PA digitale

Nuovo CAD: il decreto slitta a settembre. Tutti i nodi della PA digitale

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Si allungano i tempi di approvazione del Nuovo CAD mentre lo SPID non decolla, per mancanza di servizi attraenti per i cittadini.

Slitta a settembre l’approvazione del decreto legislativo di modifica e integrazione del Nuovo CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale), rilasciato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri lo scorso 20 gennaio. Lo schema di decreto “Modifiche ed integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” sul nuovo CAD era atteso per il primo luglio, in concomitanza con l’entrata in vigore del regolamento europeo eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature) la nuova disciplina sull’identità digitale. Ma il testo del Nuovo CAD non ha ancora visto la luce, dopo i numerosi rilievi degli esperti, del Consiglio di Stato e del Garante Privacy.

Intanto lo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) non decolla, fermo a 81 mila cittadini a fronte dei 3 milioni di adesioni da raggiungere secondo i piani del Governo entro la fine dell’anno: mancano servizi abbastanza sexy per attrarre i cittadini e le procedure di registrazione, giudicate farraginose da molti, non invogliano.

L’ANPR (Anagrafe nazionale della popolazione residente) non ha ancora superato la fase sperimentale con 26 comuni coinvolti (6,5 milioni di abitanti). Ma gran parte dei servizi online accessibili da SPID sono legati appunto all’Anagrafe Unica e alla presenza di servizi online disponibili nella PA, presenti a macchia di leopardo.

Il 12 agosto, poi, scatta un’altra scadenza, vale a dire l’obbligo di legge che impone la digitalizzazione di tutti  i documenti amministrativi della PA italiana, che impone a Comuni (più di 8 mila) ed enti pubblici (circa 4 mila) di formare tutta la loro documentazione ‘esclusivamente’ ‘nativamente’ in modalità digital. Un obbligo fissato dall’art. 17 del DPCM 13 novembre 2014.

La riforma a costo zero della Pubblica Amministrazione dovrà fare i conti infine con gli obiettivi di spending review fissati dalla Legge di Stabilità: l’obiettivo fissato dall’Agid per il triennio 2016-2018 è raggiungere 800 milioni di risparmi nella spesa IT del pubblico da destinare alla voce investimenti.

Insomma, i progetti del Piano di Crescita Digitale non hanno vita facile in attesa dell’insediamento a metà agosto di Diego Piacentini, Senior Vice President of International Consumer Business in Amazon, a Commissario di Governo per il Digitale e l’Innovazione. Ma senza fondi non sarà facile dare una scossa alla PA digitale.

 

Percorso a ostacoli per il Nuovo CAD

Un percorso a ostacoli, quello del Nuovo CAD, che ha subito una pioggia di critiche da più parti e che ora, dopo una recente consultazione online su tre sottogruppi (Identità e cittadinanza digitale, organizzazione, sistemi e servizi; Documenti informatici e digitalizzazione dei procedimenti amministrativi; Dati e sistema pubblico di connettività – e le audizioni di due giorni fa in Commissione Affari Costituzionali alla Camera, passerà di nuovo al vaglio delle Commissioni parlamentari (Affari Costituzionali, Bilancio) di Camera e Senato, e della Commissione parlamentare bicamerale per la semplificazione che esprimeranno i loro pareri entro il 6 agosto.

 

I rilievi del Garante Privacy

Numerosi e dettagliati i rilievi del Garante Privacy al testo del nuovo Codice, con particolare riferimento alla mancanza dell’obbligo di anonimizzazione delle sentenze online, e la richiesta di maggiori garanzie di riservatezza per chi si avvale dell’identità digitale (SPID).

Il Garante chiede tra le altre cose di chiarire se il domicilio digitale sia un obbligo per i cittadini e di estendere il diritto di cittadinanza digitale a tutti i soggetti legalmente residenti nel nostro paese.

Formazione e digital skills: mancano i soldi

Due giorni fa, all’audizione in Commissione Affari Costituzionali alla Camera, i vari partecipanti (Istituzioni, sindacati, associazioni datoriali, Agid, associazioni consumatori e professionali) hanno segnalato diversi problemi legati al testo del nuovo CAD e al processo di (mancata) digitalizzazione della PA.

In primo luogo, come già rilevato dal Consiglio di Stato, manca nello schema di decreto qualsiasi accenno alla copertura di spesa, per la formazione delle competenze digitali del personale pubblico su cui pesa tra l’altro il blocco del turn over, deleterio in un paese che vuole puntare sul digitale e considera, in linea di principio, una priorità il consolidamento delle 13 mila banche dati pubbliche per il quale manca una roadmap operativa.

I sindacati chiedono chiarezza sul ruolo dell’Agid, dove il numero dei comandati supera quello delle persone di ruolo.

Confindustria Digitale, dal canto suo, raccomanda che all’articolo 5 del Nuovo CAD sui pagamenti elettronici vengano inclusi anche i sistemi di “credito telefonico” nel novero delle modalità. Le aziende chiedono inoltre che la governance del digitale sia estesa anche alle imprese con un sistema di consultazione permanente.

Sicurezza e conservazione dei documenti

Secondo l’Anorc (Associazione Nazionale per Operatori e Responsabili della Conservazione Digitale), è importante non tralasciare aspetti fondamentali nel processo di digitalizzazione del nostro Paese: “ad oggi non sono state ancora promulgate le regole tecniche sulla sicurezza informatica (lasciando quest’ultima alla gestione “anarchica” delle singole PA) – ha detto il presidente Giovanni Mancamentre inoltre, con il nuovo CAD, si intende rendere non più obbligatorie procedure quali il disaster recovery o la business continuity e affidare la conservazione dei documenti informatici del cittadino alle sole PA – sollevando cittadini e imprese da tale compito -, PA che non sembrano ancora pronte ad affrontare questa responsabilità garantendo la completa tutela dei dati”.

Necessario, inoltre, “fare chiarezza sull’art.17del nuovo CAD, che comporterebbe per i piccoli comuni – sicuramente non dotati delle risorse sufficienti per ottemperare a tali obblighi – la necessità di individuare al loro interno un Ufficio dirigenziale unico per l’espletamento di tutte le funzioni attribuite dalle nuove norme”.