Industria

Crisi energetica: la Cina fa i conti con la crescita dei consumi, gli obiettivi green e un clima sempre più caldo

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Crescono i timori per la riduzione/interruzione di fornitura di energia per aziende, famiglie e uffici commerciali in almeno 10 province. Pechino affronta una nuova crisi che mette alla prova le sue politiche energetiche ed ambientali. Chiusi impianti Tesla e forniture interrotte per Apple, Nvidia e Qualcomm.

Razionata l’energia elettrica in Cina

La Cina alla prova delle grandi sfide economiche, climatiche ed energetiche del secolo. Il mondo guarda al gigante asiatico da lungo tempo per capire quali saranno le sue mosse su scala globale e locale in termini di pianificazione della crescita e dei consumi, ma anche di riduzione dell’inquinamento e di decarbonizzazione.

In tal senso, ogni decisione presa da Pechino ha enormi risvolti a livello mondiale e per questo le notizie che arrivano dalla Cina in questi giorni preoccupano e attirano l’attenzione dell’opinione pubblica globale.

Da domenica scorsa un numero considerevole di aziende e impianti industriali ha visto ridursi e interrompersi del tutto la fornitura di energia elettrica a causa dell’aumento dei consumi energetici.

Il razionamento dell’energia ha riguardato 10 province cinesi, secondo il South China Morning Post, compresi i grandi centri produttivi di Guangdong, Anhui, Zhejiang e Jiangsu.

In molti casi si sono dovute sospendere le attività industriali, con gravi ripercussioni sull’operatività degli impianti e il valore in borsa delle aziende, compresa la fornitura di componenti per intere filiere produttive del Paese e non solo.

Interrotte le forniture per Apple, Nvidia e Qualcomm. Tesla chiude fino al 30 settembre

Unimicron Technology, fornitore di Apple, ha dovuto affrontare il blocco della produzione di tre impianti a partire da domenica, con la possibile ripartenza fissata per il 30 settembre, secondo il New York Post.

Stessa cosa per Eson Precision del Gruppo Foxconn, che non riprenderà le attività produttive prima di venerdì prossimo, o Concraft Holding, altro fornitore di Apple, che potrebbe riprendere le attività nell’area di Shanghai sempre per il 30.

Secondo Nikkei Asia, altri fornitori di chip per Nvidia e Qualcomm hanno ricevuto un avviso di sospensione di energia elettrica per alcuni giorni nella provincia di Jiangsu.

A quanto pare anche gli impianti Tesla a Shanghai hanno rallentato o sospeso temporaneamente le attività proprio a causa della fornitura a singhiozzo dell’energia elettrica.

Razionata l’energia anche per i residenti

Pare che dalle fabbriche la crisi energetica stia passando alle case. Nella provincia del Guandong le amministrazioni locali hanno chiesto ai residenti di limitare il consumo di energia sfruttando le ore di sole e le candele eventualmente.

È stato chiesto di usare il meno possibile qualsiasi dispositivo elettronico ed elettrico, ha riportato Bloomberg, di staccare qualsiasi apparecchio non indispensabile e di tenere la temperatura dei condizionatori sui 26°C, sia a livello residenziale, sia commerciale, sia negli uffici.

Sempre nel Guandong la società Guangdong Power Grid ha ordinato alle aziende più energivore di sospendere le proprie attività, o ridurle considerevolmente, per almeno una settimana.

Stessa sorte per 160 imprese ad alta intensità energetica della provincia di Zhejiang, quasi tutte attive nei settori tessile, tintoria e chimica tessile, secondo quanto riportato dai canali del Gruppo Caxing Media.

Altre notizie arrivano dall’area metropolitana ed industriale di Kunshan, dove molte aziende taiwanesi hanno già stimato perdite per almeno 300 milioni di dollari per il razionamento di energia fino al 30 settembre.

Un futuro incerto per la Cina?

Gli analisti mondiali guardano con molta attenzione a questo scenario, per certi versi inedito (almeno nelle proporzioni), che potrebbe anche ripetersi in futuro e causare ulteriori criticità sia locali, sia mondiali, evidenziando l’avvio di una fase storica dominata dall’incertezza.

Il motivo di questa crisi energetica che sta investendo la Cina e è da ricercare in quattro motivazioni principali: la prima è legata agli obiettivi climatici di Pechino (picco delle emissioni di CO2 nel 2030 e neutralità climatica entro il 2060), poi c’è un aumento considerevoli dei consumi energetici in tutto il Paese e non solo a livello industriale, quindi gli obiettivi di ogni amministrazione locale di “doppio controllo” stabiliti dal Governo centrale (cioè tenere sotto controllo i consumi e l’intensità energetica), infine i cambiamenti climatici, con l’aumento della temperatura media e le alluvioni sempre più frequenti.

Tutto questo avrà inevitabili conseguenze sulle supply chain globali, che già soffrivano dello stop agli approvvigionamenti dovuto alla pandemia di Covid e ai sempre più frequenti episodi meteo estremi, mentre la Cina si trova così a dover affrontare l’ennesima emergenza nazionale dopo che proprio in questi giorni ha tenuto banco a lungo il timore per un crac del gigante dell’immobiliare Evergrande.