vuole investire e la base troppo ristretta per il lead investor obbligatorio (la tipologia di investitore che viene accreditato per sottoscrivere il 5% dell’offerta affinché si possa chiudere il round).

Aggiungiamo la recente estensione dell’accesso alle PMI innovative e alle startup turistiche. Rimandiamo a questo articolo per ulteriori dettagli.

Tali novità dovrebbero contribuire a rilanciare questa interessantissima forma di finanziamento alternativo che, in tutto il mondo, tranne in Italia, sta avendo un successo clamoroso.

Tuttavia, le piattaforme, il governo e le stesse startup devono lavorare ancora molto. Ci vogliamo soffermare soprattutto su queste ultime. Le startup e le PMI innovative italiane devono fare in generale un salto di qualità nell’approccio al fundrasing e, in particolare quindi, anche in quello all’equity crowdfunding.

In primo luogo i neo-imprenditori si devono rendere conto che è fondamentale “vendere” bene l’azienda e i suoi servizi e comunicarli correttamente. Una campagna di crowdfunding va infatti comunicata, non ci si può aspettare che sia la piattaforma a fare tutto il lavoro.

In secondo luogo, troppo spesso ho visto pitch molto difficili da comprendere sia nella spiegazione del servizio offerto che in quello, più approfondito, delle spiegazioni delle ragioni per cui valga la pena investire (il business plan).

Tutto ciò si traduce anche, qualche volta, in valutazioni eccessive della propria impresa per paura di cederne troppe quote: vale la pena ricordarsi sempre tuttavia, che è meglio avere il 10% di una società che vale 1 miliardo piuttosto che il 90% di una che ne vale 100k.

 

Lending crowdfunding

Dal punto di vista delle imprese, in Italia esistono solo due servizi che si possono catalogare in questa categoria, peraltro entrambi estremamente interessanti: Workinvoice e BorsadelCredito.

Workinvoice consente alle PMI di scontare le proprie fatture, tipicamente emesse verso grandi fornitori, ottenendo liquidità direttamente da prestatori qualificati che si accollano direttamente il credito. La piattaforma fa da intermediario tra domanda e offerta e offre condizioni e procedure molto più snelle delle banche.

BorsadelCredito, di cui abbiamo intervistato il COO in questa rubrica, è una piattaforma peer-to-business che permette cioè a chiunque di prestare denaro alle PMI che ne fanno richiesta. La piattaforma ha sviluppato algoritmi di valutazione del merito creditizio alternativi rispetto a quelli normalmente in uso alle banche ed ha una struttura estremamente snella. Tutto ciò consente di dare risposte in termini rapidissimi (72h) e a costi più bassi.

Questa modalità di finanziamento è di gran lunga quella di maggiore successo in tutto il mondo e crediamo che la sua affermazione definitiva anche in Italia sarà solo una questione di “conoscenza” della sua disponibilità e di ingresso di nuovi operatori.