Bill Gates prevede un futuro radicalmente trasformato dal progresso dell’AI, in cui la settimana lavorativa potrebbe ridursi a soli due giorni entro il prossimo decennio.
Secondo il fondatore di Microsoft, la velocità con cui si sta evolvendo l’AI porterà a un’automazione così pervasiva che la maggior parte dei compiti umani sarà svolta da sistemi intelligenti.
In interviste recenti con Jimmy Fallon e Trevor Noah, Gates ha suggerito che la società dovrà presto riconsiderare il concetto stesso di lavoro, sottolineando che lo scopo dell’esistenza non dovrebbe limitarsi al lavoro.
Una settimana lavorativa di due giorni, sostiene, potrebbe non solo mitigare il burnout cronico, ma anche stimolare tassi di natalità più elevati, come già tentato da politiche simili in Giappone.
L’adozione generalizzata di una settimana lavorativa più breve, sebbene non ancora realtà diffusa, sta guadagnando attenzione: esperimenti aziendali dimostrano che ridurre i giorni lavorativi può aumentare la produttività e diminuire lo stress.
Anche altri leader come Jamie Dimon, CEO di JPMorgan, si sono espressi a favore di questo potenziale cambiamento, pur mantenendo una linea conservativa nella propria organizzazione.
Gates evidenzia che l’AI influenzerà in particolare le professioni mediche e didattiche, offrendo consulenze sanitarie e tutoraggi personalizzati gratuiti e di alta qualità.
Mentre alcune attività resteranno appannaggio degli esseri umani, la produzione, la logistica e l’agricoltura diventeranno via via automatizzate. L’alfabetizzazione in AI si afferma così come una delle competenze più richieste per affrontare l’economia del futuro.
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Secondo quanto riportato dal Financial Times, OpenAI avrebbe gestito direttamente una rete di accordi infrastrutturali del valore complessivo di 1.500 miliardi di dollari, senza avvalersi di consulenti esterni o studi legali.
Sam Altman, CEO della società, avrebbe preferito affidarsi a un ristretto gruppo interno di negoziatori anziché coinvolgere advisor esterni, una scelta insolita per transazioni di tale portata.
L’approccio, definito “snello” e “autonomo”, evidenzia l’intento di mantenere un controllo diretto e strategico sulle trattative cruciali, che includono partnership tecnologiche, licenze per l’uso dei modelli linguistici avanzati e forniture di calcolo.
La decisione di Altman riflette la volontà di proteggere la riservatezza e la flessibilità operativa in un mercato in cui la concorrenza è sempre più serrata e l’innovazione rapidissima.
Questa rete di intese commerciali rappresenta una delle più ampie mai costruite da una società AI in così poco tempo. Tuttavia, l’assenza di una consulenza strutturata solleva interrogativi sui rischi potenziali, specialmente in ambito regolamentare e di conformità.
Parallelamente, OpenAI starebbe esplorando una strategia per vendere direttamente il proprio software alle imprese, aggirando intermediari come Microsoft, suo attuale partner strategico.
Questa mossa potrebbe segnare un cambiamento significativo nella distribuzione delle soluzioni AI, con impatti diretti sul mercato enterprise globale e sulle dinamiche tra i grandi player del settore tecnologico.
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