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Criptovalute. Bitcoin a un passo dai 12.000 dollari, in Venezuela arriva il ‘Petro’ contro la crisi economica

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Da ieri la moneta virtuale più popolare al mondo tenta un nuovo record storico. Da Caracas la notizia del ‘petro’, nuova criptovaluta locale per uscire dalla crisi economica e sociale.

È da ieri che il bitcoin, la criptovaluta più popolare al mondo, è tornato a crescere in maniera decisa, raggiugendo un nuovo record: 11.773 dollari (in questo momento variabile sopra gli 11.300 dollari). Un nuovo massimo storico che fa dimenticare il clamore di una settimana fa, quando la valuta virtuale aveva sforato i 10.000 dollari.

Solo per rendere più chiara la rilevanza finanziaria del fenomeno: in 12 mesi il bitcoin è cresciuto del 1000% e da giovedì scorso ha registrato una crescita del 30%.

Ad oggi, secondo i dati pubblicati da Coinmarketcap, la capitalizzazione sul mercato del bitcoin ha raggiunto la soglia dei 190 miliardi di dollari.

E se le principali autorità monetarie mondiali, tra cui Banca centrale europea (Bce) e quella americana (Federal reserve system o più comunemente chiamata Fed), temono a breve la possibilità concreta di una bolla monetaria piuttosto rilevante, con ripercussioni insidiose sulla stabilità dei mercati finanziari, c’è chi come il Venezuela opta per l’adozione di una nuova criptovaluta nazionale, il “petro”.

Ad annunciarlo è stato il Presidente Nicolas Maduro, che vede nella valuta virtuale nazionale una possibile exit strategy dalla crisi economica che sta attanagliando il Paese e dall’embargo finanziario voluto dagli Stati Uniti.

La nuova criptovaluta venezuelana sarà sostenuta dalle grandi riserve petrolifere nazionali (il Venezuela è una delle più grandi riserve di oro nero al mondo), da quelle di oro, gas e diamanti.

L’obiettivo è aggirare le sanzioni economiche nordamericane e offrire un nuovo canale per le transazioni finanziarie. Il problema è che il Venezuela ha contratto debiti per 141 miliardi di euro, soprattutto con Russia e Cina, ed è tutto da vedere se i tanti investitori (principalmente compagnie petrolifere e aziende energetiche) accetteranno pagamenti virtuali piuttosto che in dollari.

La recessione e la caduta del bolivar, la moneta ufficiale venezuelana (oggi ci vogliono 100.000 bolivar per 1 dollaro, con un’inflazione vicina al 4.000% secondo CNN Money), stanno facendo lievitare le chance del petro, ma il Governo di Caracas, oltre alla gravissima crisi sociale in corso, dovrà anche fare i conti con il lato oscuro delle criptovalute, cioè la costante instabilità, cosa che gli investitori hanno imparato a conoscere negli scorsi mesi.