l'indagine

Cloud, il 60% delle imprese europee sceglierà provider regionali per proteggere dati e infrastrutture

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Sovranità digitale, sicurezza e nuove pressioni geopolitiche stanno ridisegnando le strategie cloud delle imprese europee. Tra geopatriation, repatriation e modelli ibridi, aziende e CIO cercano equilibrio tra innovazione, controllo dei dati e conformità alle normative in continua evoluzione.

Cloud Transformation in Europa: tra sovranità digitale, geopolitica e nuovi equilibri nelle strategie di adozione

L’Europa sta vivendo una fase di profonda trasformazione nella gestione delle proprie infrastrutture digitali. Dopo oltre un decennio in cui il modello cloud first ha guidato l’evoluzione dei sistemi informativi aziendali, oggi le imprese europee si trovano a ripensare non solo il dove collocare i dati, ma soprattutto chi debba custodirli.
Un cambiamento motivato non più soltanto da criteri tecnici o economici, ma da esigenze che incrociano geopolitica, sovranità digitale, sicurezza e compliance.

Entro il 2030, più del 75% di tutte le imprese al di fuori degli Stati Uniti adotterà una strategia di sovranità digitale. I dati provengono da un sondaggio Gartner condotto tra maggio e luglio 2025 tra 241 CIO e leader IT dell’Europa occidentale, una regione in cui l’adozione del cloud rimane forte, ma in cui le realtà politiche stanno obbligando a un ripensamento strategico.

La ricerca conferma che il cloud rimane una tecnologia strategica e imprescindibile per la competitività delle imprese. Tuttavia, emerge un approccio più prudente, selettivo e strutturato nella scelta dei provider e dei modelli di adozione, spinto dalla necessità di riconquistare controllo e autonomia sul patrimonio informativo.

Che cosa di intende con geopatriation e repatriation e perchè gli hyperscaler non saranno abbandonati

Due concetti stanno definendo la nuova geografia del cloud europeo: geopatriation e repatriation.

La geopatriation descrive la tendenza delle imprese europee a ricollocare dati e workload da hyperscaler globali verso provider locali o regionali, per ridurre l’esposizione a normative extraterritoriali — come il CLOUD Act statunitense — e per rafforzare il presidio sui dati sensibili o critici.
Non si tratta di un rifiuto dell’innovazione o di un ritorno nostalgico al passato, ma di un’esigenza concreta: il contesto internazionale mutevole e le tensioni geopolitiche rendono vulnerabile chi dipende esclusivamente da infrastrutture lontane, soggette a giurisdizioni esterne alla sfera europea.

La repatriation, invece, riguarda il ritorno verso infrastrutture on-premise o private cloud per i sistemi più critici, spesso legati al legacy o a funzioni core che richiedono un controllo totale.

In entrambi i casi, è importante chiarire che gli hyperscaler non vengono abbandonati. Rimangono protagonisti nella crescita dell’AI, nell’elaborazione ad alte prestazioni, nello sviluppo di servizi scalabili e nella capacità di innovazione.
La tendenza in atto non è di contrapposizione, ma di ridefinizione: il cloud globale e quello locale iniziano a convivere in modo più equilibrato, in architetture ibride e multicloud orientate alla resilienza.

Sovranità digitale, l’Europa accelera

Il dibattito sulla digital sovereignty ha accelerato le iniziative dell’Unione Europea, determinate a ridurre la dipendenza tecnologica da provider non europei.
Investimenti in data spaces, AI factories, supercalcolo, cybersecurity e nuovi atti normativi puntano a rafforzare l’autonomia del continente in settori strategici come l’intelligenza artificiale, i dati e le infrastrutture critiche.

Secondo Gartner, il 61% dei CIO dell’Europa occidentale prevede che i fattori geopolitici aumenteranno la loro dipendenza da provider cloud locali o regionali. Parallelamente, il 53% ritiene che la geopolitica limiterà l’uso futuro della propria organizzazione degli hyperscaler globali come AWS, Microsoft Azure e Google Cloud.

Parlando sul palco del Gartner IT Symposium/Xpo di Barcellona, René Buest, Senior Director Analyst di Gartner, ha sottolineato la tensione tra la flessibilità del cloud globale e i requisiti di sovranità regionale: “Molte organizzazioni dell’Europa occidentale non possono eseguire tutti i loro workload o sistemi core in un ambiente cloud non europeo. Ciò avviene o perché sono soggette a specifiche normative, o perché i loro clienti lo richiedono, o perché sono considerate parte dell’infrastruttura critica di un paese”.

In settori come finanza, sanità, pubblica amministrazione ed energia, la sovranità è passata da un dibattito tecnico a un imperativo strategico. Gli sforzi normativi dell’UE — in particolare in materia di cybersicurezza, protezione dei dati e difesa delle infrastrutture critiche — stanno amplificando questa urgenza.

La sovranità si misura

In Europa, comunque, per i cloud provider non basterà più dire “garantiamo la sovranità digitale perché abbiamo i data center in Europea”. Servirà infatti la calcolatrice alla mano per dimostrare, finalmente, attraverso il Sovereignty Score” i livelli di garanzia dell’efficacia della sovranità, che vanno dal livello 0 (nessuna sovranità) a SEAL-4 (piena sovranità digitale sotto il controllo dell’UE).

Il punteggio della Sovranità per i Cloud è contenuto nel Cloud Sovereignty Framework pubblicato dalla Commissione Europea: si tratta di un documento agile di sole 8 pagine, con il quale la sovranità digitale, in tempi di sovereignty-washing, diventa misurabile.

Un ecosistema cloud di infrastrutture e applicazioni critiche sicure e affidabili

Va però sottolineato un punto essenziale: l’obiettivo europeo non è colmare in modo integrale il gap con i grandi player globali, si legge nella ricerca, bensì valorizzare le competenze e le infrastrutture già presenti nel continente, creando un ecosistema in grado di competere sulle applicazioni critiche e garantire maggiore sicurezza e resilienza alle imprese.

Questo approccio si concentra su: infrastrutture affidabili e sovrane; standard condivisi; competenze diffuse; modelli di governance dei dati conformi al quadro normativo europeo.

Il risultato atteso è un mercato digitale più equilibrato, meno dipendente da pochi attori globali e più capace di sostenere la crescita dell’AI e delle applicazioni avanzate.

Il mercato cloud in Italia nel 2025: crescita, maturità e nuove priorità

L’Italia conferma un’evoluzione in linea con il trend europeo, pur mantenendo alcune peculiarità.
Nel 2025 il mercato cloud italiano cresce del +20%, raggiungendo un valore complessivo di 8,13 miliardi di euro.
Si tratta di una crescita leggermente più contenuta rispetto al +23% del 2024, ma sufficiente a confermare il cloud come pilastro delle strategie digitali del Paese.

I segmenti in maggiore espansione sono tre:

  • Public & Hybrid Cloud: +21%, trainato dall’esigenza di flessibilità e innovazione.
  • Private Cloud: +23%, un balzo significativo, alimentato dalla richiesta di maggiore controllo, sicurezza e sovranità sul dato.
  • Pubblica Amministrazione, prosegue la migrazione prevista dalla Strategia Cloud Italia e dal Polo Strategico Nazionale, con un ruolo crescente nella definizione degli standard di sicurezza e governance.

Le strategie delle imprese italiane: approccio ibrido nella gestione legacy e più selettività

Le imprese italiane entrano nel 2025 con una nuova consapevolezza: il cloud è indispensabile, ma va governato con rigore.

Dalla ricerca emergono tre tendenze chiare:

È un cambio di paradigma: il cloud non è più un fine, ma un mezzo all’interno di strategie di governance, risk management e compliance.

Sicurezza e compliance diventano prioritarie

Nel 2025 la sicurezza torna al centro dell’agenda dei CIO.
Il 72% delle organizzazioni ha avviato progetti di cybersecurity e gestione del rischio, mentre il 39% è impegnato nell’adeguamento alle normative europee, tra cui NIS2, DORA e AI Act.

Un dato che riflette una caratteristica del mercato europeo: la regolazione avanza spesso più velocemente dell’innovazione, imponendo alle imprese un ritmo di adattamento elevato.

Cloud e AI: tante opportunità, ma servono nuove regole

Il rapporto tra cloud e intelligenza artificiale rimane decisivo, ma le imprese italiane adottano modelli differenziati per la gestione dei dati di training e produzione AI:

  • 20% mantiene i dati on-premises
  • 28% utilizza un Private Cloud con aperture selettive
  • 22% si affida a provider di Private Cloud gestito
  • Solo il 30% colloca i dati completamente in Public Cloud

D’altro canto cresce l’adozione dei servizi di AI-as-a-Service offerti dagli hyperscaler: API (25%), applicazioni pronte all’uso (23%) e piattaforme per sviluppatori (16%). Scelte che puntano alla rapidità di implementazione e alla scalabilità dei modelli.

Il nodo critico

Il 59% delle imprese non ha ancora definito policy interne sull’uso della generative AI.
Un vuoto normativo interno che, in un contesto di crescente automazione, può esporre le organizzazioni a rischi significativi di sicurezza e fuga di dati.

Nonostante ciò, il 52% delle aziende indica l’AI come priorità strategica per il 2026, a conferma che la spinta all’innovazione resta fortissima.

I dati esposti sono stati elaborati dall’Osservatorio Cloud Transformation 2025, che ha analizzato oltre 200 grandi imprese italiane e 1.000 aziende in otto Paesi europei, fotografa con precisione questo cambiamento culturale.
Il ruolo del cloud rimane indiscusso, ma cresce la cautela nelle decisioni, guidata principalmente da sicurezza, conformità normativa e controllo dei dati.

Alla ricerca ha contribuito anche Aruba Cloud, tra gli attori europei che più stanno investendo nella costruzione di ecosistemi cloud sovrani e nella promozione di soluzioni conformi alle normative UE. Il contributo di operatori come Aruba evidenzia un trend ormai consolidato: le imprese cercano partner affidabili, con data center sul territorio europeo e garanzie di totale giurisdizione europea sui dati.

Verso un cloud europeo più maturo, sovrano e resiliente

La Cloud Transformation europea non si ferma: cambia direzione.
Sovranità digitale, sicurezza e controllo dei dati sono diventati i driver principali delle strategie cloud, spingendo le imprese verso architetture ibride, multicloud e modellate sul rischio geopolitico.

Il cloud globale rimane un acceleratore imprescindibile, ma viene integrato con soluzioni locali e sovrane che rispondono alle esigenze normative e di protezione dei dati.

L’obiettivo non è abbandonare l’innovazione, ma governarla.
Il cloud del futuro sarà inevitabilmente: ibrido, multigiurisdizionale, sovrano dove serve, globale dove conviene e soprattutto più resiliente.

Per i CIO europei è il momento di costruire architetture cloud consapevoli, orientate alla sicurezza e capaci di sostenere la crescita dell’AI e dei servizi digitali nei prossimi anni

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