Washington tira in causa Meta, Google, Amazon e Microsoft sulla sicurezza dei cavi
“Un numero crescente di evidenze indica un modello di attività malevola coordinata, riconducibile alla Repubblica Popolare Cinese e alla Federazione Russa, finalizzata a colpire i cavi dispiegati nelle acque del Mar Baltico, dell’Indo-Pacifico e di altre aree strategiche”.
È quanto si legge nella lettera inviata agli amministratori delegati di Meta, Alphabet, Microsoft e Amazon da parte di un gruppo di deputati repubblicani della Camera degli Stati Uniti, tra cui John Moolenaar, che presiede una commissione parlamentare sulla Cina, e Carlos Gimenez e Keith Self, che presiedono le sottocommissioni.
Secondo quanto riportato dalla Reuters, nel documento si chiede alle Big Tech informazioni dettagliate sia sulle misure di sicurezza e prevenzione adottate per affrontare ogni tipo di minaccia o attacco alle infrastrutture critiche sottomarine, sia se siano o meno a conoscenza di attacchi già avvenuti o di anomalie nel funzionamento dei sistemi di connettività oceanici riconducibili all’azione di entità esterne.
Sul pericolo russo e cinese, i CEO delle Big Tech devono dire tutto quello che sanno entro l’8 agosto
Il Congresso americano è in allerta e il messaggio che parte è chiaro: attori esterni, riconducibili a Cina e Russia stanno operando già da tempo per destabilizzare la rete di connettività globale sostenuta dai 400 cavi sottomarini al momento operativi e su cui passa oltre il 90% del traffico dati internet mondiale.
Colpire uno o più cavi di questa rete vitale per le comunicazioni e l’economia planetarie significa mettere a repentaglio transazioni da 10 trilioni di dollari di valore cumulativo giornaliero, senza contare la centralità di queste infrastrutture critiche e strategiche per la Difesa e la sicurezza di ogni Paese e dei suoi abitanti.
Gli amministratori delegati dei giganti tecnologici sopra menzionati hanno tempo fino all’8 agosto per comunicare quanto a loro conoscenza su eventuali casi di malfunzionamento anomalo dei cavi di loro proprietà, anche solo casi sospetti, dalla manomissione dell’hardware all’intercettazione del segnale ottico o sua distorsione, fino a tutte le altre irregolarità operative che hanno richiesto interventi tecnici di riparazione o manutenzione.
Cresce l’attenzione mondiale e geopolitica sui cavi sottomarini
La scorsa settimana, il presidente della Federal Communications Commission, Brendan Carr, ha dichiarato che l’agenzia voterà a breve una proposta di regolamento per vietare la partecipazione di aziende cinesi alla costruzione di nuovi cavi che approdano negli Stati Uniti.
Come ha dichiarato Carr: “I cavi sottomarini sono gli eroi silenziosi delle comunicazioni globali. Abbiamo visto minacce crescenti da parte di avversari stranieri, come la Cina. Stiamo quindi intervenendo per proteggere questi collegamenti da proprietà e accessi esteri ostili”.
Durante il Wavelength Forum sempre della scorsa settimana a Nuova Delhi, gli esperti hanno sottolineato la necessità di rendere le infrastrutture più robuste e reattive. Come ha spiegato Sharat Sinha, CEO di Airtel Business, servono almeno tre cavi per ogni rotta critica. Si punta su nuove tecnologie come lo spatial division multiplexing, che raddoppia la capacità dei cavi, sulla creazione di reti ibride che combinano fibra terrestre e cloud, e sull’aumento della flotta di navi riparatrici, oggi appena 22 in tutto il mondo, di cui solo due statunitensi. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale e di sensori acustici per il monitoraggio in tempo reale è una delle soluzioni più promettenti per prevenire guasti o danni intenzionali.
Cavi sempre più lunghi
Si tratta di società così grandi e dotate finanziariamente che possono anche possedere alcuni di questi cavi sottomarini. Google, ad esempio, è proprietaria diretta o in consorzio con altre società una rete di cavi (tra cui i cavi Curie, Dunant, Equiano, Grace Hopper e Firmina) che supera i 100.000 km di lunghezza.
Meta è coinvolta in oltre 20 progetti di costruzione di cavi sottomarini, alcuni già finiti e operativi, altri in fase di sviluppo, inclusi investimenti in cavi transatlantici come Marea, AEC1 e Havfrue. Il progetto Waterworth mira alla realizzazione del cavo sottomarino più lungo del mondo, circa 50 mila km, che collegherà cinque continenti: Stati Uniti, India, Brasile, Sudafrica e altre regioni chiave per l’economia globale.
Non meno importante è il cavo 2Africa che vede Meta a capo di un consorzio di imprese internazionali per costruire e dispiegare un’infrastruttura lunga 45 mila km.
Come le altre Big Tech, Microsoft investe sia in cavi di proprietà (o con una quota significativa di proprietà) che in cavi in consorzio con altre aziende di telecomunicazioni.
Un esempio significativo della partecipazione di Microsoft è il cavo MAREA, che dovrebbe raggiungere i 7 mila km di lunghezza. Un’infrastruttura transatlantica co-costruita in co-proprietà con Meta e in collaborazione con Telxius (una sussidiaria di Telefónica).
Nelle mani delle Big Tech il 70% del mercato mondiale dei cavi sottomarini
Secondo la società TeleGeography, le Big Tech sopra menzionate potrebbero presto (forse già lo sono) diventare i principali finanziatori e quindi i veri proprietari dell’ossatura fisica di internet, cioè della rete di cavi sottomarini che collega e soddisfa la sempre più grande fame di larghezza di banda dei Paesi più ricchi del mondo, sia dell’Atlantico, sia del Pacifico.
Space & Underwater, il videoreportage della 1^ edizione della Conferenza internazionale dedicata ai domìni Spazio e Subacqueo, promossa e organizzata dal giornale Cybersecurity Italia.
La 2^ edizione si terrà il 3 dicembre 2025.