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Come la startup dell’ex CTO di OpenAI Mira Murati intende competere con OpenAI

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La società ha già raccolto circa 2 miliardi di dollari in un round di finanziamento guidato da Andreessen Horowitz, raggiungendo una valutazione post-money di circa 10 miliardi di dollari.

Mira Murati, ex Chief Technology Officer di OpenAI, ha lanciato una nuova startup denominata *Thinking Machines Lab* con l’obiettivo dichiarato di sfidare i principali attori dell’ecosistema AI, compresa la stessa OpenAI.

La visione strategica alla base dell’iniziativa si fonda su un approccio incentrato sull’utente, che mira a realizzare sistemi di intelligenza artificiale più interpretabili, adattabili e collaborativi. A differenza dei modelli opachi e generalisti che dominano il mercato, la nuova impresa intende creare strumenti che possano essere personalizzati facilmente da aziende e sviluppatori.

Tra gli aspetti distintivi della startup spicca un team tecnico di altissimo profilo, che include ex membri fondatori di OpenAI, tra cui John Schulman, figura centrale nello sviluppo dei primi modelli GPT, e Barret Zoph, noto per il suo lavoro sull’apprendimento automatico avanzato.

La società ha già raccolto circa 2 miliardi di dollari in un round di finanziamento guidato da Andreessen Horowitz, raggiungendo una valutazione post-money di circa 10 miliardi di dollari. Murati mantiene il pieno controllo decisionale della governance interna, con poteri di voto maggioritari all’interno del consiglio di amministrazione.

L’ambizione dichiarata è quella di sviluppare una nuova generazione di AI capaci non solo di fornire risposte intelligenti, ma anche di supportare la scoperta scientifica, la progettazione ingegneristica e l’innovazione tecnica a lungo termine. Il progetto si inserisce in un contesto in cui la fiducia nei grandi modelli centralizzati è in calo, e si fa spazio una domanda crescente per strumenti più trasparenti, etici e customizzabili.

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DeepSeek supporta l’esercito cinese ed elude i controlli all’esportazione, afferma un funzionario USA

Secondo quanto rivelato da un alto funzionario statunitense, la startup cinese DeepSeek, attiva nel settore dell’AI, avrebbe fornito tecnologia avanzata a supporto delle capacità militari della Cina, eludendo nel contempo le normative sugli scambi commerciali imposte dagli Stati Uniti.

L’azienda, che dichiara di essere dedita alla ricerca e allo sviluppo di modelli linguistici di nuova generazione, è sospettata di aver stretto rapporti strategici con entità riconducibili all’Esercito Popolare di Liberazione.

Queste relazioni avrebbero permesso l’impiego dei suoi modelli AI in applicazioni dual use, ovvero civili e militari, senza essere soggette alle restrizioni previste dalle regole di esportazione USA, grazie a società di comodo e triangolazioni tecnologiche.

Le autorità americane accusano DeepSeek di aver ottenuto accesso a componenti hardware e software avanzati, prodotti da aziende statunitensi, sfruttando falle normative e zone grigie nella catena di approvvigionamento globale.

L’episodio solleva interrogativi su come le imprese tecnologiche riescano a superare i meccanismi di controllo e come l’AI possa essere velocemente militarizzata in contesti geopolitici critici.

Si evidenzia inoltre un’urgente necessità di rafforzare il sistema internazionale di regolamentazione sulle esportazioni di tecnologie sensibili, in particolare nel settore dell’intelligenza artificiale, sempre più rilevante nei moderni scenari di competizione strategica.

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