Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui..
Abituati come siamo a chiamare le categorie con il nome del prodotto di maggior successo (i fuoristrada per molti sono le jeep, e pochi di quelli che chiamano “scotch” il nastro adesivo sanno che è un marchio registrato della 3M), per parecchio ci è capitato di usare senza distinzione “Intelligenza Artificiale” (generativa) e ChatGPT come sinonimi.
Poi i concorrenti hanno cominciato a spuntare – da Gemini a Grok, da Claude a DeepSeek e Perplexity, fino ad Apple Intelligence e Meta AI nei nostri cellulari con WhatsApp, cosa che non è piaciuta al garante – e ci siamo progressivamente conto di quanto questo ecosistema sia variegato, anche perché più o meno tutte le aziende tech, e un bel po’ di quelle non tech, stanno salendo sul proverbiale carro. Un report di SensorTower – Beyond OpenAI: The AI Apps Gaining Ground Outside ChatGPT – illustra le dinamiche di questi concorrenti, evidenziando quelli che raccolgono più consensi: qui di seguito i risultati.
Grok, il successo senza filtri
Di certo, se si guarda al panorama dei nuovi arrivati, nessuno ha fatto più rumore di Grok, lanciato all’inizio del 2025 e capace in pochi mesi di trasformarsi da outsider a protagonista. Il chatbot di Musk ha registrato un incremento del 2600% nel giro di sei mesi, arrivando a oltre 8 milioni di utenti: numeri che fanno impressione, soprattutto se si considera che la sua base di partenza era quasi nulla.
La forza trainante non è tanto l’innovazione tecnologica – Grok non si propone come il modello più sofisticato sul mercato, e, anzi, non sono mancati incidenti abbastanza clamorosi, come le recenti posizioni neonaziste mostrate dall’AI fino a quando non è stata bloccata – quanto l’integrazione con X (ex Twitter), che funziona da trampolino privilegiato.
Per un abbonato Premium, il passaggio da social a chatbot è praticamente invisibile: il confine tra intrattenimento e assistenza AI si dissolve, e questo abbassa drasticamente le barriere che ci sono all’adozione del nuovo strumento. I dati mostrano un profilo d’utenza fortemente connotato, con l’82,5% di uomini e una concentrazione significativa tra trader di criptovalute, scommettitori e utenti abituati a transazioni peer-to-peer.
È una community con interessi e linguaggi comuni, che trova nel tono diretto e ben poco filtrato, per usare un eufemismo, del bot un riflesso della propria identità. Il vero interrogativo è se Musk riuscirà a trasformare questa nicchia in massa critica, o se la traiettoria di Grok resterà confinata in un universo di early adopter molto rumorosi, ma relativamente omogenei.
Gemini cerca di conquistare con l’affidabilità
Grok punta sull’effetto-community, ma Gemini adotta una filosofia diametralmente opposta: non vuole essere un luogo da raggiungere ma una funzione da trovare ovunque. La scelta di Google è stata radicale (e per certi versi rischiosa) e cioè portare l’AI direttamente dentro i dispositivi e i servizi che già usiamo ogni giorno, dalla ricerca alle app di lavoro, fino agli smartphone Android.
Il risultato è un aumento esplosivo di utenti attivi quotidiani: +246% in sei mesi, con 1,4 milioni di nuove presenze costanti. Non c’è da stupirsi, se pensiamo che oggi basta un “Hey Google” per evocare Gemini in qualsiasi contesto, che sia per tradurre al volo una frase, riassumere una pagina web o dettare un messaggio. Più che il volume, colpisce la qualità delle interazioni: chi usa Gemini lo fa con regolarità, anche se per sessioni brevi.
La media è di circa 12,5 minuti a settimana distribuiti su 6,5 accessi, un segnale di dipendenza silenziosa, fatta di micro-task che diventano abitudine. È una strategia quasi invisibile ma potentissima: trasformare l’AI in uno strumento “di default”, che non richiede download, pubblicità o hype.
In questo senso, la presenza di Gemini in ogni dispositivo Android ricorda come la scelta del piano mobile sia ormai parte integrante dell’esperienza digitale: non a caso, strumenti come i comparatori di tariffe di telefonia mobile di SOSTariffe.it sono diventati un riferimento per orientarsi in un mercato affollato. E mentre il tempo medio di utilizzo continua a crescere (+92% in sei mesi), Gemini consolida la sua identità: non l’AI più spettacolare, forse, ma quella più inevitabile.
DeepSeek convince gli specialisti, ma gli interrogativi sono tanti
Nata in Cina e approdata negli Stati Uniti tra mille sospetti e polemiche, DeepSeek ha mostrato la crescita più impressionante nel parametro che spesso conta di più: il tempo medio speso dagli utenti. Tra gennaio e luglio 2025 la permanenza giornaliera è più che raddoppiata, passando da 6,8 a 15,5 minuti, distribuiti su quasi sei sessioni quotidiane.
Non è poco, se si considera che DeepSeek non beneficia di integrazioni privilegiate come X o Android: qui non c’è un ecosistema già pronto che spinge verso l’adozione.
La fidelizzazione, insomma, è tutta frutto del valore percepito del modello. E infatti nei forum tech e nelle community di sviluppatori è frequente leggere commenti che lo descrivono come uno dei chatbot più avanzati sul mercato, in grado di reggere il confronto con i big americani.
Il target è giovane (due utenti su tre hanno meno di 35 anni) e raggiungibile attraverso canali pubblicitari coerenti: Instagram, YouTube e TikTok, che veicolano oltre il 60% delle impressioni. Resta l’incognita geopolitica: privacy e sicurezza sono temi irrisolti, ma al momento non sembrano frenare l’appeal di un’AI che, al contrario, continua a guadagnare fedeltà e tempo reale dai suoi utenti.
Tre strategie per il successo
Mettendo insieme i pezzi, il quadro diventa chiaro: nel mercato delle app di AI non esiste un’unica via per conquistare utenti, ma tre modelli complementari. C’è chi punta all’acquisizione rapida, come Grok, sfruttando piattaforme già esistenti per trasformare la curiosità in numeri esplosivi. C’è chi preferisce la via della frequenza d’uso, come Gemini, lavorando nell’ombra per diventare l’assistente che ti accompagna in ogni gesto quotidiano.
E c’è infine chi investe sulla profondità delle interazioni, come DeepSeek, capace di trattenere a lungo chi lo prova (la famosa user retention). Sono tre strade diverse, ma tutte valide, che riflettono non solo strategie aziendali, ma anche diverse idee di AI: il compagno costante, l’amico di nicchia, lo strumento intensivo.
ChatGPT, per ora, resta l’elefante nella stanza, forte di una posizione di predominio che nessuno ha ancora scalzato. Ma la sua forza non cancella il fermento intorno: più i concorrenti crescono, più il mercato si frammenta, e più gli utenti imparano a distinguere tra modelli, usi e identità.
È un segnale interessante: l’AI diventa sempre più un ecosistema polifonico dove ognuno cerca la propria nicchia e il proprio vantaggio competitivo. Il futuro sarà una battaglia a tre livelli, tra chi porta dentro più utenti, chi resta presente ogni giorno e chi riesce a farli restare più a lungo.