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Cloud in Europa: il flusso di dati dalle imprese sarà 15 volte più grande nel 2030. L’Italia paga i ritardi

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Nuovo studio della Commissione europea si pone l’obiettivo di stimare e monitorare il volume e i tipi di dati aziendali che fluiscono tra le diverse infrastrutture cloud continentali e di tracciare i loro percorsi per realizzare una mappa geografica del data flow nell’Unione.

Centralità del cloud per il futuro dell’economia

Il cloud e le sue infrastrutture sono punti centrali di ogni piano nazionale di ripresa economica. Vale per l’Europa e i suoi Stati, e vale per le altre nazioni e regioni del resto del mondo che puntano a sviluppare una solida economia dei dati.

In Italia, ad esempio, una piena e consapevole adozione di soluzioni cloud da parte del mondo aziendale porterebbe ad un aumento di fatturato fino a 600 miliardi euro, con risparmi per la Pubblica Amministrazione superiore al miliardo di euro l’anno, secondo i ricercatori I-Com.

Guardando all’Europa, invece, grazie al cloud computing si stima che il valore del mercato della data economy possa superare i 550 miliardi di euro entro il 2025.

A livello di Unione europea, in media hanno fatto ricorso a tecnologie cloud il 41% delle imprese. Il dato italiano e del 60% nel 2020, il quinto migliore dopo Svezia e Finlandia (75%), Paesi Bassi e Danimarca (65%).

La mappa dei flussi di dati in Europa

La Commissione europea ha pubblicato un nuovo studio per la mappatura e la stima dei volumi di dati in entrata e uscita dalle principali infrastrutture cloud dei 27 Stati membri, più Islanda, Norvegia, Svizzera e Gran Bretagna.

Flussi individuati e misurati per diversi settori economici, per tipologia di servizi cloud e per dimensioni delle imprese.

Nel 2020 i flussi maggiori hanno riguardato il settore medico-sanitario, evidentemente a causa dell’esplosione della pandemia da Covid-19, mentre è la Germania il Paese che ha registrato il maggiore volume di dati in entrata.

Considerando che gli investimenti in infrastrutture cloud cresceranno ulteriormente nei prossimi anni (dai 72 miliardi di dollari del 2021) e l’adozione di questa tecnologia sarà più diffusa, il Rapporto stima che entro il 2030 i flussi i dati provenienti dalle imprese saranno 15 volte più grandi di quelli attuali.

In termini di flussi di dati in entrata verso i data center sul territorio nazionale, la Germania domina lo scenario europeo con un volume superiore ai 58 mila TB/mese, seguita dall’Irlanda con quasi 46 mila TB/mese, dai Paesi Bassi, con più di 45 mila TB/mese.

Per tipologia di dati, come anticipato, il settore più coinvolto è stato quello sanitario, con il maggior volume di flussi, il 13% del totale, pari a 91.600 TB/mese. Seguono in classifica la vendita al dettaglio e il commercio all’ingrosso, con 91.400 TB/mese, e il settore educational, con 88.600 TB/mese.

I ritardi dell’Italia

Il nostro Paese si posiziona bene per il maggior volume di dati in deflusso, cioè in uscita verso altri Paesi dell’Unione, con quasi 43 mila TB/mese. Per flussi in entrata, invece, l’Italia è al sesto posto dopo i Big UE (Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Paesi Bassi), con 10.689 TB/mese.

E qui è evidente il peso del ritardo che abbiamo accumulato negli anni passati per quel che riguarda le infrastrutture cloud e della lentezza con cui ancora oggi si porta avanti il piano strategico nazionale, che manca ancora di passi fondamentali per accelerare la transizione tecnologica di questo Paese.

Nel nostro Paese, tra iniziative pubbliche e private, c’è comunque un network di infrastrutture cloud che ha un grande valore strategico e di innovazione per la nostra economia, con nomi di massimo rilievo come Aruba, Enel, Engineering, Poste Italiane, Sogei, Leonardo, Confindustria Digitale, Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, Consorzio Topix, molte dei quali sono entrati a far parte del progetto europeo Gaia-X.